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Sanremo, Domenica 17 Febbraio 2013


Qualche ora prima ero venuto a sapere che Mika aveva annunciato le date della seconda parte del tour. La cosa che mi ferì di più però fu che, dopo avermi chiamato, non si preoccupò di farmene neanche il ben che minimo accenno. Niente. Non mi aveva detto che aveva quasi un mese di pausa. Non mi aveva chiesto se volevamo vederci né se sarebbe tornato a Milano per un po' di tempo. Era tutto così strano. Lui ed il suo atteggiamento erano strani. Sapevo bene che qualcosa si era rotto improvvisamente e, per quanto mi possa aver fatto male, cercai per un bel po' di tempo di evitare di pensarci. Cercai di fare finta di niente concentrandomi su quello che forse sapevo fare meglio. Dovevo lavorare ad un disco, che sarebbe uscito di lì a poco, e partecipare al Festival di Sanremo. Era evidente quanto non fossi capace di amare appieno qualcuno, per quanto fossi innamorato di Michael, con l'aiuto di Cristie e di Marta, ero riuscito a capire tante cose. Perfino Cris si stava cominciando ad infastidire del comportamento di Mika. Inizialmente, aveva cercato di dissuadermi dal pensiero di lui ed Andy avvinghiati l'uno all'altro, dopo un altro concerto massacrante. Ma poi, aveva cominciato a far silenzio, ad ascoltare tutto ciò che la mia testa aveva elaborato e, piano piano, aveva cominciato a sospirare silenziosamente e, quando lo faceva, era segno che non aveva più parole e che in parte forse pensava che io non avessi tutti i torti.

Sobbalzai sulla sedia sentendo una mano entrare in contatto con la mia spalla. Voltai la testa di scatto, forse sperando di incontrare proprio quei due occhi dolcemente ipnotici, ma trovai solo quelli azzurrini di Marta, che mi rivolse un sorriso confortevole. Forse credeva fossi nervoso e curioso di sapere se avrei vinto o meno quell'edizione del Festival. Ci tenevo tanto. Ci tenevo davvero tanto, però tuttavia non riuscivo a non pensare a Michael e a quanto avrei voluto averlo lì, insieme a me. Avrei voluto fosse stata la prima persona che avrei abbracciato. La prima ad essere orgogliosa di me. Ma proprio come accadde per la finale di X Factor, non riuscivo a godermi appieno quegli attimi. Non riuscivo a godermi tutta l'ansia che poteva portare e tutta la soddisfazione che potevo provare. Magari arriva all'ultimo momento, proprio come quel giorno. L'avevo sperato veramente con tutto il cuore. Avevo cantato L'Essenziale cercandolo con lo sguardo fra il pubblico, ma di lui nemmeno una traccia. Non era previsto come ospite, ma quanto avrei desiderato trovarlo seduto lì, mentre si emozionava nel vedermi e nel sentirmi, perché solo io e lui avremmo saputo che quella canzone era per lui, era per noi. E magari saremmo riusciti a chiarire tutte le divergenze con un solo scambio di sguardi. Avremmo potuto parlare ed amarci solo con gli occhi o magari solo con un piccolo sorriso. Avrei potuto dargli quel bacio che non avevo avuto il coraggio di dargli quella sera della finale. Quell'occasione mancata, che forse era risultata la più fortunata e la scelta più giusta che avessi potuto fare.
"Manca poco." Mi disse sedendosi accanto a me e rivolgendomi un altro sorriso comprensivo.
"Già..." Riuscii solo a dire incominciando a torturarmi le mani.
Avevo bisogno di stare in silenzio e sperai vivamente sarebbe riuscito a capirlo ma, al contrario, si avvicinò un po' di più a me accostando le sue labbra al mio orecchio.
"Non devi pensare a Mika stasera, okay? Cerca di goderti la serata. Per favore." Sussurrò appena facendomi venire i brividi. Annuii semplicemente, anche se, essendomi già esibito, non sapevo davvero cos'altro pensare se non al fatto che avrei voluto averlo là, insieme a me. Mi sentii ancora una volta incredibilmente solo. Come se quella parte mancante, magicamente ritrovata, mi fosse stata di nuovo sottratta. "Ci sono i tuoi." Aggiunse distogliendomi di nuovo dai miei pensieri. La guardai sorpreso e solo dopo mutai la mia espressione in una probabilmente infastidita. "Vuoi vederli?" Mi domandò poggiando delicatamente la sua mano sul mio ginocchio.
"No. Cioè... mia madre, forse, ma mio padre..." Risposi in modo incerto, titubante.
"Marco," Mi richiamò come ad ordinarmi di tirare su la testa e guardarla negli occhi. "sembri stanco."
"Beh, considerando che negli ultimi giorni non ho avuto molto tempo per dormire ed è mezzanotte passata, direi che è normale." Affermai cercando di sciogliere un po' la tensione, guadagnandomi però uno sguardo dubbioso da parte sua.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse poco dopo alzandosi dalla sedia e portandosi dietro di me, a massaggiarmi appena le spalle.
"Resisti ancora solo un'altra oretta, campione." Sussurrò dandomi una piccola pacca per, poi, andarsene e lasciarmi nuovamente solo.
Mi stiracchiai lentamente sbadigliando, ma mi bloccai sentendo il cellulare vibrare in una delle tasche dei pantaloni e mi affrettai a prenderlo. Sentii le mani tremarmi ed il cuore cominciare a scontrarsi contro la gabbia toracica, così tanto che dovetti per un attimo fermarmi per fare un respiro profondo. Quasi lo feci cadere. Solo quando lo presi, mi resi conto di quanto fossero sudate le mie mani e di quanto stessero tremando. Tuttavia, rimasi deluso nel non vedere il suo nome comparire sul display di quell'aggeggio infernale. Ma le mie labbra, poco dopo, si contrassero in un leggero sorriso, una volta letto il messaggio di Cris. 'A Mengo', io sto aspettà de vedette vince. Non potei far a meno neanche di fare una piccola risata.
In quel preciso istante, però, sentii la porta aprirsi e vidi entrare nella stanza Marta seguita da altre persone ed amici informandomi che di lì a poco avremmo saputo il nome del vincitore. Prima di risedermi controllai nuovamente il cellulare. Magari mi ha chiamato e non me sono reso conto. Ma così non fu. Dovevo smetterla di farmi illusioni e di tormentarmi. Quello sarebbe stato il mio momento. Se avessi vinto, avrei dovuto godere ogni singolo secondo, senza pensare a Michael o a lui ed Andy.
E così feci. Qualche secondo di silenzio e di suspence. Un altro respiro profondo. Un battito più forte degli altri. Un nome. Il mio. Una scossone. Il cuore si ferma nuovamente. Un sorriso. Un sorriso vero.
Sono cambiato.
Mi resi conto solo in quel mio piccolo silenzio di quello che ero e di quello che era successo. In poco più di quattro anni ero cambiato. Dalla finale di X Factor ero cambiato. Da pochi mesi a quella parte lo ero. Forse ero solo cresciuto, ma ero cambiato. Quel giorno ero crollato. Ero arrabbiato, sia con lui che con me stesso perché credevo di non essere stato capace di tenermi stretto qualcuno di davvero importante di nuovo. Quella volta, invece, non ero arrabbiato. Non riuscii ad esserlo. Ero solo deluso, ma riuscii ad essere felice. Riuscii a rendermi conto di quello che avevo conquistato, senza pensare che avevo finalmente dimostrato qualcosa a Mika. E, ad essere sincero, è anche una bella sensazione. Ciò non significava che non lo amassi più come lo amavo prima, anzi. Ero follemente innamorato di lui, ma forse ero innamorato solo di una parte. Per quanto pensassi di conoscerlo, non lo conoscevo totalmente. Non potevo farlo, non dopo solo quattro anni. Nessuno avrebbe potuto. Probabilmente, avrei imparato ad amare tutto di lui, ma prima di amare avrei dovuto capire e tutto ciò non sarebbe mai potuto accadere nel giro di qualche anno.
Quell'attimo di ammutinamento iniziale si tramutò nel giro di un nanosecondo in adrenalina pura. Strinsi istintivamente la mano di Marta e mi alzai, senza pensare neanche a quanto avrei desiderato fosse Michael a stringermi tra le sue braccia. Per quanto cercassi di distrarmi, però, una domanda in particolare durante la conferenza stampa mi fece ricadere all'interno di quel velo di malinconia. "A chi dedichi questa vittoria?" Inutile, forse, dire che avrei tanto voluto dedicarla proprio a lui, a me, a noi. Ma dovetti solo dire delle parole di convenienza. Mi sentivo troppo manipolato certe volte. Mi sentivo guidato verso un essere che non mi corrispondeva affatto. Mi ritrovavo ad essere ciò che mi portavano ad essere gli altri, ma come volevano e piaceva a loro. Ci sono spesso persone che si convincono di essere in un certo modo e non riescono a pensare di non essere realmente loro stesse. Mentre ce ne sono altre che si rendono conto di quello che gli altri vogliono che diventino e soffrono per una libertà realmente non concessa.


Milano, Lunedì 18 Febbraio


Erano state ventiquattr'ore estremamente frenetiche. Conferenze, interviste, messaggi, chiamate. Tra l'altro, con Michael ero riuscito a parlare per a malapena soli cinque minuti. Mi aveva chiamato in mattinata e sembrava felice, ma nulla più. Non ascoltavo neppure più quello che mi diceva riguardante il Festival. Aspettavo in ansia che mi dicesse che tra poche ore sarebbe tornato qui e che saremmo stato l'uno nelle braccia dell'altro, ma niente. Eppure, per quello che sapevo io e da quello che dicevano i giornali, aveva finalmente un mese e poco più di riposo. E mentirei se dicessi di non aver pensato di ritrovarmelo davanti improvvisamente una volta aperta la porta. Fu l'ennesimo colpo al cuore, che si stava ormai ammaccando ed accartocciando più e più volte ad ogni sofferenza.
Ma a quei pensieri, mi bloccai. Andai subito nel mio studio trattenendo il respiro. Richiusi la mano intorno a quella maniglia gelida, abbassandola con un colpo secco, ma tutto ciò che vi trovai dietro fu un freddo ancora più gelido. Tutto era freddo per il semplice fatto che lui non era lì a riscaldarmi. Mi avvicinai lentamente al pianoforte. Lo sfiorai coi polpastrelli e riprovai nuovamente quella fastidiosa sensazione pungente. Poco più di due anni prima ci avevamo fatto l'amore. Era Natale. Eravamo a Roma, quando effettivamente la maggior parte delle cose andavano bene. Mi sedetti quasi automaticamente su quello sgabello in pelle nera ed andai a toccare tasti, anch'essi freddi ed impolverati.

Non è poi per sempre
Voglio vivere ogni istante
Eri tu.
Lui... non è speciale
Almeno so fingere bene
Ero io.

Mi venne naturale cantare quella canzone. Era quella che rispecchiava meglio ciò che provavo e ciò che avevo provato in un determinato periodo. E soprattutto, potevo esprimermi e cantarla nel modo che più mi rappresentava. Senza né paura né camuffamenti. Però, se ci andavo a pensare attentamente, con sincerità, non potevo non capire che tutta la canzone era una farsa, un camuffamento. Tutto lo era. La nostra storia. Le nostre bugie. Tutto. E niente si salvava, se non forse l'amore.

E soffia il vento di levante
E gli alberi si svestono
Piegandosi un po'.
E fumo 20 sigarette
Guardandoti su foto che io
non scorderò.

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