Roma, Mercoledì 13 Giugno 2012
In quei giorni, Michael era estremamente nervoso. Riuscivo a sentire quella sua angoscia per telefono. Aveva paura che il nuovo e primo singolo di quell'anno, che avrebbe di fatto anticipato l'album, in uscita a metà Settembre, sarebbe potuto non piacere. La collaborazione, però, con Pharrell Williams, secondo me, era anche una carta a suo favore. E poi, 'Celebrate' me l'aveva fatta ascoltare in un demo, ed era pazzesca. Mi meravigliai, ancora di più, rendendomi conto del lavoro che era riuscito a fare in quelle poche settimane. Era come se fosse riuscito ad esplodere completamente. Tutta quella creatività, che era stata dolorosamente ed ingiustamente repressa, ce l'aveva fatta finalmente ad uscire facendolo esprimere, e nel migliore dei modi, direi.
Tuttavia, non potevo nascondere affatto la mia preoccupazione nei suoi confronti. Non doveva sentire così tanto stress, o avrebbe rischiato di ammalarsi di nuovo, e non volevo. Non poteva. Purtroppo, ci eravamo dovuti separare molto presto. Sette giorni, seppure fantastici, erano davvero pochi per me, per noi. Vero, sarei potuto andare con lui a Londra e Los Angeles, o comunque dove avrebbe dovuto registrare, visto il mio periodo di vacanza 'post-tour', ma, come detto, non volevo assolutamente essergli ancora di intralcio e, nonostante lui avesse cercato di convincermi in tutti i modi possibili ed inimmaginabili, alla fine, trovandomi con le spalle al muro, ero stato costretto a dirgli che anche io dovevo tornare a lavorare e che avevo una serie di interviste da fare, cose in parte vere, però. Perché, in fondo, il lavoro consisteva inizialmente solo nella scrittura e nella composizione delle canzoni, ed avrei potuto farlo in qualsiasi parte del mondo, ma era riuscito ad essere comprensivo ed a capirmi. Per quanto riguarda le interviste, non ne avevo poi così tante, ma doveva concentrarsi assolutamente. E per quanto fosse difficile e dura, era un mio dovere lasciargli i suoi spazi.
Inoltre, mi aveva detto che aveva già un paio di idee che gli piacevano per il video, ma non aveva voluto dirmi esattamente in cosa consistessero. "Volio farte rimanere a boca aperta!" Sentendolo parlare, per un attimo, in modo talmente eccitato e sereno, non potei fare a meno di ridere intenerito da quel suo lato, così voglioso di stupire tutti quanti. Ma alla fine, sarebbe riuscito a farlo sempre e comunque, per il semplicemente motivo che, cazzo, era Mika! Però, quando glielo dicevo, mi rispondeva con un secco "Appunto.", e lì mi incazzavo come poche volte ero riuscito a fare. Un testone ed un idiota, ecco cosa era.
Per giunta, mi continuava a domandare se stessi bene o meno, ed io, ovviamente, non potevo dirgli altro se non che, anche se mi mancava, stavo benissimo di salute, nonostante sapessi altrettanto bene che non fosse la pura verità. E forse, mi rendevo conto che anche lui, allora, mi aveva potuto mentire negli altri giorni in cui eravamo stati costretti a separarci. Il sol pensiero mi faceva venire la pelle d'oca e salire una tale angoscia, che riuscivo a sentire lungo tutta la mia spina dorsale. La notte non riuscivo a dormire molto per paura di quei pochi attacchi, anche se lievi, rispetto ai precedenti, che potevo avere. Se ero sveglio, capivo quando ne avrei potuto avere uno, così mi affrettavo a prendere i farmaci che mi aveva dato il medico. Ma, di fatto, senza preavviso, come avrei fatto a superarne uno tutto da solo? Non lo avevo mai fatto. Non volevo e non potevo farlo. Non volevo neanche chiamare Cris, che probabilmente, da brava amica, avrebbe raccontato tutto a quel poveretto di Michael, e non potevo assolutamente permetterle una cosa del genere. Non in quel momento così delicato per lui, almeno.
Quella notte, però, ero riuscito, nella mia buona stupidità, a crollare totalmente sul letto. Non avrei dovuto farlo, anche perché mi risvegliai tutto sudato ed in preda agli spasmi, mentre il mio respiro si faceva, man a mano, sempre più accelerato ed affannato, e quando non sentii il profumo ed il calore del corpo di Michael, mi gettai ulteriormente nel panico. Non c'erano le sue braccia a stringermi ed a controllarmi, mentre continuavo a disfare involontariamente le lenzuola del letto. Mi aggrappai al cuscino cercando di far tornare, in un qualche modo, il mio battito regolare, sperando di sentirlo improvvisamente e magicamente al mio fianco. Invece, niente. Non c'erano neanche le sue mani sulle mie guance, mentre cercavano ossessivamente di fare incontrare i miei occhi con i suoi, angelici e tranquillizzanti, quanto le pasticche, se non di più. Non c'erano nemmeno le sue labbra, che si posavano delicatamente sulla mia fronte imperlata di sudore, più e più volte. In un piccolo frammento di lucidità, cercai di allungarmi inutilmente verso il comodino, per prendere quella maledettissima scatolina, l'unica cosa che mi avrebbe potuto aiutare, in quel doloroso momento. Tuttavia, una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come se qualcuno lo stesse tirando e rigirando, fin troppo violentemente, mi invase facendomi rannicchiare e piegare nuovamente su me stesso. Sentii un doloroso peso al petto opprimermi ed una fastidiosa sensazione alla gola, come se qualcuno si stesse divertendo con una lama al suo interno. Chiusi gli occhi cercando di pensare ad altro e distogliermi da quella tortura, stringendo forte fra le mani la coperta e fra le braccia quel cuscino, che tanto avrei desiderato fosse Michael. Non avrei saputo dire come o perché, ma nella mia testa, che continuava ad essere tartassata da un male troppo forte, balenò l'idea di mordere altrettanto forte qualche cosa, che fosse più vicina a me. E così feci. Serrai fra i denti la stoffa di qualcosa, che non riuscivo ad identificare. Quando una fitta più dolorosa delle altre mi colpì alla testa, non potei fare a meno di cacciare un urlo di dolore. Non riuscii a rendermi conto, in un primo momento, delle lacrime che si facevano spazio sul mio viso. Lo feci soltanto quando il mio corpo iniziò ad essere scosso anche dai singhiozzi.
Avrei voluto potermi alzare, prendere quelle medicine, oppure il telefono e chiamare qualcuno, magari non Mika, non Cris, ma qualcuno. Marta. Presi un altro respiro profondo cercando di allungare il braccio nuovamente verso il comodino, ma niente. Per quanto mi sforzassi, risultava tutto totalmente inutile. Non avevo mai vissuto quel momento da solo, per il semplice motivo che ogni volta che cominciavo a sentire freddo ed a sudare, prendevo automaticamente quelle pasticche, che riuscivano a farmi effetto quasi subito. Feci un ultimo tentativo sollevandomi appena e dando un calcio dove si trovavano, facendole cadere a terra. Un altro urlo strozzato uscì dalle mie labbra, quando andai a sbattere bruscamente contro quel pezzo di legno. Quando le vidi più vicine a me, ai piedi del letto, ai quali non capivo neanche come fossi riuscito ad arrivare, la mia mente completamente offuscata, elaborò la stupida idea di allungarmi ancora una volta, ma automaticamente persi l'equilibrio cadendo accanto a loro. Serrai le labbra cercando di trattenere un altro urlo, con forza che neanche credevo di aver usato, sentendo poco dopo quel fastidioso odore e sapore ferreo invadere la mia bocca. Senza pensarci più di tanto, mentre le mie mani continuavano a tremare, in modo maldestro mi affrettai a prenderne due. Secche e taglienti scesero lungo la mia gola dandomi la sensazione di star sanguinando anche dentro, ma non potei non tirare un sospiro di sollievo poggiando il viso sul pavimento freddo e sentendo, non molto tempo dopo, il mio respiro ed il mio battito farsi, man a mano, sempre più regolari.
Lunedì, 30 Luglio
Le cose andavano bene, molto bene. Gli attacchi stavano diventando, piano piano, sempre meno frequenti, anche se, avevo evitato di raccontare a Mika ciò che era successo poco più di un mese prima, perché, per fortuna sembrava finalmente essere in salute, e non volevo rovinare assolutamente niente. Alla fine, me l'ero cavata. Il singolo era riuscito ad avere un certo successo, ed io non potevo che essere fiero e felice per lui. Era più sereno, ma sapevo che sarebbe durata per poco, purtroppo, perché, nel giro di poco più di un mese, sarebbe stata la volta dell'album vero e proprio. Ma, in cuor mio, speravo vivamente che riuscisse a controllare questo suo nervosismo e tutta l'ansia che, anche inutilmente e da solo, riusciva a mettersi addosso.
"Deve ripartire para finire registrazione e montagio del video de 'Celebrate', e per alcune interviews, ma torna presto." Disse accarezzandomi dolcemente la guancia, mentre se ne stava sdraiato sul divano con la testa sulle mie gambe.
Sapevo che il video sarebbe stato reso pubblico il dieci Agosto, quindi aveva non poco tempo a disposizione e, comunque, sapevo anche che lo avrei riavuto lì al mio fianco quasi subito.
"Okay." Sussurrai passandogli una mano fra i capelli, che aveva tagliato di nuovo. "Perché continui a tagliarteli..." Affermai contrariato chinandomi sulla sua bocca, bramando di rimpossessarmi di essa.
Poggiò nuovamente le sue labbra sulle mie beandole di quel meraviglioso contatto, ignorando, però, completamente le mie parole. Gliele leccai lentamente, come a chiedergli permesso di intrufolarmi dentro di lui, e diventare, ancora una volta, una cosa sola. Quando mi diede il via libera, fu come se le mie papille gustative fossero andate incontro al sapore più dolce a cui potessero essere mai state sottoposte. Intrecciai le mie dita ancora fra i suoi riccioli troppo corti facendolo sospirare appena. Quando sentii la sua mano andarmi ad accarezzare delicatamente il collo, fui travolto da una piacevole scossa.
"Vorei poter uscire con te e baciarte davanti a tuti quanti, urlare a mondo intero che io ti amo, Marco." Affermò leggermente affannato prendendomi per mano e passandosi nervosamente la lingua sul labbro inferiore per, poi, mordicchiarselo.
"Potremmo farlo." Dissi facendogli alzare la testa di scatto, mostrandomi i suoi occhi timorosi e fin troppo dubbiosi da quella mia affermazione. "No?" Ritentai incerto accarezzandogli dolcemente il dorso con il pollice.
"Io no posso." Rispose in un soffio quasi impercettibile riabbassando lo sguardo e lasciando la mia presa, ponendo fine a quel contatto così delicato.
"Non c'è niente di male nell'amare qualcuno." Ripetei le parole che Cris mi aveva ripetuto qualche mese prima, quando le cose ancora non andavano poi così bene. Credevo in quelle parole. Erano la pura verità. Lo sentii mugugnare qualcosa sistemandosi meglio sul divano. "Tu credi ci sia qualcosa di sbagliato, Michael?" Gli chiesi titubante ed impaurito da qualsiasi sua risposta.
"N-no... I don't know, but, sta per uscire mio disco a-and..." Si bloccò vedendo probabilmente l'espressione che aveva assunto mio volto. Mi sentivo ferito e profondamente deluso. Erano tutte scuse, io lo sapevo. Erano scuse proprio come qualche anno prima. "M-Marco, io..."
"Mika, io non voglio costringerti a fare niente, però, per favore, non venire allora a dirmi cavolate del tipo 'vorrei baciarti davanti a tutti', perché non ti credo." Affermai semplicemente cercando di alzarmi ed allontanarmi per un po' da lui, ma mi afferrò per il braccio facendomi ricadere al suo fianco.
"No deve dire queste cose. No sono cavolate. Io vorei farlo per davero." La sua voce era talmente dispiaciuta e malinconica che non riuscii a non tornare a guardarlo, vedendo i suoi occhi così sinceri, ma sempre così intimoriti.
"Ed io ti ripeto, che c'è solo un modo." L'amarezza di quella frase sapevo bene che effetto avrebbe avuto su entrambi. Si incazza.
"But, I can't!" Quasi urlò improvvisamente facendomi sussultare appena. Appunto. "No ancora." Farfugliò in modo quasi incomprensibile, tanto che mi convinsi del fatto che fosse stato un brutto gioco della mia mente contorta, o che comunque intendesse dire qualcos'altro.
"Non venirmi a dire queste cazzate, per favore." Mi rialzai per evitare di evolvere quella discussione in una dolorosa ed assurda litigata.
Ma perché doveva sempre rovinare ogni momento insieme? Era un vizio, Cristo! Era uno dei suoi innumerevoli talenti, o forse lo faceva di proposito. Ma comunque, doveva smetterla di coltivare questa sua inutile capacità.
Non volevo discutere con lui. Avrei solo voluto che non dicesse cose che sapeva avrebbero potuto tramutare quell'attimo così dolce, in qualcosa di estremamente acido. A me piaceva come avevamo instaurato la nostra relazione, ma il fatto di non poterci vedere tutte le volte che volevamo, ovunque volessimo andare, mi lasciava un po' così, insomma. Tuttavia, non gli avevo più chiesto di darci una vera libertà e non capivo perché avesse dovuto ricordarmi che non potevamo averla. Che poi, neanche quello era vero. Lui non voleva averla, perché, alla fine, cosa sarebbe potuto accadere? Calo nelle vendite? Forse, ma credo nei miei e nei suoi fan. E, poi, entrambi facciamo musica perché ci piace, non per altro. Insulti? Questa è la società odierna, ridicolamente arcaica. Ma, di fatto, quale sarebbe il problema? Io avevo lui e lui aveva me. Non basta questo? Evidentemente, no.
Tu pensi solo al tuo lavoro, mi sembra che continui a fare lo stesso discorso
E invece ti costruirò un muro, perché non provi a immaginare un finale diverso.
Ecco, quelle erano le parole che mi vennero in mente, in quel momento. Le avevo scritte tempo prima, così, ripensando a ciò che avevamo passato la prima volta che avevamo parlato di quell'argomento. Lui non riusciva ad immaginare un finale diverso dalla 'fine della sua carriera'. Ma sapevo che fosse giusto che pensasse prima di tutto a sé stesso, prima che a noi. Lo sapevo bene, ma mi faceva ugualmente male. Uscii di casa nel tentativo di distrarmi e prendere una boccata d'aria, ma, visto il periodo in cui eravamo, risultò del tutto inutile. Roma d'estate era qualcosa di insostenibile, ma c'era anche di peggio purtroppo. Sfilai velocemente dalla tasca dei pantaloni un accendino, e dall'altra un pacchetto di sigarette, ancora non aperto, che tenevo lì da non poco tempo. Sapevo che Michael non sarebbe sceso, anche se saremmo stati sul retro isolati da tutti. Non sapevo neanche se fosse a conoscenza o meno di quel posto. Ma, in ogni caso, non avrebbe potuto, quindi ero abbastanza tranquillo. Era già stato e continuava ad essere difficile tentare di smettere di bere, almeno potevo abbandonarmi, ogni tanto, al fumo, di cui comunque avevo nettamente diminuito il consumo.
Non mi dava tanto fastidio il fatto che Michael non volesse dire di noi alla gente, anzi, riuscivo a capirlo. Era il modo in cui lo diceva. Sembrava che per lui stessimo facendo qualcosa di sbagliato, che noi fossimo sbagliati, e la cosa non mi piaceva affatto. Ci avevo messo anni ad accettarmi da quel lato e lui non poteva essere proprio il primo a ributtarmi giù da quella, più che giusta, convinzione. Ma sul serio, è così sbagliato amarti? Perché, poi? Perché siamo Mika e Marco Mengoni, oppure perché siamo noi? Arrivati a quel punto, non capivo se effettivamente quel suo comportamento fosse dovuto al fatto che non fossimo due uomini sconosciuti, o proprio al fatto che andassimo contro ciò a cui la società ci aveva abituato. Forse, aveva paura e non riuscivo a comprenderlo. Tuttavia, non eravamo gli unici, e mai lo saremmo stati. E poi, saremmo stati anche l'uno al fianco dell'altro. Io non lo avrei mai lasciato solo.
Sentii la vibrazione del cellulare da una delle tasche e mi affrettai a prenderlo, nel caso fosse stata una cosa importante, ma quando vidi il suo nome sul display, lo guardai, per un attimo, interdetto e confuso, ma, poi, feci un piccolo sorriso e lessi il messaggio che mi aveva inviato. "Io credeva che aveva smeso de fumare"? Spalancai gli occhi quasi terrorizzato e sussultai sentendo delle braccia avvolgere il mio corpo e delle labbra posarsi delicatamente sul mio collo.
"Tu doveva smetere, Marco." Sussurrò dolcemente cercando il mio sguardo.
"N-non dovresti essere qui, potrebbero vederti." Dissi preoccupato continuando a scappare ai suoi occhi.
"Sono belo coperto." Affermò e non potei fare a meno di portare i miei occhi di scatto su di lui, a guardarlo. Non riuscii neanche a trattenere una piccola risata vedendolo conciato in quel modo: un cappello di lana, una giacca ed una sciarpa. A luglio?! "Che ci è?" Chiese divertito e, forse, anche un po' indispettito da quella mia reazione.
"Non senti caldo?" Domandai, a mia volta, posando una mano sulla sua guancia, osservandolo incantato. È così dannatamente perfetto.
"Un po', ma voleva vedere se stava bene." Rispose premuroso sorridendomi. Ah... Cristo.
"Scusami." Dissi semplicemente guardandolo dispiaciuto accarezzandogli le labbra con un dito.
"Scusame tu, amore. Io no vuole che tu pensa che io me vergogna de amarte, perché no è vero. Io sono fiero di amare te e di tuto quelo che abiamo fato insieme. But, io ha paura de metterme in una situazione più grande de me, de noi. Io ha paura che questa cosa ci può separare per sempre." Mi spiegò passando dolcemente le sue mani sul mio corpo, facendomi venire, ancora una volta, i brividi.
"Niente ci separerà, Michael. Dovresti saperlo." Mi girai verso di lui per guardare meglio quei suoi occhi, che avevano assunto un meraviglioso color cioccolato al latte.
"Yes, but... dame tempo." Quasi mi pregò prendendomi per i fianchi ed osservandomi attentamente.
"Io non voglio costringerti a fare niente. Se non vuoi farlo, non devi farlo. A me basta stare con te." Dissi avvicinandomi alle sue labbra, incontrandole finalmente a metà strada in un piccolo contatto, quasi impercettibile. "Ti amo." Sussurrai vedendolo sorridere ancora con quei suoi due dentoni e quelle adorabili fossette, una più accentuata dell'altra per, poi, riunirle magicamente.
Va bene così.
Domenica, 5 Agosto
Michael sarebbe tornato di lì a poche ore, se non in un'ora, forse. Beh, fatto sta che non vedo l'ora. Mi aveva chiamato mentre stavo da Cris. Il suo aereo era appena atterrato, e non stavo più nella pelle. Non era che non lo vedessi da chi sa quanto, al massimo tre giorni, ma rivederlo era sempre così meraviglioso. Avevo bisogno di averlo a pochi centimetri da me, sentire la sua voce melodiosa, la sua risata incantevole e toccare finalmente il suo corpo perfetto.
Tornando a piedi da casa di Cristie cercai di rimanere il più inosservato possibile. Tanto le nostre case erano abbastanza vicine, ma girando e vagando con gli occhi, non riuscii a non notare il bel faccino del mio ragazzo in prima pagina su più di un giornale. Così, curioso mi avvicinai a quell'edicola cercando di capire di cosa si trattasse. Tuttavia, quando lessi le parole che erano state scritte, il mio cuore si fermò automaticamente ed incominciò, subito dopo, a battere sempre più velocemente. Ogni mia capacità di pensiero e di respirazione andarono, man a mano, scomparendo.
"Il cantante anglo-libanese, Mika, esce allo scoperto: 'sono gay'.","Mika fa coming-out."Deglutii a vuoto afferrando uno di quei pezzi di carta tra mani, a dir poco, tremanti. Non può averlo fatto sul serio. Non me ne aveva neanche parlato, eppure l'avevo sentito per telefono neanche un'ora prima. Dio, no. Ero sicuro che l'avesse fatto principalmente per convincere me, ma se lui non voleva?! Non poteva essersi sentito costretto a fare una cosa del genere. Così, presi rapidamente il cellulare, per chiamarlo e capirne di più. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette squilli... andiamo, Cristo! Sospirai scoraggiato ed esasperato sentendo l'avvio della segreteria telefonica. Niente. Non mi restava che aspettare il suo ritorno e parlargli.
Avevo finito, non molto tempo prima, di leggere le parole che aveva rilasciato solo il giorno precedente, e me ne stavo seduto sul divano a mordicchiarmi nervosamente le unghie ed a muovere velocemente la gamba cercando di controllarmi e concentrarmi su quello che avrei potuto dirgli o, comunque, su come avrei potuto chiedergli scusa. Aveva ragione: era una cosa più grande di lui e di noi. Mi era bastato sentire qualche stupido ed ingiusto commento di alcune persone che si affrettavano a comprare quei giornali. Non capivo affatto come fossi riuscito a controllarmi dal dargli un cazzotto in pieno volto. Ma alla fine, nella mia testa c'era una frase in particolare: "Questa è la mia vita reale." Ed era così vero. Non potei far a meno di fare un piccolo sorriso. Erano le stesse parole che aveva utilizzato qualche tempo prima, quando mi aveva detto che i suoi fan avrebbero potuto capirlo, anche senza doverlo dire pubblicamente.
Appena sentii delle chiavi entrare e girare nella serratura della porta, mi alzai di scatto per andargli subito incontro. Le posò distrattamente sul comodino e lasciò il suo zaino per terra per, poi, incontrare nuovamente i miei occhi. Mi rivolse uno dei suoi meravigliosi sorrisi, incorniciati dalle sue altrettanto meravigliose fossette, che mi davano, ogni volta, la sensazione di essere in Paradiso.
"M-Mik..." Tentai di iniziare a parlare, ma sentii le sue labbra posarsi immediatamente sulle mie e la sua lingua, senza preavviso, invadere la mia bocca incominciando ad esplorarla dolcemente. Intrecciai le mie mani dietro al suo collo, mentre lui teneva saldamente le sue alla mia vita. Un piacevole brivido mi travolse, quando le sentii iniziare un percorso lungo la mia schiena per, poi, scendere nuovamente ed infilarsi sotto la mia maglietta. Erano così lisce e dal tocco vellutato che non potei far a meno di fare un piccolo sospiro di piacere. Morsi delicatamente il suo labbro inferiore intrufolando, a mia volta, la mia lingua, per far sì che potesse anche lei godere del suo dolce sapore. "Sei completamente impazzito, Michael." Dissi affannato, una volta staccatomi, sulla sua bocca vedendolo sorridere lievemente.
"No," Soffiò per, poi, cercare di riprendere fiato. "io voleva farte capire che no crede sia sbagliato tuto questo, perché è la cosa miliore e più giusta che poteva fare in my life." Continuò accarezzandomi il petto con una mano, e con l'altra il busto.
"M-ma non volevo ti sentissi costretto." Affermai dispiaciuto passando i miei pollici sulle sue labbra.
"No lo ero, infati. Io doveva dirlo ai miei amici, Marco, and, sopratuto, a my family, okay?" Disse, a sua volta, deciso incatenando ulteriormente i suoi occhi magnetici ai miei. "Poso presentarti a mia family, finalmente, senza paura." Aggiunse sorridendomi dolcemente ed il mio cuore perse automaticamente l'ennesimo battito. C-cosa?! Cioè, io volevo conoscere la sua famiglia, ma... se non fossi piaciuto? Se avessi fatto o detto qualcosa di sbagliato, come al solito, d'altronde? Oh, no... "Amore, are you okay?" La voce angelica di Mika mi riportò alla realtà da quei pensieri, a dir poco, assillanti e preoccupanti. "Ehi," Mi scrollò appena per le spalle. "solo se tu te la sente, but, loro voliono conoscere te." Continuò per, poi, stringermi fra le sue braccia.
"V-va b-bene." Balbettai tentando di ricambiare l'abbraccio, ma ero ancora fin troppo scombussolato da quello che mi aveva appena detto. Merda.
"Noi due ancora no posiamo dire a tuti che stiamo insieme, perché io sa che anche tua cariera è in momento delicato, okay? Quando potremo, lo faremo. Te lo promete." Sussurrò al mio orecchio accarezzando la mia pelle dolcemente col suo respiro.
"Solo se vorrai." Sussurrai, a mia volta, stringendolo, ancora di più, e lasciandogli un bacio delicato sul collo. Il fatto che avesse detto a tutti di essere gay mi aveva spiazzato completamente, soprattutto dopo la piccola discussione che avevamo avuto. Eppure, avevo dubitato di lui credendo che si vergognasse di noi, e non potei non sentirmi un maledetto idiota. Sì, sei proprio un emerito idiota, Marco. Stava per uscire il suo nuovo album, stava per affrontare un nuovo tour, si era messo contro il sistema. E, solo in quel momento, mi resi conto di quello in cui l'avevo messo incontro. Aveva ragione: quella cosa avrebbe potuto danneggiare la sua intera carriera. Anni ed anni di lavoro spaccaschiena rovinati da me. Quella era diventata improvvisamente la mia paura più grande, perché, per quanto io cercassi di convincermi, sapevo che la società non poteva prendere alla leggera una cosa del genere. "Michael, amore, scusami." Farfugliai appena con voce quasi strozzata.
"Io doveva farlo da tempo, Marco. Andrà tuto bene, perché io ha te, lo so." Rispose semplicemente sciogliendo l'abbraccio e guardandomi attentamente negli occhi.
Sì, e non me ne sarei mai andato, però, nella mia testa cominciò a girare una sola domanda: avrei dovuto farlo anche io? Avremmo destato sospetti su di noi? Ma forse quella era l'ultima cosa. L'ostacolo più grande, probabilmente, erano Marta e tutti gli altri. Sospirai rassegnato gettandomi di nuovo fra le sue braccia esili, ma anche così protettive.
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Love Never Fails
Hayran Kurgu[MIKA & Marco Mengoni] Marco incontrò per la prima volta Mika, nel 2008, quando lavorava ancora nel bar di Frascati; molto prima di raggiungere il successo, poco più di un anno e mezzo dopo. Iniziò ad apprezzarlo come cantante, ma soprattutto come l...