21.

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Per le 20.00 i ragazzi smisero di suonare, anche perché i genitori di Gareth vennero a chiamarlo per la cena e in quel momento pensai che erano esattamente dieci ore che mi trovavo fuori di casa.

Il gruppo approfittò del van di Eddie per farsi dare un passaggio e di conseguenza, mi feci lasciare a casa per prima.

<Grazie, sono stata bene.> ammisi, mentre uscivo dalla macchina.

<Mi fa piacere, anche io sono stato bene e anche i ragazzi. Siamo un'ottima squadra.>

Mi sorrise e io ricambiai. Feci un cenno di saluto agli altri ed entrai in casa – le luci erano spente, c'era solo la tv accesa, ma zia stava già sonnecchiando sulla poltrona. Preparai al volo un sandwich con burro d'arachidi e marmellata e me ne andai di sopra. Erano successe davvero tante cose in quella giornata che mi sentivo come se avessi fatto 12 ore consecutive al negozio.

Dopo una bella doccia ristoratrice, decisi di chiamare Robin per raccontarle della giornata appena trascorsa, ma mentre stavo per digitare il numero, sentii bussare alla mia porta.

<Posso entrare?> mi chiese zia da fuori.

<Sì, certo!>

Entrò e si sedette ai piedi del letto.

<Come è andata al centro commerciale?> mi domandò.

Ricordai in quel momento che avevo mentito a mio cugino quella mattina, rivelandogli che sarei andata al nuovo mall appena fuori Hawkins.

<Bene> feci spallucce ma evitai di guardarla negli occhi, altrimenti mi sarei smentita.

<E non hai trovato niente di tuo interesse?>

In effetti, non avevo pensato che nonostante la giornata intera trascorsa al mall non avessi portato con me nessuna busta nel rientrare. Mi maledissi internamente per la mia ingenuità.

<Ehm, no, costava tutto molto.>

<Potevi dirmelo che avevi bisogno di soldi, lo sai che puoi sempre chiedermeli.>

<Ma no, zia, non preoccuparti, già mi dai tutto quello di cui ho bisogno.> le dissi con sincerità e lei mi accarezzò la mano.

<Sai che tuo padre insiste nel volerti mandare del denaro, vero?>

<E mi raccomando, tu non accettare! Non voglio niente da lui! Preferisco andarmene vestita come una stracciona o lavorare per tutto il giorno piuttosto che accettare la sua carità!> Ero davvero arrabbiata.

Zia si avvicinò e mi abbracciò.

<Tesoro quando comincerai a capire che tutto questo rancore ti fa solo del male?>

<Zia ti prego! Sono stanca, ho avuto una lunga giornata e non voglio rovinarmela!>

<Va bene. Come vuoi. Però ricorda che abbiamo la visita dall'ortopedico la prossima settimana, cerca di non sfuggire come tuo solito!> e detto questo mi accarezzò la mano destra.

<Come se servisse a qualcosa!> risposi rassegnata.

<Non perdiamo le speranze, dai. Comunque, dormi bene, piccola mia.> mi diede un bacio sulla testa.

<Buonanotte!>

Crollai sul cuscino. Le intenzioni di chiacchierare erano svanite, così come il benessere che avevo provato durante quella giornata. Sentivo solo freddo e un vuoto che si faceva strada da dentro.
Chiusi e aprii il pugno come un automatismo. Ormai ero rotta, sia esternamente che internamente. Mi rannicchiai su me stessa, tenendomi le gambe con le braccia e scoppiai a piangere.

Take on me - Eddie MunsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora