2010 pt.1

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Roma, Venerdì 1 Gennaio 2010


Io e Michael non eravamo più riusciti a vederci, per una settimana, purtroppo, ma riuscimmo a sentirci per telefono un paio di volte. Non riuscivo a capire, tuttavia, cosa fossimo, veramente. Una coppia? No. Solo amici? Neanche. Non capivo più niente, eppure, averlo baciato doveva significare pur qualcosa, no?
Quando mi parlava era affettuoso con me e sentirlo in quel modo mi faceva, sempre, esplodere di gioia.
Non eravamo riusciti a vederci, neanche, per la sera di Capodanno. Giustamente, doveva passarla insieme alla sua famiglia. Io, però, non mi sentii poi così male. Ero felice, sapendo che l'avrei rivisto e mi sentivo più sereno e, nonostante, mi dispiacesse non passarla con i miei genitori e Cristie, stavo bene. Ero riuscito a non bere molto quella sera ed a limitare ad un solo pacchetto da dieci il mio consumo di sigarette.

Mentre mi rilassavo sul divano, sentii la vibrazione e la suoneria del cellulare, proveniente dalla cucina e mi precipitai a rispondere, senza neanche guardare il numero, sperando che fosse lui.
"Pronto?"
"Auguri!" Urlò, euforico, dall'altro capo del telefono.
Risentire la sua voce mi provocava, ogni santa volta, quel piacevole brivido lungo la schiena.
"Grazie, anche a te." Dissi, a mia volta, ridendo. "Come stai?"
"Fine! Te?"
"Bene, grazie. Com'è andata ieri sera?"
"Benisimo, but, tu mancato me." Sentii il battito del mio cuore accelerare, ancora una volta, sentendolo pronunciare quelle parole.
"Anche tu, Michael." Lo sentii ridere.
"I know it... tu cosa hai fatto?" Sorrisi, sentendo la sua prima frase corretta.
"Niente, sono stato a casa."
"Alone?" Mi chiese, con un leggero velo di tristezza nella sua voce.
"Oh, no, con un'amica..." Mentii, vago.
"Amica?" Ripeté con tono strano.
Era geloso? Oh, Santo Cielo.
"Già." Mi fermai, indeciso se continuare, mordendomi il labbro inferiore e fargli la domanda che tanto mi tormentava, in quel momento. "Hai intenzione di venire?" Gli chiesi, dopo un po', velocemente, senza pensarci più.
Lo sentii ridere dall'altra parte e cominciare a parlare a macchinetta in inglese, confondendomi.
"Cosa?" Chiesi, divertito, una volta che ebbe finito.
"I don't know." Rispose, semplicemente.
Sentii suonare il campanello, subito dopo, e, sorpreso, mi diressi verso la porta.
"Aspetta un attimino, per favore."
"Sure."
Quando andai ad aprire, me lo ritrovai davanti, in tutto il suo splendore, con un pantalone bianco ed una camicia rosso fuoco, mentre mi mostrava i suoi dentoni e le sue fossette, per, poi, chiudere il telefono.
Lo osservai, ancora per un po', imbambolato, trattenendo il respiro e tenendo il mio cellulare a mezz'aria, incredulo dalla visione, che stava davanti ai miei occhi.
"Hola!" Disse nel modo più normale possibile.
"C-ciao." Balbettai, paralizzato.
"Posso...?" Indicò l'interno della casa, a chiedere permesso.
"C-certo, scusami." Mi spostai per farlo entrare.
Mi guardò, sempre, con il sorriso sulle labbra, prendendo la mia mano, per abbassare il telefono. Quel suo tocco, quel contatto... mi fece sussultare e tornare, beatamente, alla realtà.
Gettai, improvvisamente, le mie braccia al suo collo e sentii le sue, a loro volta, avvolgere il mio corpo.
Affondò il suo viso nell'incavo del mio collo, lasciandoci una piccola scia di dolci baci. Sentire il calore delle sue labbra, mi fece cominciare a respirare affannosamente. Quel contatto era qualcosa di così innocente, ma anche qualcosa di così, dannatamente, provocante. Affondai le mie dita fra i suoi capelli, morbidi come il cotone e lisci come la seta. Lo sentii sospirare sul mio collo, sostituendo il calore precedente, ad un fresco, che a contatto con la mia pelle umida, mi portò a spostare, lentamente, la testa, ancora di più, di lato, scombussolato, come invito a continuare quello che stava facendo.
Con leggero affanno, si staccò da me, per, poi, guardarmi intensamente negli occhi. Erano fottutamente perfetti, diamine! Grandi come quelli di un bambino, attraenti come ogni singola parte del suo corpo, espressivi come solo lui poteva averli. Sfumati tra il marrone ed il verde, come un mare in tempesta, dove io, naufrago, mi perdevo, ogni volta, guardandoli. Rimanevo incantato ed incatenato ad essi e non me ne volevo mai staccare.
"Cosa stava facendo?" Ruppe il silenzio, con la sua pronuncia, che riusciva a stringermi il cuore, per la sua tenerezza.
"Niente di che." Dissi, sorridendo.
"Tu fa sempre niente! Tu così pigro!" Mi prese in giro.
"Io pigro?" Feci il finto offeso.
"Yeah! You're too lazy, Marco." Continuò, col suo meraviglioso sorriso sulle labbra, che tanto avevo voglia di baciare.
"Ah, sì?" Avanzai, prontamente, verso di lui, che cominciò ad indietreggiare, divertito.
"Yes." Accentuò ed allungò la esse, mostrandomi i suoi adorabili incisivi.
Mi avvicinai il più possibile a lui, facendo sbattere le sue gambe, contro il divano, che si spostò leggermente. Lo guardai negli occhi, divertito dall'espressione, tra il sorpreso ed il terrorizzato, che aveva assunto il suo viso. Sembrò confuso per un po', fino a quando allungai il mio viso verso il suo, soffiando sulle sue labbra, così carnose e così piccole, in quel momento. Si sporse verso di me, ma mi allontanai, prontamente. Volevo farlo penare per quello che aveva detto. Volevo giocare. Mi tratteni dal ridere quando lo vidi cambiare, ancora, espressione. Sembrava un bambino, al quale avevano appena levato la caramella. Tentò ancora di unire le sue labbra alle mie, ma girai il viso, velocemente, dall'altra parte. Quando mi rigirai, sorrisi, sadico, vedendo la sua faccia, leggermente, indispettita.
Ero consapevole del fatto che neanche io sarei riuscito a resistere per molto, ma volevo vedere ogni sua singola reazione e... dovetti ammettere che mi stavo divertendo da impazzire!
Improvvisamente, vidi la sua mano allungarsi ed afferrare, con una certa violenza, il colletto della mia maglietta e tirarmi a sé, abbassandosi, leggermente, ed unire, ancora una volta, le nostre labbra. Inizialmente, quel bacio mi sembrò possedere qualcosa oltre la passione, perfino un po' di rabbia. Cercai di ricambiare con la stessa velocità con cui si muoveva sulla mia bocca, facendomi mancare il respiro. Portò le sue mani sulle mie guance, a rendere, ancora più, intimo quel contatto. Sembrava non volermi far andare via e la cosa cominciava a piacermi, nonostante stessi per morire soffocato. Si buttò all'indietro sul divano, trascinandomi con sé, senza mai staccarsi. Che cosa sta facendo? Sentii il suo corpo muoversi sopra di me, dopo che ebbe ribaltato le posizioni, improvvisamente, quasi volontariamente, a volermi provocare e ripagarmi con la stessa moneta: facendomi impazzire. Sentii, pian piano, l'eccitazione salire in me. Cercai di muovermi il meno possibile sotto di lui, tentando di limitare i contatti fra i nostri bacini, ma, nonostante i miei tentativi, continuava a provocarmi. Così, lo trascinai, a mia volta, senza staccarmi a terra facendo sì che fosse lui a trovarsi sotto di me. Continuò, tuttavia, il suo gioco facendomi sentire i pantaloni diventare, man a mano, troppo stretti. Riuscì comunque a ribaltare nuovamente la situazione. Posi fine al contatto fra le nostre labbra e affannati ci cominciammo a fissare negli occhi. Probabilmente, se non si fosse fermato sarei venuto, inesorabilmente, nei miei pantaloni. Nei suoi occhi riuscii a vedere un gran pizzico di desiderio, che mi fece partire, completamente, per la tangente.
"Non mi piacciano certi giochetti." Disse, cercando di riprendere fiato e distendendosi su di me.
"Neanche a me." Mi avvicinai al suo collo, cominciando a torturarlo, mordicchiandolo e baciandolo. Sentirlo sospirare, ogni volta che entravamo in contatto, mi diede un senso di onnipotenza assurda.
"M-Marco..." Balbettò.
"Mh...?" Farfugliai, non avendo la minima intenzione di staccarmi.
"Io non sa fino a quanto resisterà."
Alzai la testa per guardarlo e solo in quel momento mi resi conto di quello che stavo facendo e di come mi stessi comportando. Mi alzai, di scatto, col busto imbarazzato sentendo le mie guance diventare come il fuoco. Riuscii, però a sentire ed anche a vedere la sua eccitazione. Non sapevo se essere più imbarazzato o più soddisfatto, sinceramente. Quando mi alzai, lo aiutai a mettersi in piedi.
"Puedo andar al bagno?" Mi chiese rosso anche lui in viso.
"C-certo."

Nonostante, i minuti passassero, Michael non era uscito, ancora, dal bagno e cominciai, leggermente, a preoccuparmi. Così, decisi di andare a chiamarlo, dopo essermi calmato.
"M-Michael," Diedi due colpetti alla porta. "tutto bene?" Domandai.
"Sure, or-ra esca." Sentii la sua voce, ancora più, stranamente, affannata, di prima.
Tornai in salotto e, dopo aver risistemato il divano, mi sedetti ad aspettarlo, per ancora, circa, cinque minuti.
Sentii le sue labbra posarsi, nuovamente, sul mio collo.
"Scusame." Sussurrò al mio orecchio. Sta utilizzando un tono sensuale o sbaglio? Oh, cazzo.
"T-tranquillo." Aveva una gran maledetta abilità nel mandarmi in pappa il cervello, quel ragazzo! "Quanto ti fermi?"
"Four days." Rispose, sedendosi accanto a me.
"Hai un posto dove stare?" Mosse la testa, per rispondere di sì. "Ah, e... e non t-ti va di stare, s-sì, insomma..." Mi azzittì, posando le sue labbra sulle mie.
"Yes." Disse, beando la mia guancia del suo tocco, dopo essersi staccato.
"Vuoi mangiare qualcosa?" Gli chiesi, poco dopo, guardando l'orologio.
"Yeah!" Esclamò, con espressione bambina. "Dimmi cosa ha, io cucina!" Sorrisi, per tanta dolcezza.
"Mh. Vediamo." Mi alzai, per andare a vedere cosa ci fosse da cucinare. Rimasi deluso ed imbarazzato, non avendo niente da mangiare. "I-io... scusa, Mika, ma non ho niente."
"Marco, perché tu non mangi?" Mi chiese, con aria preoccupata.
"Mangio, invece! Proprio per questo non ho niente!" Mentii.
"Are you sure?" Chiese, dubbioso.
"Non sure, surissimo!" Lo presi in giro.
Vedendolo sorridere, mi riuscii a rilassare.
"Non prenderme in giro!" Mi diede una botta sulla spalla, ridacchiando.
Sì, stavo una meraviglia insieme a lui: puro come un bambino, ma, allo stesso tempo, maturo come un uomo adulto doveva essere.

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