Montalto di Castro, Lunedì 19 Marzo 2012
Da quando si era venuta a creare tutta quella situazione, Mika non se ne era mai andato, neanche quando la sua casa discografica lo aveva chiamato, per tornare a Londra. Eppure, aveva solo risposto che aveva tutto sotto controllo e che non poteva tornare in quel momento, per motivi personali, da quello che ero riuscito a capire. Lo sapevo perché lo avevo sentito parlare al cellulare affianco a me, quando credeva che stessi ancora dormendo. Ed il fatto che stesse trascurando, sempre di più, il suo lavoro a causa mia, non faceva che peggiorare ed aumentare i miei sensi di colpa.
Durante la notte, non riuscivo a chiudere occhio per più di un paio di ore. Mi risvegliavo agitato e con il cuore che pompava sangue fin troppo velocemente, dandomi la sensazione di poter esplodere da un momento all'altro. Invece, nel frattempo, le braccia di Michael, come al solito, cercavano di tranquillizzarmi e di farmi stare fermo. Solo dopo qualche minuto, cominciavo a sentire un forte dolore fisico, ma durante quei dolorosi attimi, non potevo fare a meno di muovermi.
Per quanto io lo implorassi di darmi qualcosa, lui si imponeva e, quando davvero diventavo asfissiante, si alterava e mi urlava contro, sgridandomi proprio come farebbe un padre adirato, dopo i numerosi capricci del figlio. Ed io non potevo fare a meno di starmene zitto, rannicchiato ed offeso, rifiutando ogni suo abbraccio, per l'ingiustizia che credevo mi venisse fatta. Mi ha anche buttato tutte le bottiglie che avevo in casa, diamine! Glielo aveva detto il medico di fare così, se avessi cominciato ad insistere troppo, e lui, ovviamente, non poteva far altro che seguire i suoi consigli. Solo dopo, riuscivo a rendermi conto di quanto potesse essere difficile per lui trattarmi in quel modo. Lo vedevo gridare e sbraitare ogni volta davanti ai miei occhi, nonostante si fossero già riempiti di lacrime, per, poi, uscire come gli ordinavo sempre di fare. Ed in quei momenti, lo odiavo con tutto me stesso, perché mi dava un amore che non meritavo affatto e non mi dava la possibilità di amarlo, come lui faceva con me, facendo sì che se ne andasse definitivamente ed evitasse quella sofferenza inutile, proprio come me. Ma, quando lo cacciavo via, per quanto mi facesse male e sapessi quanto lo stessi ferendo, fuori dalla porta, sentivo piangere anche lui e parlare con qualcuno per telefono, probabilmente con Cristie.
La piccola speranza che si stufasse di quella situazione e se ne andasse via per sempre, svaniva quando lo vedevo rientrare e mi sentivo ancora peggio vedendo il suo volto, sul quale leggevo ogni sua angoscia, sofferenza e delusione. Ma dopotutto, come poteva non essere deluso da me?
"Spero che tu un giorno me perdonerà." Mi aveva sussurrato uscendo dalla camera da letto, dopo la mia ennesima disperata richiesta. E lì, mi ripetevo che mai sarei riuscito a perdonarlo di avermi vietato di stare bene. Tuttavia, poi, quando tornavo lucido e mi rendevo conto di come lo stessi trattando e di quanto dolore gli stessi causando, capivo che effettivamente era lui a dovermi perdonare, e non io. Non sapendo, però, come avrei mai potuto farmi perdonare, sceglievo una strada ancora più dolorosa: cercare di ferirlo a tal punto da non volermi più vedere, ma non funzionava mai. "Io sa che è tua rabbia a parlare." Mi diceva.
Ma non era del tutto vero. Era anche la mia speranza di non dovere più farmi vedere in quello stato da lui e di evitargli altri momenti così strazianti. Mi guardava con quei suoi occhi ricchi di malinconia, e poveri della loro meravigliosa luce, che tanto li caratterizzava.Tuttavia, quel giorno aveva chiesto a Cris di accompagnarci a Montalto di Castro, per passarci un po' di tempo. Ma nonostante le mie numerose opposizioni, mi ritrovai, non molto dopo, sul sedile posteriore della macchina, con gli occhi di Mika puntati su di me, che mi osservavano tristemente. Ed io, ovviamente, non potevo riuscire a reggere il suo sguardo e mi limitavo a guardarlo, a disagio, con la coda dell'occhio. Portò improvvisamente la sua mano sulla mia facendomi sussultare appena, ma la ritrassi, ancora più in imbarazzo di prima. Vidi Cris indirizzarmi un'occhiataccia di rimprovero dallo specchietto retrovisore, ma la ignorai totalmente. Lo sentii sospirare scoraggiato e girarsi dall'altra parte, verso il finestrino. Fortunatamente, non eravamo particolarmente lontani, quindi sarei potuto arrivare a casa e chiudermi in una benedetta stanza.
Quando scesi dalla macchina, anche se con un po' di difficoltà, mi affrettai a prendere quelle poche cose che mi ero portato ed ad entrare. Ormai fisicamente stavo bene. Non riuscivo a fare grandi sforzi, ma stavo bene. Avevo solo un po' di febbre e mal di ossa, ma decisamente meno di prima.
Non capivo perché fossimo lì e neanche perché non potessimo restare a Roma. Non avevo voglia di stare ancora solo con Mika. No, non è vero. Mi sedetti sul letto maledicendomi per quello che avevo appena pensato. Mi stavo calando troppo nella parte di quello che non lo voleva al proprio fianco. Non era vero. Io volevo passare ogni secondo della mia giornata insieme a lui, ma non in quel modo, talmente umiliante. Stavo cercando di convincermi da solo inutilmente, perché stare insieme a Michael era qualcosa di indescrivibile per me. Riuscivo a stare improvvisamente meglio e lo amavo con tutto me stesso, ma proprio perché lo amavo dovevo comportarmi da stronzo. Dovevo far sì che si allontanasse da me e ritornasse alla sua vita ed al suo lavoro. Non poteva occuparsi di me per sempre.
Mi tornò in mente il giorno in cui avevo fatto il bagno insieme a lui, e rivedendomi nella mia testa in quello stato pietoso, non potei fare a meno di schifarmi. Così come i giorni in cui lo avevo falsamente pregato di andarsene o in cui avevo rifiutato un suo abbraccio. Non gli avevo più detto che lo amavo e neanche avevo più assaporato il sapore della sua bocca. Non mi facevo sfiorare da lui più neanche con un dito e, nonostante mi mancasse quanto l'alcol sentirlo ancora più vicino a me, non dovevo cedere, per lui.
"Che cosa credi di fare con Mika, Marco?" Sentii la voce di Cris riportarmi alla realtà e mi girai di scatto causandomi un inevitabile mal di testa.
"N-niente." Balbettai impaurito vedendo l'espressione spazientita e, a dir poco, furiosa del suo viso.
"Ah, niente? Quel poveretto è stato con te, al tuo fianco, per tutti questi dannati giorni e... cazzo, se l'avessi visto come l'ho visto piangere io, non ti azzarderesti a trattarlo in questo modo!" Esclamò arrabbiata cominciando ad avanzare verso di me minacciosa, facendomi cadere sul materasso.
"I-io voglio che se ne vada." Farfugliai incerto abbassando la testa e cominciando a torturarmi le mani, non credendo neanche io a quelle ridicole parole.
"Che cosa?!" Il tono della sua voce stava, pian piano, diventando sempre più alto ed alterato, e mi sentii inevitabilmente nuovamente attaccato da qualcuno, come quando Michael mi vietava di bere.
"Voglio che se ne vada!" Urlai pieno di rabbia ammutolendola immediatamente.
In quell'istante, sentimmo qualcosa cadere, che attirò l'attenzione di entrambi. Vidi Mika, che aveva mollato bruscamente le valigie a terra, comparire sulla soglia della porta poggiandosi pesantemente su essa. Vidi i suoi occhi completamente inespressivi e, poi, il suo volto contrarsi in un'espressione di dolore, come se gli avessero inflitto sul serio qualcosa. Cercai di aprire bocca e far proferire qualche parola, ma fu totalmente inutile. Notai, non molto tempo dopo, i suoi occhi farsi, man a mano, sempre più lucidi e non potei fare a meno di sentirmi un fottutissimo verme. Quando si affrettò ad allontanarsi, Cris mi rivolse un altro sguardo a dir poco deluso e, poco dopo, si decise a seguirlo. Fui tentato anche io di farlo. Avrei voluto dirgli che lo ringraziavo, che lo amavo, che lo volevo al mio fianco e che quelle parole, come aveva detto lui, erano state guidate solo dalla rabbia. Ma il pensiero di avercela quasi fatta nel mio intento mi bloccò, facendomi rimanere seduto su quel letto, dove, solo qualche mese prima, avevamo fatto l'amore.
Sospirai chiudendo gli occhi, cercando di rilassarmi inutilmente e mi portai le mani fra i capelli, affondando la testa tra le braccia. Avevo fatto un'emerita ed imperdonabile cazzata. Cris aveva ragione, come sempre d'altronde: ero stato un vero e proprio ingrato nei confronti di Mika. Tuttavia, ero combattuto. Insomma, ero riuscito a scacciare via il mio egoismo, per fare ciò che credevo fosse meglio per lui, ma, allo stesso, ero consapevole del fatto che lo stessi ferendo. Ecco, in questi momenti avrei bisogno di alcol. Scacciai via anche quel pensiero, senza esito positivo.
Mi alzai e mi diressi lentamente in cucina sperando che non avesse buttato tutto anche lì. Mi fermai vedendolo sdraiato sul divano mentre si copriva il viso con un braccio. Faceva dei respiri profondi, ma spezzati, fatto dovuto di certo al pianto precedente. Dalla finestra, non vidi la macchina, quindi supposi che Cris se ne fosse già andata. Mi nascosi quando si passò una mano sugli occhi per, poi, cominciare a guardare il soffitto. Mi avvicinai al frigorifero, per aprilo, cercando di fare il meno rumore possibile. Mi venne spontaneo deglutire vedendo quella sostanza tanto desiderata in quelle settimane. Chiusi appena la porta, per controllare che non fosse lì e tornai a guardare quella bottiglia dorata che, da amica, si era tramutata improvvisamente in nemica. Allungai, tremando e fremendo, un braccio verso quella piccola medicina letale, che avrebbe potuto porre fine a tutte le mie sofferenze, come, d'altro canto, aveva già fatto. Mi bloccai, però, sentendo un singhiozzo ed un lamento provenire dal salone. Mika. Automaticamente mi ritrassi pensando al suo dolce sorriso, arricchito da quei suoi due incisivi, incorniciati da quelle sue due adorabili fossette, che da tanto, anzi troppo, tempo non vedevo. Se avessi lasciato il via libera all'alcol di rientrare nel mio corpo, non solo io sarei stato inevitabilmente meglio, ma poi mi sarei ritrovato nella situazione di partenza, e così anche Michael. No. Mi resi conto che se avessi ricominciato a bere per, poi, smettere avrei vissuto nuovamente quei giorni interminabilmente dolorosi, ma, soprattutto, li avrei fatti rivivere a lui. No, non posso fare una cosa del genere, né a lui né a me stesso.
"M-Marco, che sta facendo?" La sua voce mi arrivò spezzata ed insicura, proprio come quella di un bambino che non riesce a capire cosa stia succedendo intorno a lui, con l'unica differenza che lui lo sapeva, o meglio, credeva di saperlo.
"N-no, Mika, non è come pensi." Mi affrettai a richiudere il frigo incontrando inevitabilmente i suoi occhi rossi, ricoperti da una profonda delusione. Cioè sì, ma non proprio.
"Ah, no?" Domandò incerto avvicinandosi a me.
"No, i-io stavo per chiuderlo." Cercai di spiegargli, ma continuava a guardarmi in modo estremamente dubbioso. "Lo giuro, Michael. Per favore, credimi." Gli andai anche io incontro cercando di convincerlo a guardarmi negli occhi ed a capire che era la verità. È la verità.
Riaprì la porta mantenendo un'espressione estremamente seria per, poi, prendere tutte le bottiglie e portarle sul piano vicino al lavandino. Oh, no, non starà mica per... Feci un passo verso di lui afferrandolo per il polso, e spostò nuovamente il suo sguardo su di me, sfilando velocemente il braccio dalla mia presa e riprendere a fare ciò che stava facendo. Le stappò, una ad una, buttando via quel liquido nel lavandino.
"Doveva pensarce prima, scusame." Disse con tono piatto gettandole nella spazzatura, sotto i miei occhi interdetti e paralizzati. "Tu vuole davero che io me ne va?" Domandò all'improvviso poggiandosi con le mani sul piano, spiazzandomi. "Alora?" Insistette alzando appena la voce, facendomi sussultare.
"I-io non lo so..." Risposi incerto cominciando a torturarmi nervosamente le mani, senza alzare la testa verso di lui.
"Risponde!" Si impose urlando, quasi, ed io non potei fare a meno di alzarla, a quel punto, notando, poi, i suoi occhi estremamente impazienti.
"I-io... no." Mi arresi, alla fine, sentendo, non molto tempo dopo, il mio labbro inferiore tremolare, ma non volevo piangere, ancora una volta, davanti a lui. Non posso permettermelo.
"Good, perché io no me ne sarei andato comunque." Affermò riavvicinandosi a me e sollevandomi delicatamente il viso con un dito, costringendomi a guardarlo. "I need you, Marco." Mi sorrise dolcemente facendo sfiorare le mie labbra con le sue.
"M-Mika, io..." Tentai di iniziare a spiccicare qualche parola, ma ero paralizzato da quella vicinanza, grazie alla quale riuscii, dopo tanto tempo, a perdermi nei suoi meravigliosi occhi.
"Please, deve essere sincero. Dimmi che tu ha bisogno di me, come io ha bisogno di te." Sussurrò con tono quasi disperato e non potei fare a meno di cedere totalmente.
"Io ho bisogno di te, più di qualunque altra cosa. Più della musica e più dell'alcol stesso." Dissi deciso posando una mano sulla sua guancia, accarezzando le sue labbra con un dito.
"A-are you serious?" Mi domandò sorpreso allontanandosi leggermente.
"Sì," Lo ritirai a me bramando di rimpossessarmi di ciò che mi apparteneva. "io non volevo farti soffrire ancora, Michael. Ecco perché ho detto che volevo te ne andassi."
"Io sofre de più senza de te." Disse, a sua volta, posando la sua fronte contro la mia, ancora un po' calda a causa della febbre.
"Perdonami, ti prego." Quella volta fui io ad utilizzare un tono disperato e spezzato da un pianto, che minacciava di rovinare quel momento.
"Ssh, it's okay. È tuto dimenticato. Noi ne usciremo insieme, okay? I promise you e questa volta la mantengo." Pensa davvero di aver infranto l'altra?
"L'altra non l'hai mai infranta." Lo rassicurai soffiando sulla sua bocca, cosa che lo fece, con mia grande soddisfazione, tremare lievemente.
"Dimmi che no saremo semplicemente io e te anymore, but solo noi." Non capii da subito quella frase, ma sorrisi per il modo con cui l'aveva detto, che vagava fra il supplichevole e l'amorevole.
"Solo noi." Ripetei facendo sfiorare, nuovamente, le nostre labbra. Le fece combaciare perfettamente, ancora un'altra volta, dopo tanto, con un piccolo movimento, quasi disperato, che mi fece indietreggiare appena, ma sentii la sua mano afferrarmi delicatamente per un braccio e tirarmi a sé, poggiando poi l'altra sul mio fianco. Portai, invece, le mie sul suo viso avvicinandolo ulteriormente a me, approfondendo quel contatto, che da troppo mancava. Quando si decise a mordermi, con delicatezza, che solo lui poteva avere, il labbro inferiore, non esitai minimamente a fargli fare quello che voleva fare. Andò ad accarezzare dolcemente ogni centimetro della mia bocca con la lingua, ed io ne approfittai per riservargli lo stesso identico trattamento. Cercai di riprendere fiato staccandomi da lui, con respiro accelerato. Gli sorrisi posando una mano sulla sua guancia, che però notai leggermente calda, così la spostai sulla sua fronte, sotto i suoi occhi confusi e divertiti. "Michael, Dio, credo di averti attaccato la febbre, scusami." Dissi dispiaciuto velocemente.
"Don't worry." Mi sorrise, a sua volta, riappropriandosi delle mie labbra, con una voracità ed avidità che poche volte aveva utilizzato.
Portai la mano sulla sua spalla attirandolo, ancora di più, a me indietreggiando verso il piano della cucina, contro il quale, poco dopo, andai a sbattere e Mika ne approfittò per poggiare delicatamente il suo corpo sul mio, facendoli combaciare perfettamente, proprio come le nostre bocche. Mi sollevò appena e mi fece sedere, allargando le mie gambe e posizionandosi fra di esse. Quando si spostò sul mio collo, baciandolo e mordicchiandolo, non potei fare a meno di fare un piccolo sospiro di piacere, che si accentuò quando mosse il suo bacino contro il mio.
Lo volevo. Volevo, per l'ennesima volta, dopo tanto tempo, fare l'amore con lui. Volevo sentirmi, di nuovo, un tutt'uno con lui. Volevo sentire il suo respiro sulla mia pelle. Volevo rivedere i suoi occhi accesi da quel desiderio, che si univa a quella loro magnifica dolcezza.
Lo accarezzai salendo dalle gambe fino al bordo della maglietta, pronto a sfilargliela, ma fui bloccato dalle sue stesse mani. La cosa, però, mi creò non poca confusione. Lo osservai disorientato chiedendogli spiegazioni con lo sguardo.
"Marco, tu è ancora così debole a-and io ha paura de farte... male." Mi spiegò abbassando la testa, imbarazzato.
"No," Gliela alzai lentamente facendo sì che mi guardasse bene mentre gli parlavo. "tu non mi fai mai male" Dissi vedendolo, poi, mordicchiarsi il labbro. "ed io ho bisogno di te." Soffiai sulle sue labbra, sulle quali, subito dopo, poggiai le mie godendo del loro sapore.
Scesi verso il suo collo riprovando a levargli la maglietta e, quella volta, non oppose resistenza. Continuai a lasciargli dei baci fino a scendere verso la spalla, sulla quale lasciai una piccola scia di morsi, finendo sul suo petto. Lo sentii sospirare rumorosamente ed avvicinarsi ulteriormente a me, creando un altro inevitabile scontro fra i nostri bacini, che mi provocò una piacevole e forte scossa lungo tutto il corpo. Quando, però, portò la sua mano al cavallo dei miei pantaloni, non potei fare a meno di lasciarmi scappare un gemito più alto degli altri, dopo il quale mi alzò il viso ricatturando le mie labbra. Tentai di slacciargli rapidamente la cintura, ma mi fermò sfilandomi la maglia e facendomi sdraiare. Anche se, curioso delle sue intenzioni mi rialzai poggiandomi sui gomiti per guardarlo meglio. Lo vidi arrossire e nascondere il viso nell'incavo del mio collo, lasciandoci ogni tanto dei baci. Fece lo stesso percorso fatto da me, poco prima, accarezzandomi però solo con la lingua. Vederlo muoversi in quel modo su di me, non fece che aumentare la mia eccitazione e, non molto tempo dopo, sentii i pantaloni farsi decisamente troppo stretti. Cercai di sbottonarli, per darmi un minimo di sollievo, quando stavano cominciando a farmi davvero male, ma le sue mani prontamente si posarono sulle mie bloccandole ancora. Mi fece un sorriso malizioso, ma pieno di soddisfazione, che non aveva mai presagito nulla di buono. Senza distogliere il suo sguardo dal mio, si portò sul rigonfiamento ormai evidente, lasciandoci dei baci e dei morsi attraverso la stoffa. Socchiusi gli occhi a quei contatti, che si ripetevano più e più volte, lasciando, invece, che dalla mia bocca fuoriuscissero i versi ed i gemiti più disparati. Lo sentii sorridere compiaciuto e staccarsi da me cominciando ad armeggiare con i miei pantaloni, sbottonandoli ed abbassando la cerniera lentamente, cosa che contribuì a farmi andare sempre più vicino al limite. Gemetti più rumorosamente, buttando leggermente la testa all'indietro, quando finalmente si decise a liberare la mia erezione da quei dolorosi ed inutili strati, che mi separavo da un piacere ancora più piacevole. Imprecai contrariato facendolo ridere, quando risalì tornando verso il mio collo per, poi, mordicchiarmi dolcemente il lobo.
"Who was molto impaziente, signor Mengoni?" Sussurrò con tono estremamente provocante facendomi salire un brivido lungo la schiena. Signor Mengoni.
Sarei potuto venire in quel preciso istante, se non avessi preso un altro respiro profondo imponendo al mio corpo di non cedere così presto.
Intrecciai le mie dita fra i suoi riccioli aggrappandomi a lui, mentre allungava la sua mano facendole avvolgere il mio membro stuzzicandolo, forse in modo anche fin troppo spudorato.
Iniziai ad ansimare contro il suo orecchio, senza darmi alcun limite di controllo. Tanto, ormai... Mi lasciò diversi baci sulla guancia cominciando, poi, a scendere nuovamente fino all'inguine, indirizzandomi un altro sguardo estremamente malizioso, prima di gettarsi a capofitto sulla mia intimità, provocando l'inevitabile uscita di un urlo strozzato dalle mie labbra. Sussultai quando sentii la sua lingua percorrere il suo profilo, fino a risalire soffermandosi improvvisamente sulla parte superiore.
"Michael..." Sospirai chiudendo gli occhi e lasciandomi andare completamente a ciò che le sua bocca mi stava donando.
Era una sensazione troppo piacevole, forse ancora di più delle altre volte. Per quanto avessi provato a darmi un minimo di contenimento, ogni tentativo risultò completamente inutile. Mi venne in mente il fatto che quella era la prima volta che facevamo l'amore nella nostra casa. Mi morsi incredulo il labbro inferiore. Era strana come cosa, ma resomene conto non riuscii a non sorridere ed accarezzargli delicatamente la guancia, attirando la sua attenzione. Mi guardò con quei suoi occhi, che avevano assunto un color cioccolato, e mi sorrise lievemente riavvicinandosi a me, facendo sfiorare dolcemente i nostri nasi e posando le sue labbra sulle mie. Approfittai di quella vicinanza per cominciare a sbottonare i suoi pantaloni ed abbassarli leggermente infilando la mia mano nei suoi boxer, dai quali potei osservare soddisfatto la sua erezione. Sussultò a quel contatto contraendo il viso in un'espressione di dolore, che lì per lì mi preoccupò, ma quando lo vidi sorridere compiaciuto e lasciarsi andare al piacere, attaccandosi a me e respirando affannosamente contro la mia pelle, continuai cercando di dargli almeno una minima parte delle emozioni che lui era riuscito a dare a me.
"Ti amo, Marco." Ansimò lasciando dei baci delicati sul mio collo.
Mi bloccai per un attimo a quelle parole, che da tanto non gli sentivo dire e non ero riuscito io stesso a pronunciare. Mi guardò confuso, quasi terrorizzato, trattenendo il respiro, ma mi affrettai a tranquillizzarlo.
"Ti amo anch'io." Gli dissi, a mia volta, vedendo, poco dopo, i suoi occhi farsi rapidamente lucidi. Mi resi conto di quanto lui possa aver sofferto in quelle interminabili e dolorose settimane. Forse, l'avevo fatto sentire davvero poco amato, a tal punto di dubitare del mio amore nei suoi confronti. Era stata una delle cose più ingiuste e cattive che io gli avessi potuto fare. Mi alzai col busto avvolgendolo fra le mie braccia, sentendolo, poi, ricambiare stringendomi forte a sé. "Scusami, Mika, io non avrei dovu..." Mi azzittì baciandomi ed accarezzandomi dolcemente i capelli, gesto che aveva fatto spesso in quel periodo, ma che forse, ingiustamente, non ero mai riuscito ad apprezzare abbastanza.
Mi fece adagiare nuovamente sul piano distendendosi su di me, posando le sue labbra sul mio torace e sul mio collo per, poi, guidare il suo membro contro la mia apertura. Mi aggrappai automaticamente a lui tentando di controllarmi. Per la prima volta, sentii un po' più di dolore, ma cercai di riprendere fiato respirando più velocemente.
"A-amore, vede? No poso, tu sta male." Affermò guardandomi preoccupato.
"No." Replicai semplicemente, a mia volta, attaccando nuovamente le mie labbra alle sue ed azzardando una spinta contro di lui, facendolo inevitabilmente ansimare contro di esse.
Cominciò a muoversi lentamente, impaurito da qualsiasi movimento brusco che avrebbe potuto fare. Continuai a vederlo insicuro inizialmente, ma, pian piano, riuscì a lasciarsi andare, forse anche grazie alle mie parole ed ai respiri di piacere, che proprio lui mi stava riuscendo a provocare.
Non importava se mi facesse male o meno, perché alla fine riuscivo a stare bene. Il suo modo di fare l'amore era il più dolce, ma anche il più passionale, che una persona potesse avere. E nonostante il dolore, sentivo la necessità di essere una persona sola insieme a lui, dopo tanto tempo, e di fargli capire quanto mi dispiacesse del modo ingiusto in cui l'avevo trattato e che lo amavo più di qualunque altra cosa.
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Love Never Fails
ספרות חובבים[MIKA & Marco Mengoni] Marco incontrò per la prima volta Mika, nel 2008, quando lavorava ancora nel bar di Frascati; molto prima di raggiungere il successo, poco più di un anno e mezzo dopo. Iniziò ad apprezzarlo come cantante, ma soprattutto come l...