36.

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Tornai a casa con la testa piena di confusione – mi tornarono in mente le parole di Robin in cui mi diceva che forse avevo attorno a me un'aura da Jedi in quel periodo, altrimenti non mi spiegavo cosa stesse succedendo. Scossi la testa.

Entrai in casa con la voglia di telefonare a – qualsiasi cosa era per me – Eddie e rimasi letteralmente spiazzata quando invece me lo ritrovai di fronte.

<Ciao.> feci un saluto generale.

<Sei tornata finalmente!> mi disse Dustin, spostando lo sguardo da me a lui. <E' venuto a trovarmi Eddie.>

<Ciao.> lo salutai di nuovo e lui ricambiò con un cenno del capo.

<Oh meno male eccoti Sally! Eddie, caro, resti a cena con noi?> gli domandò zia.

<Signora Henderson, non vorrei disturbare.> aveva pronunciato quella frase in un tono che non gli avevo mai sentito prima, sembrava che non gli appartenesse.

<Ma che disturbo caro.> poi si rivolse al figlio. <Apparecchia la tavola. Sally tu vatti a lavare le mani e prendi anche un asciugamano per il nostro ospite.>

Annuii e gli feci cenno di seguirmi.

Salimmo al piano di sopra senza dire una parola – la tensione era palpabile.

<Starai tutta la sera muto?> incrociai le braccia, non mi rispose ma si limitò a fissarmi beffardo. <Come ti pare.> sbottai.

Gli presi l'asciugamano e glielo sbattei sulla pancia. Stavo per uscire quando mi afferrò il braccio, baciandomi con prepotenza.

Avrei voluto resistergli, respingerlo, ma chi volevo prendere in giro? Desideravo quel bacio da quando lo avevo visto oggi a scuola e perciò mi ritrovai impotente a ricambiarlo. Mi sollevò, facendomi sedere sul marmo del lavandino, mentre le nostre lingue spasmodiche si scontravano l'una con l'altra. Mi sciolse i capelli e io gli tirai un pochino i suoi – avevo capito che quello era uno dei suoi punti deboli e perciò ne approfittavo. Le sue mani si fecero audaci come non lo erano mai state fino ad allora e viaggiavano sotto la mia maglietta, lambendo il mio reggiseno e facendomi rabbrividire sempre di più.

<E...Ed.. Eddie..> mormorai il suo nome fremendo.

Lui continuava la sua dolce tortura sul mio corpo – con le mani era sceso sulla pancia e si divertiva a segnare dei piccoli cerchi su di essa. Io mi ero addentrata sotto la sua maglietta e con le dita risalivo lungo la sua spina dorsale.

Non mi rendevo più conto di dove mi trovavo. Ero nel mio bagno, eppure mi sembrava un altro posto, bellissimo, diverso, paradisiaco.

Le sue mani indugiavano lungo la parte anteriore dei miei jeans, giocando con i passanti e soprattutto con i miei nervi. Mi sentivo accaldata e allo stesso tempo avevo i brividi di freddo che si propagavano dai punti in cui percepivo il tocco delle sue mani calde che facevano contrasto con il freddo del materiale di cui erano fatti i suoi molteplici anelli.

<Sally! A tavolaaaaaa!>

Trasalimmo entrambi dalla sorpresa quando udimmo la voce di Dustin che ci chiamava da basso. E meno male che aveva avuto il buon senso di non salire, altrimenti avremmo fatto una pessima figura, così contorti l'uno sull'altra, sudati e ansimanti. Sembravamo appena usciti da una trance.

Ci staccammo e ci guardammo negli occhi – nei suoi io vedevo il riflesso dei miei; erano avidi e smaniosi di scoprire di più dell'altro e vi percepivo la stessa urgenza che sentivo nei miei. Mi sistemai i capelli, o almeno ci provai, lui si sistemò la t-shirt.

<Meglio che scendiamo!> sussurrai poggiando la mia fronte alla sua.

<Scusami se ti ho assalita!> mi rivelò in un sospiro, sorridendo. <Non so cosa mi sia preso. Cioè, lo so in realtà, è l'effetto che mi fai tu. Scusami!> mi prese le mani.

Take on me - Eddie MunsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora