41.

1.1K 71 136
                                    

I giorni seguenti trascorsero in maniera convulsa, mi stavo quasi abituando a questa mia nuova me: casa, scuola, casa; schema ripetitivo e facile da sostenere. Inoltre, spesso i pomeriggi li trascorrevo a studiare o a chiacchierare al telefono con Nate. Mi sembrava un bravo ragazzo, anche se a volte faceva un po' troppo il cagnolino di Jason.

A proposito di JC, ormai al liceo sedevo sempre insieme ai ragazzi popolari e nemmeno facevo più caso agli sguardi carichi di disgusto che mi lanciava Robin.

Stavo spesso con Sinclair, che trovavo fuori posto almeno quanto me in mezzo a tutti quei figli di papà e alle reginette del liceo.

Ma quella situazione era una specie di limbo per me – non c'era niente che mi collegava alla mia vecchia vita. Avevo bandito la musica, ad eccezione di alcuni gruppi di cui non riuscivo a fare a meno, avevo anche allontanato in malo modo la persona che più mi ricordava quello che ero stata e non avrei più potuto essere.

Non avevo più parlato con Eddie, infatti, né lui aveva più provato a cercarmi. Ogni tanto se capitava di beccarci per i corridoi facevo subito dietrofront oppure tiravo dritta senza nemmeno rivolgergli uno sguardo. Appunto, schema dritto e lineare, zero sbatti uguale zero sofferenza.

Non ero più andata nemmeno al negozio di dischi, tanto che addirittura il sig. Neil aveva telefonato a casa preoccupato. Zia aveva mentito per me in quell'occasione, dicendo che avevo preso dei brutti voti a scuola che dovevo assolutamente recuperare. Purtroppo, non era riuscita a fare molto per il resto – o mi sarei ripresentata al più presto o mi avrebbe licenziata.

Pertanto, quel pomeriggio sarei stata costretta ad andare al negozio subito dopo scuola.

Appena zia ci lasciò nel parcheggio Dustin corse verso i suoi amici, io invece me ne andai dietro il campo da football, ormai era una specie di rituale pre-scuola, me ne scappavo di là a fumare una sigaretta per aiutarmi a distendere i nervi. Di solito ero sempre molto accorta che non ci fosse nessuno intorno, sia per evitare domande moleste, sia per essere lasciata in pace.

Quella mattina pensavo sarebbe stata la stessa cosa e invece mentre me ne stavo quasi per andare vidi spuntare dal boschetto un paio di figure. Subito mi misi sulla difensiva e scesi dai gradini. Stavo per allontanarmi quando le misi a fuoco: la prima era la mia collega Robin e la seconda era il ragazzo che stavo evitando da settimane.

Ero fregata perché sia a starmene sugli spalti che ad incamminarmi mi avrebbero vista, decisi quindi di continuare per la mia strada e di ignorarli bellamente, fin quando le nostre strade dovettero per forza di cose convergere dalla stessa parte.

<Ciao.> mi disse Robin, facendomi alzare lo sguardo verso di loro. La salutai con un cenno del capo. Eddie non mi salutò, né lo feci io, ma solo a guardarlo di sbieco cominciai ad agitarmi.

<Te ne stai a fumare tutta sola? Non lo sai che chi fuma da sola si strozza?> continuò la mia collega.

Avrei voluto risponderle con una battuta pungente, ma non volevo gettare benzina sul fuoco, visto che avrei dovuto trascorrere il pomeriggio al negozio.

<Si dice anche meglio soli che male accompagnati!> risposi, ricevendo in cambio una faccia scioccata e degli sbuffi da parte sua.

Ma non tentò più di attaccare bottone.

Fu per me difficile camminare vicino a loro, mi sentivo come se il mio corpo in realtà avesse memoria dei brividi provati con il ragazzo e ne bramasse ancora. Dovetti fare appello a tutta la mia resistenza per evitare di fare sciocchezze.

Arrivati vicino alla porta fu un sollievo per me entrare nel corridoio in quanto avrei potuto mettere quanta più distanza possibile tra me e loro.

<Munson allora oggi andiamo con Isabel a prendere i costumi per la festa? Sai che è contentissima di andarci con te?> gli chiese la mia collega.

Take on me - Eddie MunsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora