2.

1.9K 100 39
                                    

Aprii la cerniera della custodia e, lentamente, tirai fuori la chitarra dello svitato: era davvero un pezzo ben fatto, che profumava di legno trattato.

Feci scorrere più volte le dita sulle venature del manico colorato di nero e rosso e poi provai passai il pollice sulle corde. La Warlock ruggì con un rumore distorto.

Arricciai il naso e osservai attentamente la cassa di risonanza. Provai a strofinare di nuovo le corde e mi accorsi che doveva essere la bobina del pickup.

Feci un sospiro che racchiuse tutta la malinconia che stavo provando nel tenere tra le mani quello strumento.

Eddie – the freak – Munson era uscito da poco quando riemerse Robin dal magazzino, con il suo caschetto di capelli lisci increspati, mentre si scuoteva la polvere dal gilet e dalla camicia a piccoli quadretti colorati.

«Finalmente! Ma quanto ci hai messo?» la sgridai, alzando di qualche ottava il mio solito tono.

«Ehi, calma, ho dovuto sistemare almeno quindici scatoloni che tu e quell'altro compare avevate lasciato ad ammuffire!» ribatté indignata.

«Sì, ma qui c'è stato il delirio fino a poco fa!» le dissi in uno sbuffo di frustrazione.

«Eh, a ognuno il suo.» replicò, poi notando la chitarra sul bancone mi chiese, aggrottando la fronte. «E questa?»

«È una lunga storia.» dichiarai in uno sbuffo.
Poi quando mi gettò un'occhiata incuriosita aggiunsi. «È di Eddie Munson.>
Sospirai.

«Lo strambo? È stato qui? E come mai l'ha lasciata a te?»

«Devo provare ad aggiustargli il pickup.» dichiarai, intrecciando le mani.

«E non potevi metterla tra le richieste del sig. Neil?» domandò, aggrottando le sopracciglia.

«No, perché gli serve per lunedì sera e il sig. Neil non so nemmeno se torna in tempo. Perciò, provo a sistemargliela io.» feci spallucce.

«Mh. Da quanto tempo non prendi in mano una chitarra?» mi chiese sospettosa.

«Da un po'.» ammisi, soffiando per l'ennesima volta.

Robin aveva capito che forse era meglio cambiare discorso e cominciammo a sparlare di Steve, il nostro amico e collega, nonché ex re del liceo di Hawkins, e della sua breve vacanza amorosa con Heidi, una nostra compagna di scuola, diplomata, come lui, lo scorso semestre.

Il pomeriggio passò in fretta e appena vennero le diciannove io e Robin cominciammo a chiudere il negozio. Lei aveva una cena di famiglia e non vedeva l'ora di togliersi il gilet – lo fece in un baleno in effetti, gettandolo senza troppo garbo vicino alla cassa.

«Rob, puoi spengere tutte le luci e chiudere la saracinesca a metà?» chiesi.
Lei annuì di rimando.

«Non ti stancare troppo.» aggiunse, facendomi sorridere.

Rimasi soltanto con la lampada sul bancone, una luce più diretta mi aiutava maggiormente a concentrarmi.

Con un "Ciao" finale, la biondina richiuse l'uscio alle sue spalle e, non appena sentii il cigolio della serranda, rilassai le spalle e riagguantai la custodia del freak.

Era da un po' che non prendevo una chitarra in mano. Cominciai a esalare una serie di sospiri, che sembravano raschiarmi la gola, così come mi capitava ogni qual volta che toccavo una chitarra. Le mani mostravano una familiarità tale che mi tagliava lo stomaco in due.
Il pensiero della me di qualche anno prima mi attraversò la mente come un lampo: istantaneo e luminosissimo. Posai subito lo strumento e, in quell'esatto momento, le mie mani si sentirono incomplete, come se gli mancasse una parte essenziale dell'arto.

Take on me - Eddie MunsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora