2010 pt.12

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Roma, Venerdì 24 Dicembre 2010

Le cose avevano cominciato a girare per il verso giusto negli ultimi mesi. Non avevamo avuto nessuna discussione. Niente di niente ed era fantastico. Non avevamo avuto bisogno di chiarire niente dopo quel giorno. Andava bene così. A me bastava amarlo, ed a lui bastava amare me. Certo, alcune volte eravamo stati costretti a separarci, lui per interviste e quant'altro, ed io per lavorare sul nuovo album, che pian piano iniziava a prendere forma. Sarebbe stato dedicato alla solitudine, che mi aveva tormentato per tanto tempo e che era riuscita a distruggermi l'esistenza da sempre. Tuttavia, volevo che quella rimanesse un brutto capitolo della mia vita, al quale Mika aveva messo finalmente un punto finale.

Era arrivata la vigilia di Natale e questo significava fare un bel regalo a Michael. L'unico problema era che non avevo la più pallida idea di cosa fargli. Passai giornate e giornate a pensare ed a cercare, poi però finalmente la mia testolina era riuscita ad elaborare un'idea buona, e che gli sarebbe piaciuta. Almeno, credo. Spero.

Non avevo capito esattamente come, ma Mika era riuscito a rendere la mia casa, così tetra, colorata. L'albero che arrivava fino al soffitto, sfiorato dalla punta della stella, le luci bianche e colorate che decoravano le porte, il caminetto accesso che rendeva il rosso ed il giallo i colori prevalenti... ma la cosa più bella di tutte era Melachi con il cappello di Babbo Natale ed un bel papillon verde intonato con l'albero. Sinceramente, negli ultimi anni non mi ero neanche preoccupato di addobbarla, sapendo che sarei stato solo e senza far niente. È passato.
Mentre aspettavo che in cucina la cena finisse di essere preparata, mi misi alla finestra ad osservare il panorama, rapito dalla vista che mai mi ero accorto di poter vedere. Poco dopo, sussultai sentendo il suo respiro sulla mia pelle.
"E queste cosa son?" Disse divertito al mio orecchio, prendendo fra le mani i miei fianchi e riportandomi alla realtà. "They are maniglie dell'amore, o sbaglia?"
"Mi stai facendo ingrassare." Lo incolpai continuando a guardare dinanzi a me.
"Good." Sussurrò cominciando a lasciare dei leggeri baci sul collo. Oh, lì no. Vi prego, lì proprio no.
"Mika." Sospirai chiudendo gli occhi godendo di quel contatto. Lo sentii sorridere soddisfatto e continuare a fare il suo gioco scendendo fino alla spalla. "Sei perfido." Dissi continuando a tenere gli occhi chiusi.
"But, you love it." Affermò soddisfatto staccandosi da me.
"No." Affermai, a mia volta, serio guardandolo e poi sorridendo leggermente, vedendo il suo viso mutare la sua espressione improvvisamente. "Io amo te." Gli sorrisi. "Non sarebbe la stessa cosa se lo facesse un altro." Continuai girandomi per guardarlo meglio negli occhi.
Lo vidi sorridere timidamente mordendosi il labbro inferiore con quei suoi due dentoni, che lo rendevano ancora più bambino ogni volta che li mostrava.
Mi alzai sulle punte aggrappandomi alle sue spalle, per incontrare a metà le sue labbra così morbide e lisce, che erano riuscite finalmente a levare il sapore di quelle di Matteo, che non si era più fatto né vedere né sentire, così come Andrew. La mia intenzione era di dargli un bacio a stampo, ma appena tentai di riabbassarmi, fu lui ad avvicinarsi di nuovo a me ed ad unire le nostre bocche ancora in una danza, che diventava, man a mano, sempre più frenetica. Lo sentii sorridere mentre mi mordicchiava il labbro inferiore per, poi, prendere il mio viso fra le sue mani e tirarmi a sé, facendo scontrare i nostri nasi, provocandomi un blocco respiratorio.
"Mika." Cercai di staccarmi ansimando.
"Sh." Farfugliò infastidito catturando ancora una volta le mie labbra.
"Michael." Lo richiamai su di esse non riuscendo a staccarmi da esse. "Michael, il tacchino..." Ritentai allontanandolo inutilmente, mettendo le mie mani sul suo petto.
"Let it burns!" Esclamò scocciato avvicinandosi di nuovo a me.
"Quel ben di Dio a cui abbiamo lavorato per ben cinque fottutissime ore?!" Lo fermai con sguardo inquisitorio.
"Oh, come on." Si lamentò avanzando verso di me.
"Dopo." Sussurrai al suo orecchio per, poi sentirlo deglutire rumorosamente. Io ci provo ad essere provocante e convincente quanto lui, ma non so quanto sia efficace. Cos'era quella? Una specie di risata strozzata o cosa? Che palle. Mi diressi in cucina, seguito da lui, per levarlo dal forno ed evitare che bruciasse per davvero. Ci stavo cominciando a prendere gusto a cucinare. Strano. "Mika." Lo chiamai per attirare la sua attenzione, visto che sembrava imbambolato guardando il vuoto. Forse vorrebbe stare con la sua famiglia.
"Yes?" Chiese distrattamente.
"Sei sicuro di non voler stare da un'altra parte, stasera?" Mi guardò sorpreso arricciando il naso.
"For example?"
"Beh, per esempio dalla tua famiglia."
"Oh, well... why tu chiede me questo?" Mi chiese avvicinandosi a me.
"Volevo sapere. Sei in tempo." Cercai di non far trasparire malinconia dalla mia voce.
"Ehi." Mi prese per le spalle e mi girò verso di lui. "I don't want to stare con nessun altro stasera. Volio star solo con te." Mi disse guardandomi intensamente negli occhi.
"Ma anche l'anno scorso sei stato con me..." Dissi abbassando la testa in imbarazzo, ma sentii le sue dita sollevarla lentamente, a cercare il mio sguardo.
"Smettela de farte problemi, Marco. I want to stay with you, okay?" Annuii sorridendogli. "Good. Now mangiamo." Disse saltando allegro e battendo le mani improvvisamente. Ah, la tenerezza.
"Come al solito, pensi solo a quello." Affermai divertito.
"Ehi!" Si fermò. "That's not true." Si avvicinò pericolosamente a me, che nel frattempo avevo già preparato il vassoio, ed unì le nostre labbra, facendole rimanere ferme in quella posizione, spostandosi ogni tanto. Senza fare troppi movimenti, e mi resi conto che quella cosa mi stava facendo impazzire ancora di più di altre volte, perché avevo una voglia matta di infilare la mia lingua in quella sua bocca perfetta.
"M-Michael, il t-tacchino m-mi sta per c-cadere." Balbettai.
Mi guardò confuso, per un attimo, e sorrise soddisfatto dell'effetto che era riuscito a farmi anche quella volta.
"Are you sure that sta per cadere solo tachino?" Eh?
"C-cioè?" Chiesi paralizzato, ma non rispose e mi prese il vassoio dalle mani per dirigersi in sala da pranzo.

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