La Spezia, Martedì 14 Febbraio 2012
Anche la seconda parte del tour era terminata ed io non vedevo l'ora di passare i due mesi successivi insieme a Mika. Non dico che le cose siano tornate esattamente come prima, ma quasi insomma. Continuava a esserci sempre un po' di titubanza da parte di entrambi, soprattutto quando si parlava di contatto fisico, ma potevo capirlo che ci fosse. Inizialmente, forse, mi aveva disorientato, visto il modo in cui si era presentato in albergo ed i baci e le carezze che ci eravamo riservati, ma capivo bene che l'imbarazzo c'era eccome, sia da parte mia, che da parte sua. Ma non me la volevo prendere con lui. Basta discussioni.
Ed era lì nel mio letto, al mio fianco, ancora un'altra volta, dopo aver rischiato di nuovo di essere visto da fin troppe persone. Nonostante la sua smisurata altezza, la camminata abbastanza goffa, ma pur sempre perfetta, nessuno gli aveva fatto caso, ma andava benissimo così. E poi, mi piaceva l'idea di averlo accanto a me il prima possibile. D'altro canto, saremmo tornati a Roma poche ore più tardi, io in macchina con Marta e lui, si presupponeva, in aereo. Oppure, potrei spiegarle la situazione e chiederle di tornare tutti insieme... oh, quantomeno mi uccide. Come idea non era malaccio, ma mi avrebbe rincorso sicuramente per tutto l'albergo con un'arma in mano venendo a conoscenza del rischio che avevamo corso. Ma ho comunque detto al responsabile di non mandare nessuno in camera, senza il mio consenso. Ah, genio.
Gli scostai delicatamente uno dei suoi ciuffi arruffati dal viso, per vedere meglio i suoi occhietti chiusi, che non vedevo l'ora incontrassero magicamente i miei. Nonostante avessimo fatto tardi quella notte e fossi abbastanza distrutto, da tutto ciò che il tour e quella situazione avevano comportato, avevo bisogno di rivederlo dormire con quella sua espressione innocente, che tanto amavo. La sua mano stringeva appena la mia, mentre il suo braccio avvolgeva dolcemente la mia vita e la sua guancia ed il suo orecchio si posavano sul mio petto, nel quale si poteva probabilmente sentire il mio battito sereno e rilassato, che da tanto mancava.
Quando sentii, però, gli occhi farsi sempre più pesanti, pronti a farmi accompagnare Michael, mi decisi ad alzarmi appena e posare le mie labbra sulla sua fronte, fino a scendere verso il suo collo. Non volevo dormire. Volevo solo vederlo e convincermi che l'uomo che avevo al mio fianco non fosse frutto della mia crudele immaginazione, ed avevo paura che se ne potesse andare di nuovo, da un momento all'altro. Mugugnò qualcosa di incomprensibile contraendo il suo viso in un'espressione quasi contrariata, che si tramutò, poco dopo, in un lieve sorriso.
"Amore." Farfugliò a bassa voce rimanendo con gli occhi chiusi e tirandomi delicatamente a sé.
"Scusami, non volevo svegliarti." Sussurrai dispiaciuto lasciandogli un altro bacio fra quei riccioli perfetti.
"Are you sure?" Chiese divertito accoccolandosi, ancora di più, su di me e posando le sue labbra sul mio torace, sopra il tessuto maglietta del pigiama.
"Sì... no... forse..." Risposi vago accarezzandogli dolcemente il braccio, cominciando a farci dei piccoli cerchi con un dito, sentendolo, poi, ridere lievemente. "Torna a dormire." Aggiunsi guardando il soffitto.
"Tu è così stanco." Abbassai nuovamente lo sguardo verso di lui, che mi osservava con quei suoi meravigliosi occhi, preoccupato. Ma perché vederli così, di prima mattina, mi fa sempre lo stesso effetto, dopo anni? "Tu dovresta dormire." Mi accarezzò la guancia sorridendomi. "Viena." Si sistemò meglio sul letto, mettendosi di lato, invitandomi a farmi avvolgere dalle sue braccia. Invito che non mi feci ripetere due volte, accoccolandomi contro di lui, che mi incominciò a lasciare dei leggeri baci dietro la testa, facendomi rilassare. "Dorme." Mi sussurrò dolcemente all'orecchio facendomi venire i brividi, sentendolo, poi, sorridere appena, probabilmente soddisfatto dell'effetto che ancora riusciva a provocarmi. "Ti amo." Aggiunse posando le sue labbra sul mio collo, gesto che mi fece chiudere automaticamente gli occhi.
Non era vero che, quando faceva il 'paparino apprensivo', come l'avevo definito, mi dava fastidio, almeno non più. Alla fine, devo ammetterlo, come cosa mi piaceva. Mi piaceva il suo essere premuroso e che si occupasse, in un certo senso, di me, cosa che forse solo Cristie aveva fatto prima di lui. Mi piaceva sentirmi così tranquillo tra le sue braccia, proprio come un bambino fra quelle del padre. Tuttavia, anche io volevo che, più o meno, si sentisse così con me, e speravo vivamente di essere riuscito a farlo qualche volta.
"Anch'io ti amo." Dissi, a mia volta, stringendo la sua mano, poggiata contro il mio ventre, cominciando a giocherellare con le sue dita.
Quel piccolo paradiso mattutino, però fu destinato a finire, non molto tempo dopo, dalla voce di Marta che, non riuscii mai a capire bene il perché, era entrata senza preavviso, nonostante io le avessi detto e ridetto che sarei stato io a chiamarla quando mi sarei svegliato e che, quindi, sarebbe potuta venire. Questo significava: puoi entrare pure, perché Mika sta in bagno e, come al solito, ci mette cinque fottutissime ore e non potrai scoprirlo. Anche se quella volta a Verona, mi continuava a guardare storto e stranita, dallo scorrere dell'acqua e tutto il resto dei rumori, che ovviamente Michael non si preoccupava di non fare, che provenivano da dietro quella porta. Ed io, ovviamente gettato nel panico più totale, vista la poca preoccupazione del mio ragazzo, esordii dicendo che lo sciacquone, di un hotel a quattro stelle, si era rotto. Cosa a cui non so se abbia creduto o meno.
"Marco, su svegliati, dobbiamo muoverci. Devi fare un'intervista." Intervista? Oh Dio, no. La sentii lontana mentre percorreva quel piccolo corridoio, facendomi alzare di scatto dal letto insieme a Michael, che mi guardava con espressione terrorizzata.
"Mika, svelto. Mettiti qui." Lo presi per mano e lo spinsi dentro l'armadio a muro, visto che non avrebbe fatto probabilmente in tempo ad arrivare al bagno, senza essere visto da lei.
"But, i-io..." Cercò di iniziare a protestare per qualcosa, ma non gli diedi il tempo di finire, perché, cazzo, non avevamo tempo.
"C-ciao, Marta." Dissi chiudendo violentemente la porta e poggiandomi su essa pesantemente, incrociando le braccia al petto, cercando di avere un atteggiamento quantomeno lontanamente normale. Impossibile. "C-che ci fai qui?" Balbettai facendo finta di non aver sentito ciò che mi aveva detto poco prima.
"Dobbiamo andare a fare un'intervista, te l'ho detto, quindi muoviti. Questo pomeriggio ci mettiamo in viaggio per Roma." Mi spiegò osservando attentamente la camera. Ti prego, ti prego, ti prego.
"Oh, okay." Dissi semplicemente grattandomi nervosamente la nuca, sperando che se ne andasse, ma sentii un rumore ed un piccolo lamento provenire da dietro di me, che catturò la sua attenzione.
"Chi c'è lì?" Mi domandò alzando un sopracciglio, insospettita, indicando l'armadio alle mie spalle.
"Dove lì? Oh, no, nessuno." Mi avvicinai a lei cercando di accompagnarla alla porta e fare finta di niente.
"Marco." Si bloccò un'altra volta cercando il mio sguardo con i suoi occhi, fin troppo inquisitori.
"Che c'è? Andiamo a fare colazione? Ho tanta fame." Tentai di riprendermi ricominciando a camminare.
"Ma verame..." Cominciò a parlare ancora, ma mi fermai sentendo la stessa identica sequenza di rumori udita non molto tempo prima. Merda. "Un altro sciacquone rotto, Marco?" Disse ironica.
"I-io..." Chiusi gli occhi sospirando rassegnato, vedendola poi raggiungere l'armadio, scoprendo un Mika chinato e dolorante che si massaggiava la testa ed il gomito, quasi furiosamente.
"Sorry." Farfugliò con espressione sofferente, ma con voce talmente innocente. "È che era buio a-and io forse tropo alto per questa thing." Continuò indicando il ripiano, a cui non avevo fatto caso, sopra di lui.
Non potei che guardarlo intenerito avvicinandomi ed aiutandolo ad uscire, accarezzandogli dolcemente le parti che gli facevano male.
"Stai bene?" Gli chiesi vedendolo, poi, annuire appena stringendo un occhio, probabilmente infastidito, mentre continuavo a massaggiargli la testa. "Credo ti verrà un bernoccolone." Aggiunsi divertito cercando di sdrammatizzare la situazione.
"What is a bernoc..." Tentò di iniziare a parlare inutilmente, poco dopo.
"Chi comincia a parlare?" Si intromise interrompendolo Marta, della quale mi ero quasi completamente dimenticato, attirando la nostra attenzione.
Io e Michael ci guardammo negli occhi, entrambi preoccupati, sotto lo sguardo della mia manager, che vagava fra il furioso e la ricerca di spiegazioni. Merda.
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Love Never Fails
Fanfiction[MIKA & Marco Mengoni] Marco incontrò per la prima volta Mika, nel 2008, quando lavorava ancora nel bar di Frascati; molto prima di raggiungere il successo, poco più di un anno e mezzo dopo. Iniziò ad apprezzarlo come cantante, ma soprattutto come l...