25.

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Mi passò la perfetta sigaretta che aveva appena preparato e dopo un paio di tiri mi sentii più coraggiosa.

<Allora, visto che hai detto di volermi conoscere meglio, preparati a sentire quello che ho da dirti.> dissi mentre mi poggiavo con la testa sul divano, rannicchiandomi con le ginocchia al petto.

Andava bene l'essere su di giri, ma avevo sempre bisogno di tenermi insieme quando pensavo o addirittura parlavo di argomenti così delicati.

<Sono tutt'orecchi.> mi rispose buttando via del fumo dalla bocca.

<In pratica, sono venuta qui alla fine della scorsa primavera. Zia mi ha accolta come se fossi sua figlia e di questo gliene sarò sempre grata. I miei genitori si sono separati ed eccomi qui.> alzai le braccia e bevvi un sorso di birra per farmi ulteriore coraggio.

<Mi dispiace molto, deve essere stata dura.> mi disse, mentre alzava la mano. La lasciò a mezz'aria, forse non sapendo nemmeno lui dove poggiarla.

<Molto più che dura, vedi noi eravamo quella che si suol dire la famiglia perfetta. E lo eravamo davvero. Ci chiamavamo i tre moschettieri.> rivelai con un sorriso di rammarico. In tutto ciò guardavo avanti senza osservare il mio ospite, altrimenti sapevo che non sarei riuscita a trattenere le lacrime.

<Ho sempre fatto tutto con i miei, vacanze, cene, viaggi, addirittura spesso ero in giro con mio padre e andavo ai suoi concerti o con lui a quelli di altre band. Nel backstage ero ormai la mascotte di tutto il gruppo, mi chiamavano baby-music. Avevo cominciato con il suonare un piccolo xilofono dall'età di due anni. Si può dire che ho imparato prima a suonare e poi a parlare, praticamente.>

Feci una pausa e notai che lui era completamente assorto nel mio racconto.

<Papà aveva cominciato come musicista squattrinato a suonare fuori dei locali di Chicago, poi una sera conobbe mia madre, la donna più bella che avesse mai visto. Mi diceva sempre che capì di essere innamorato di lei perché 'era così bella che faceva male guardarla', mi ripeteva spesso quella frase ogni qual volta mi parlava dei loro primi anni insieme. Mi raccontava che aveva quegli occhi all'insù, profondi e blu, al cui interno ci si poteva perdere.> feci un sorriso nostalgico.

<Mamma al contrario di papà proveniva da una famiglia molto ricca, abitava in una grande città, era molto più aperta rispetto a tutte le ragazze che lui aveva avuto e conquistarla non fu un'impresa facile, ma quando ci riuscì, mi confidò che si sentì in cima al mondo. Ovviamente, la famiglia di mia madre non era d'accordo per questa unione e le voltarono le spalle, ma loro se ne infischiarono e si sposarono vicino al lago Michigan, con qualche amico come testimone e un dolce del supermercato come torta nuziale.> 

<Dovevano essere molto innamorati.> convenne il mio ospite.

Annuii.

<Sì, lo erano, e dopo i primi momenti di difficoltà, mamma ottenne un lavoro come assistente di produzione di un famoso produttore dell'epoca e da lì il passo fu breve per lanciare papà e la sua band. Divenne la sua manager e i due consolidarono ancora di più la loro unione, confermandosi una coppia affiatata sia a casa che sul posto di lavoro. Furono gli anni più belli per me, dallo xilofono passai alla chitarra, poi alla tastiera, per arrivare infine alla chitarra elettrica e il basso – praticamente ero una polistrumentista, aiutata da papà, ovviamente. Addirittura, a dieci anni mi iscrissero al conservatorio dove studiavo strumenti e composizione.>

<Co... wow! Bellissimo!> esclamò lui ammirato, ripassandomi la cicca.

Risposi con un sorriso amaro, feci qualche altro tiro e ripresi a parlare.

<Mi mancavano pochi esami per il diploma, ma qualche anno dopo cominciò l'inizio della fine – mio padre era sempre in tour, mamma aveva preso altri gruppi in gestione e non poteva più concentrarsi al 100% su quello di papà, fu così che cominciò un periodo di lunghe assenze e malcontenti. Durante una delle interminabili tournée degli Impressive Rugs mia madre conobbe un produttore e cominciò una relazione clandestina. Non riesco ancora a spiegarmi il motivo, i miei sembravano la coppia perfetta, che aveva superato tutti gli ostacoli con la forza del proprio amore. Fu un periodo orribile, liti continue, scenate anche in pubblico, amici che ci abbandonavano. Io ero spaventata, sballottata in balia di eventi più grandi di me che non potevo controllare, venni lasciata a me stessa e cominciai anche cattive frequentazioni, mollai il conservatorio e quando i miei firmarono ufficialmente le carte del divorzio, chiesi di potermi allontanare verso le uniche persone che mi restavano, Dustin e sua madre.>

Continuavo a tenermi le ginocchia mentre parlavo per tenere insieme i pezzi che sentivo sfaldare dall'interno.

<Cavolo, mi dispiace tantissimo. Cioè, non immaginavo avessi passato tutto questo. So che ci conosciamo da poco, ma se posso fare qualsiasi cosa conta pure su di me.> mi guardò negli occhi e feci l'errore di guardarlo anche io.

Ecco le lacrime che avevo trattenuto per tutto il racconto, cominciarono a sgorgare copiose senza che io potessi fare nulla per fermarle.

Lui si avvicinò ancora di più a me e con il braccio mi circondò le spalle, mi gettai praticamente con la testa nel suo petto e mi sembrò il posto adatto a me, come se lo stessi cercando da tanto tempo e finalmente lo avessi trovato.

Con una mano mi accarezzava il capo e con l'altra mi allontanò una lacrima dal viso. Il contatto del freddo dei suoi anelli mi fece rabbrividire. Inoltre, respiravo a pieni polmoni il suo profumo, ed era qualcosa di davvero inebriante, che non avrei saputo descrivere bene.

<Piccola ragazzina, così mi rendi triste, quasi quasi ti preferisco quando fai la stronza.> cercò di smorzare la tensione e io sorrisi.

<No, scherzo, ti preferisco su di giri e simpatica come ieri.>

<Vedi perché non sono una fan del fumo? Mi può prendere o a ridere o a piangere.> sospirai.

<Speriamo che saranno più le volte che ti farà ridere, allora. Anche se sei molto carina quando piangi.>

Mi spiazzò. Dopotutto ero ancora abbracciata a lui.

<Vedi perché ti ho detto che non voglio far sapere che sono di nuovo invischiata  nella musica?> cercai di giustificarmi.

<Beh sì, è un bel casino.> si grattò la testa.

Nonostante non stessi più piangendo non volevo staccarmi da quella posizione – mi sentivo protetta e mi stavo praticamente abituando a quel suo profumo fatto per lo più di erba, tabacco e dopobarba.

Lui continuava ad accarezzarmi la testa e io avrei voluto che non avesse mai smesso.


***

ciao a tutt*, pubblicazione mattutina perché sto andando avanti con la storia e vorrei se possibile pubblicare due capitoli al giorno, che ne pensate?**

fatemi sapere anche che ve ne pare della storia di Sally... si è riuscita ad aprire con Eddie, a cosa porterà questo? ** aspetto le vostre opinioni/sensazioni **

grazie mille del supporto alla storia con stelline e commenti **

Take on me - Eddie MunsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora