2012 pt.14

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Milano, Venerdì 7 Dicembre 2012

Erano passati solamente sette giorni e, in via del tutto eccezionale, io e Mika saremmo riusciti a vederci per la seconda volta dall'inizio del tour. Sarebbe stato di nuovo ospite a X Factor, questa volta per duettare con una delle finaliste di Morgan, Chiara, che personalmente mi piaceva. Il problema era che Michael non aveva smesso neanche per un secondo di parlare della puntata e di quanto questa ragazza gli piacesse, da un punto di vista puramente artistico, come lui stesso dice. Continuava a sottolinearlo e la cosa mi cominciò davvero ad innervosire. Continuava, inoltre, a voler sviare l'argomento Andrew ed i possibili perché nella mia testa si moltiplicavano come mai avevano fatto prima. Uno peggio dell'altro.
Tuttavia, in un momento imprecisato, mi incantai ad osservare le sue labbra perfette, che troppe poche volte avevo avuto l'onore anche solo di sfiorare in quelle poche occasioni. Si muovevano, sì, ma non sulle mie. Da esse fuoriusciva la sua adorabile lingua completamente e maldestramente inventata. Ogni tanto si mordicchiava il labbro inferiore e si risistemava sulla sedia incrociando le braccia. Io, però, mi limitavo ad osservarlo, senza realmente ascoltare ciò che mi veniva detto. Alla fine, erano sempre le stesse cose. "Il tour va bene", "Chiara è una ragazza d'oro dalla voce pazzesca", "non vedo l'ora di tornare su quel palco con lei"... 'na rottura, 'nsomma! Per quanto prima mi potesse bastare sentire semplicemente il suono melodioso della sua voce, in quel momento non riuscivo a godermelo appieno. Era bello vederlo sorridere e ridere, ma forse, in cuor mio, avrei voluto che si fosse concentrato un po' di più su di me, su di noi. Era giusto fosse così, no? Uno torna dalla persona che, teoricamente, ama, in un periodo in cui vedersi era diventato non poco complicato, e ci si comporta in modo leggermente diverso dal suo, o sbaglio? Oh, beh, forse sono io che la vedo in uno modo un po' troppo assurdo e fantomatico. Mentre ormai ascoltavo più i miei pensieri, che il suo discorso, sbuffai senza farci caso più di tanto, e posai il gomito sul tavolo, poggiando poi il mio viso sulla mano. Anche la postazione che avevamo preso mi diede da pensare. Insomma, di solito ci mettevamo sul divano, l'uno appiccicato all'altro, accoccolati. Invece, quella volta, ci ritrovavamo in cucina a sorseggiare del disgustoso thè alle cinque di pomeriggio, come dei bravi inglesini. Sì, Marco, proprio inglesino sei tu. Lo vidi bloccarsi improvvisamente e guardarmi con aria disorientata e quasi delusa.
"Marco, what's wrong?" Mi chiese sistemandosi meglio sulla sedia, posando la sua mano resa particolarmente calda dal calore della tazza, che però a contatto con la mia mi aveva dato una sensazione di freddezza quantomeno strana. Non era la prima volta che mi rivolgeva quella domanda in quelle ore, ma non sapevo che risposta dargli, perché c'erano troppe cose che non andavano, in primis noi. Ormai sembrava non si trattasse più di noi, ma di me e di lui. Come se fossimo diventati di nuovo due cose differenti e separate. A me piaceva da morire ascoltarlo parlare delle cose che lo rendevano felice, ma stava cominciando a diventare fin troppo ripetitivo, come se volesse parlare di tutto, tranne di quello che poteva realmente interessarci. Stava cominciando ad essere fin troppo evidente questo suo tentativo di sviare e la cosa non mi piaceva. Affatto. "Marco?" Cercò di attirare nuovamente la mia attenzione accarezzandomi con i polpastrelli il dorso della mano.
"Mika..." Inevitabilmente mi fermai non sapendo cosa dire esattamente.
"Well, raccontame!" Nel momento in cui stetti per aprire bocca, fu lui a bloccarmi facendo finta di niente. Questo è davvero troppo. La conversazione, se così si poteva chiamare, stava prendendo una strana piega. Non aveva più un senso e non si avvicinava neanche lontanamente a quelle che avevamo solitamente. "Come on! Tell me, come andare album?" Proseguì facendomi sussultare quando posò rumorosamente le mani sul tavolo.
"Bene." Risposi semplicemente osservando il suo sorriso, forse anche un po' troppo falso. Cercava di nascondere un evidente disagio. Tentativo che risultò da subito del tutto inutile e smascherato da quei suoi occhi imbarazzati, quasi smarriti. "S-sai, sono nella lista dei candidati per partecipare a Sanremo 2013." Aggiunsi cercando di smorzare quella tensione che aveva invaso entrambi.
"Really?" Vidi il suo viso cambiare totalmente espressione, tramutandone l'aspetto da disorientato a sorpreso ed orgoglioso. Mi limitai ad annuire sentendo, poi, le sue braccia ed il suo calore avvolgere il mio corpo. "Tu spacarà!" Esclamò facendomi perdere totalmente l'equilibrio sulla sedia e facendoci cadere inevitabilmente entrambi per terra.
"Michael!" Lo rimproverai in modo poco credibilmente contrariato.
Corrugai la fronte cercando di calarmi il più possibile nella parte dell'arrabbiato, ma fu tutto inutile quando sentii la sua risata fuoriuscire da quelle sue labbra perfette.
"Sorry, I'm happy." Disse semplicemente affondando il viso nell'incavo del mio collo per, poi, lasciarci dei leggeri baci.
"Non è ancora sicura la mia partecipazione, però, eh." Lo avvertii divertito da quella reazione talmente dolce, lasciando perdere quel mio tentativo di spaventarlo.
"Shut the fuck up!" Mi rimproverò dandomi un piccolo scappellotto dietro la nuca. Risi lasciandomi andare liberamente a quel momento, di cui simili ultimamente ne avevamo avuti ben pochi. Sapeva che avevo già partecipato a Sanremo quando avevo vinto X Factor, arrivando terzo con 'Credimi Ancora', e sapeva anche che non ci ero rimasto troppo bene e, forse, quella felicità era dovuta proprio a quello. Era una seconda opportunità per dimostrare ancora di ciò che potevo fare. Ma non ci pensai più di tanto, perché per qualche minuto mi sembrò di tornare a quello che eravamo prima che il tour iniziasse e del ritorno di Andrew, ossia noi. "Che song tu porterà?" Chiese allontanandosi da me con un sorriso emozionato in volto.
"Mika, mancherebbero due mesi!" Dissi ridacchiando in imbarazzo. "Anche se... anche se ho già una piccola idea ed un piccolo abbozzo, ma molto, molto piccolo." Vidi i suoi occhi mutare nuovamente da emozionati a fin troppo furbi, leggermente sadici. "Oh, no. Non ti dirò niente."
"Oh, come on!" Incrociò le braccia al petto offeso, alzandosi appena col busto.
"No." Affermai deciso mettendomi nella sua stessa posizione. Spalancai gli occhi avvertendo il suo respiro caldo, quando si avvicinò nuovamente a me con fare minaccioso facendo sfiorare più e più volte i nostri nasi e le nostre labbra ed ogni volta che cercavo di unirle, prontamente si allontanava facendomi percepire chiaramente ogni sua soddisfazione. "Smettila." Lo rimproverai posando una mano sul suo petto allontanandolo ulteriormente.
Vidi come una paura invadere i suoi occhi e la sua bocca aprirsi continuamente senza però riuscir a far proferire neanche la minima parola.
"M-Marco, w-what..." Prima che potesse finire la sua ennesima domanda, afferrai un lembo di stoffa della sua felpa tirandolo a me per, poi, capovolgere le posizioni, facendolo ritrovare sotto di me.
Finalmente ero riuscito a sentire il sapore dolce delle sue labbra, che tanto mi aveva fatto penare. Avevo bisogno di quel contatto, che in un certo senso riusciva a farmi capire che fosse ancora mio. Riuscivo a sentire la sua confusione mentre cercava di rispondere al bacio, fino a quando anche lui si affrettò ad afferrare un pezzo del mio maglione tirandomi ancora di più a sé. Mollai la presa e posai una mano sul suo collo sentendolo, con mia grande soddisfazione, rabbrividire lievemente, e l'altra sulla sua guancia accarezzandola dolcemente. Chinai appena la testa spostandomi verso la sua mandibola, poi incominciai a scendere poco sotto di essa, facendolo sospirare. Pose fine a quei numerosi contatti con la sua pelle, prendendo il mio viso fra le mani per, poi, riportare le mie labbra sulle sue, avide. Intrappolò il mio labbro inferiore fra di esse, sostituendole poi con i suoi denti, mordicchiandolo e giocandoci. Non sapevo esattamente dove volesse andare a parare, ma non mi sarebbe di certo dispiaciuto. Su questo sono sicuro. Quando sentii la sua lingua intrufolarsi nella mia bocca, sorrisi soddisfatto riservandogli lo stesso ed identico trattamento. Nell'attimo in cui cercò di riprendere un minimo di fiato, glielo impedì cominciando ad approfondire ulteriormente quel meraviglioso contatto. Lo sentii farfugliare qualcosa di difficile comprensione ed allontanarmi poco dopo, osservandomi respirando in modo a dir poco affannato.
"Devi smetterla di essere così dispettoso." Spiegai scostandogli uno dei suoi ricciolini che gli cadeva sulla fronte.
"Me piace esser dispetoso." Disse semplicemente accarezzando le mie gambe. "Alora, me dice qualcosa su questa canzone? Deve ricominciare?"
"Guarda bello mio, me sembra de capì che, tra i due, quello che abbia sofferto di più qui sei proprio stato tu. Se proprio dovemo dirla tutta." Gli feci notare.
"Shut the fuck up!" De novo? "Alora?" Si avvicinò nuovamente pericolosamente a me e, indeciso sul da farmi, presi leggermente le distanze cercando di riflettere sotto i suoi occhi curiosi.
"C'è un termine che ho preso da te, se devo essere sincero." Dissi in imbarazzo mordicchiandomi il labbro inferiore. Avevo paura che si arrabbiasse e che mi credesse uno con poche idee, ma volevo solo avere un altro legame segreto con lui, di cui sempre e solo noi avremmo saputo. Anche se, effettivamente, non gli avevo chiesto se gli andasse bene o meno. Tuttavia, rimasi piacevolmente sorpreso da quel sorriso eccitato ed emozionato che si fece spazio sul suo volto, accompagnato da quei suoi due occhi curiosi che mi incitavano a continuare. "Tornerò all'origine. Torno a te, che sei per me l'essenziale." Canticchiai appena, intimidito da una sua qualsiasi reazione.
"Marco, are you serious?" Mi chiese improvvisamente facendomi sussultare.
Era una domanda alla quale si potevano dare diverse interpretazioni, no? Ma io ovviamente feci spazio nella mia testa solo a quelle puramente e terribilmente negative.
"P-posso c-cambiarla, se p-preferisci. Non preoccuparti, i-insomma, è solo una piccola bozza. N-non sarà necessariamente q-quella del F-Festival." Mi affrettai a spiegare, senza neanche guardare il suo viso. Avevo paura. "Insomma, n-non so neanche s-se p-parteciperò." Poco dopo, tutto quello che uscì dalla mia bocca fu una serie di risate nervose, che non facevano altro che peggiorare la situazione.
"Marco, adeso smetela tu!" Disse divertito. Ma che c'è da ridere? È così divertente come cosa? "Tu fa un respiro profondo e io poi te parla come se deve."
"Tu non parlerai mai come si deve." Non ho resistito, scusate. Mi guardò con fare incredibilmente serio, smettendo di fare quelle sue piccole risatine goffe. 
"Tu è mio insegnate, io ricorda te." Replicò offeso incrociando nuovamente le braccia al petto.
"Io posso cercare di insegnare, ma tutto sta nelle mani e nella testolina dell'alunno." Dissi spavaldo a mia volta.
"Oh, Marco, please, what the fuck are we talking about?" Sembrava non poco scocciato e mi piaceva come cosa. Sapeva di non poter più ribattere. Ho vinto. "Antipatico." Aggiunse scansandomi ed alzandosi lasciandomi solo, lì per terra. Che si sia arrabbiato sul serio? Ma andiamo...
Lo vidi pulirsi indispettito i vestiti per, poi, uscire frettolosamente dalla cucina per andare chi sa quale parte della casa.
"Michael, amore..." Imitai tutto ciò che aveva fatto poco prima e gli andai dietro afferrandolo per il braccio e girandolo rapidamente verso di me trovando, con mio grande conforto, un piccolo sorriso beffardo ed i suoi adorabili incisivi mordersi ossessivamente il labbro inferiore nel tentativo di non scoppiare a ridere improvvisamente. Cosa che fallì inevitabilmente quando vide il mio viso, che probabilmente aveva assunto un'espressione a dir poco preoccupata. "Stronzo." Biascicai infastidito mollando la presa.
"Come on." Farfugliò cercando di riprendere fiato, in un'occasione ben diversa da quella precedente. Cercai, tuttavia, di non lasciarmi convincere da quella voce dolcemente melodiosa che aveva deciso di utilizzare, fino a quando non si avvicinò nuovamente a me poggiando le sue mani sulle mie spalle tirandomi a sé, facendomi sentire il suo respiro caldo andare a contatto con la mia pelle, dandomi quell'ennesima piacevole sensazione. "Io amo già questa song. But, you are the origin of love, come tu può tornare da te?" Che ragionamento è?
"Tu sei la mia origine, Michael. Tutto ciò di cui ho bisogno... l'essenziale." Circondai il suo corpo fra le mie braccia osservando attentamente il suo viso, talmente sorpreso quanto emozionato.
Non avevamo avuto una conversazione del genere neanche una volta in quei mesi. Mi sentivo sollevato in parte, almeno durante quei brevi attimi, in cui ero riuscito a non pensare ad Andrew ed a tutti gli atteggiamenti strani di Mika. Eravamo stati di nuovo noi per un piccolo frangente, ed era bellissimo essere una cosa sola.
"Lo sa che io ti amo, vero?" Il mio cuore automaticamente perse più di un battito. Avevo bisogno di questo genere di conferme ormai. Ero fin troppo spaventato all'idea di poterlo perdere e ricordarmelo era diventata una cosa importante per me. "Right?" Ad essere sincero, ultimamente avevo i miei dubbi.
"Certo." Risposi sorridendogli cercando di risultare il più sincero possibile. Come al solito, il mio cervello e la mia bocca andavano in due direzioni e versi completamente opposti. "E tu? Tu lo sai che ti amo, giusto?"
"Of course!" Esclamò senza esitazioni. "Chi altro tu potrebe mai amare?" Mi prese in giro. Nessuno. Gli rivolsi un altro sorriso abbassando lo sguardo. Aveva ragione. Chi altro avrei potuto amare? Senza di lui non avrei mai saputo cosa fosse l'amore, quello vero. E lì stava la mia paura di perderlo, perché se se ne fosse andato, io sarei ricaduto in quel vortice di sofferenza senza fine. Senza di lui il vecchio Marco avrebbe ripreso il sopravvento su questo, quello amato e felice. E forse, non parlavo con Michael delle mie perplessità proprio per quella paura. Metterlo al muro e scoprire tutto ciò che sarebbe potuto accadere durante quel tour, avrebbe significato qualcosa di troppo grande per me e per lui. Per noi, insomma. La mia speranza più grande era che fosse tutto solo frutto della mia immaginazione e dei miei pensieri fin troppo fantasiosi e negativi. "Marco, io però adesso deve andare. Deve stare presto agli studi di X Factor p-per prepararme and, subito dopo, io ha volo." Subito dopo?!
"Oh, okay." Detestavo profondamente quando mi ometteva questo genere di cose.
Era una cosa importante, no?! Avevo organizzato con l'aiuto di Marta una piccola serata al suo ritorno, che avrei dovuto inevitabilmente annullare. La mente si svuotò completamente da ogni pensiero, lasciando che varie sensazioni si impadronissero di me. Quella più dolorosa e più permanente fu quella della delusione, che si tramutò, non molto tempo dopo, in un fastidioso dolore vuoto alla bocca dello stomaco. Pensavo sarebbe rimasto almeno fino al mattino dopo, ma come al solito mi sbagliavo.
"I'm sorry." La sua voce ed il suo tono mi riportarono alla realtà riempiendo la mia testa vuota, appesantendola improvvisamente.
"Fa niente." Dissi in un soffio grattandomi distrattamente il braccio, senza una vera ragione. "E q-quando ci potremo rivedere?" Gli domandai quasi timoroso da una qualsiasi possibile risposta.
"I don't know." L'ennesima pugnalata al cuore arrivò sentendo quelle parole.
Erano quelle di cui avevo più paura. Il 'non lo so' è qualcosa di terribilmente indefinito. E l'indefinito è una delle cose fa più paura, ma non solo a me, a chiunque. L'uomo programma la sua vita per prevedere l'indefinito, cercando di adattarlo a quello che più lo aggrada e che meno lo spaventa. Così quando si trova ad affrontare il vero indefinito si ritrova nello smarrimento totale. Ed era esattamente così che mi sentivo: smarrito. Smarrito in quel pauroso indefinito, solo. Non solo, però nel senso di compagnia, ma quel solo che faceva ancora più paura. Sentirsi incredibilmente solo, pur essendo circondato da persone, alcune straordinarie, altre meno, ma pur sempre circondato da persone, era stata una cosa che non avevo mai più provato dopo aver conosciuto Mika. È una solitudine indefinita, ed era quella peggiore. Le cose indefinite erano le cose peggiori.

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