2009 pt.3

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Milano, Domenica 4 Ottobre 2009

Non mi svegliavo così felice da così tanto tempo, ormai. Da quando me ne ero andato di casa le cose erano precipitate: mi ero lasciato andare all'alcol ed al fumo, il mio compleanno lo passai in solitudine, visto la partenza di Cristie durante le vacanze di Natale e non ricevetti neanche una telefonata dai miei genitori, non riuscivo a dormire spesso ed avevo iniziato a perdere, velocemente, peso.

Poi, però, ero riuscito ad entrare ad X Factor, ed a darmi una piccola spinta verso il mio sogno. Cominciai a non sentirmi più poi così inutile, ed a pensare di poter fare qualcosa di buono nella mia vita. In tutto quello che facevo, tuttavia, c'era sempre una parte di Michael ed il desiderio di rivederlo. È per questo che non esageravo mai, dicendo che lui era stata la mia salvezza.

Passò anche quella mattinata di prove e volevo dare il meglio di me in quella esibizione, sapendo che Mika sarebbe stato lì, dietro le quinte, a vedermi all'opera. Così, decisi che sarei andato ancora a provare, dopo la seconda lezione.

Aspettai che arrivasse, alla finestra, e approfittai dell'attesa per accendere una sigaretta, che cominciò, dopo pochi tiri, a rilassarmi. Ripensare alla mia vita, pochi mesi prima, ed alla mia vita in quel momento, mi fece un certo effetto. Era strano. Ero felice. Tuttavia, i miei genitori mi mancavano terribilmente, e sapevo che non mi accettavano per quello che ero, ma alla fine erano sempre i miei genitori, no?

Fumare mi aiutava a sfogarmi e la prova fu quando sentii il labbro inferiore tremolare e gli occhi riempirsi, lentamente, di lacrime. Era dannatamente difficile. Avevo paura di ritrovarmi, nuovamente, tremendamente solo e di risentirmi una nullità, appena uscito da lì. E Michael? Probabilmente, non l'avrei mai più rivisto e la cosa mi dava un peso al petto indescrivibile.

"Cigarette?" Sentii la sua voce alle mie spalle, facendomi sussultare e mi affrettai ad asciugare le lacrime.

"Mika, sei in anticipo." Mi girai, guardando l'orologio, per non guardarlo negli occhi. "Come stai?" Gli domandai.

"Fine. But, Marco, what's wrong?" Mi chiese, chinandosi per guardarmi meglio.

"Niente, sto bene. Vado un attimo a prendere una cosa ed iniziamo, okay?" Dissi, sbrigativo, dirigendomi verso il bagno, lasciandolo lì.

Non potevo farmi vedere così da lui. Non potevo permettermelo.

Mi diedi una veloce sciacquata al viso, e mi guardai allo specchio, timoroso. Ce la puoi fare, Marco. Continuai a ripetermelo, per, poi, prendere un respiro profondo e tornare da Mika, che trovai, poco dopo, su quello che, ormai, per me, era diventato il nostro divanetto.

"Iniziamo?" Dissi, facendo un sorriso sincero, causato dalla visione più bella che qualcuno avrebbe mai potuto avere.

"Are you okay?" Mi chiese con aria preoccupata, alzandosi di scatto.

"Certo." Mi sedetti, seguito da lui.

"Are you sure?" Insistette.

"Mai stato più sicuro. Allora, oggi possiamo fare il passato ed il trapassato prossimo, che dici? Poi ti posso insegnare qualche vocabolo." Cominciai a sfogliare il libro del giorno prima, sotto gli occhi di un Mika più silenzioso del solito.

Portò, improvvisamente, la sua mano sulla mia, facendo andare a fuoco le mie guance.

"Dimmi cosa hai, please."

"Vedo che hai ripassato il verbo avere." Sviai la domanda, tornando a girare le pagine.

"Marco, stop it! Please, raccontame." Lo guardai negli occhi, e lì fu la fine, per me.

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