2010 pt.9

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Roma, Giovedì 2 Settembre 2010

Arrivai negli studi di registrazione il giorno dopo aver ricevuto la chiamata e, non poco, arrabbiato mi diressi verso la sala prenotata da Marta. Michael aveva preso un volo differente, partendo qualche ora dopo. Così sarebbe arrivato nel pomeriggio e ci saremmo visti a casa la sera, al mio ritorno.
"Marta, mi spieghi perché mi avete fatto correre qui, così? Mi sembrava di averti avvisata." Dissi cercando di mantenere un tono pacato, dopo averla trovata fuori dalla porta ad aspettarmi.
"Non mi hai avvisata, veramente." Affermò insicura.
"Come no? Guarda." Le mostrai il messaggio sul telefonino.
"Non mi è arrivato, allora." Disse abbassando la testa. Sta Mentendo.
"Come no?" Alzai il sopracciglio sospettoso.
"No. Dove sei stato?"
"A-a Londra." Balbettai.
"A che fare?" Continuò.
"Te l'ho detto: una stramaledetta vacanza!" Risposi sul punto di esplodere.
"Da solo?" Fatte i cazzi tua.
"C-certo."
"Matteo!" Fece un cenno a qualcuno alle mie spalle e lo vidi mettersi accanto a lei.
"Che diamine ci fai tu qui?" Chiesi confuso.
Non avrei saputo dire bene il perché, ma quando vedevo quel ragazzo mi saliva un odio ed un'antipatia improvvisa nei suoi confronti. Era una cosa a pelle. Si dice così, no? Non mi piaceva, affatto.
"Fagli vedere le foto." Foto?
"Che foto? E poi perché parli come se fossi un'agente dell'FBI?" Le domandai ironico, mentre Matteo mi consegnava una busta, che mi affrettai ad aprire.
Mi si gelò il sangue e sentii il mio cuore cominciare a battere all'impazzata, vedendo ciò che erano riusciti ad immortalare: me e Michael mentre sgattaiolavamo, in tutta fretta, fuori da quel centro benessere. Cazzo. Alzai lo sguardo terrorizzato verso Marta, che continuava a vedermi come se fossi stato un alieno.
"Da solo, eh?" Disse strafottente.
"S-senti, posso spiegarti..." Tentai di iniziare a parlare, ma mi azzittì con un cenno di mano.
"Non mi interessa sapere cosa hai da dirmi, Marco. Mi sembra abbastanza chiara la situazione." Disse mostrandomi un'altra foto, che ritraeva noi due, con il viso a pochi centimetri uno dall'altro. "Voglio solo capire perché, intanto, eri con Mika e, poi, se te la fai con lui." Oh, non vuole sapere proprio niente.
"Questa è la mia vita privata e voi due non ci dovete entrare." Dissi a denti stretti.
"Ah, davvero?" Si intromise Matteo.
"Sta' zitto tu." Lo guardai con un pizzico di disprezzo.
"Sai che queste foto stanno per essere pubblicate su tutti i giornali, vero?" Inizialmente, mi stavo per sentire male, ma, poi, mi resi conto che alla fine non ci sarebbe stato alcun problema per me. Amavo Michael e lui amava me, quindi non dovevamo avere paura di niente. "Dobbiamo sganciare un'ingente somma per farli stare zitti."
"Perché?"
"Come perché?" Mi chiese quasi scandalizzata.
Matteo intanto continuava a guardarmi come uno zombie assetato di cervelli. Cercai di non farci più caso, ma stava diventando a dir poco fastidioso, ed imbarazzante, mentre cercavo di concentrarmi inutilmente sulle parole di Marta.
"Ne devo parlare con Michael." Dissi quando non la sentii più dire alcuna parola.
"Michael? Oh, andiamo di male in peggio."
"E smettila!" Urlai adirato, uscendo dall'edificio, per tornarmene a casa.
Che cosa avevo fatto di male, alla fine? Che diamine.

"What?!" Urlò Mika alzandosi di scatto dal divano, terrorizzato, una volta che gli ebbi raccontato tutto.
"I-io..."
"That's terrible!" Esclamò ancora, cominciando a girare nervosamente per la stanza.
"Perché?" Gli chiesi deluso.
"We can't correre questo rescue."
"Ma perché?" Domandai di nuovo, confuso.
"Marco, listen, we are artists, no possiamo." Disse con tono più pacato, risedendosi accanto a me.
"Ma quale sarebbe il problema?" Cercai di guardarlo negli occhi, che sembravano, a dir poco, entrati nel panico più totale.
"I can't say that I'm gay, Marco." Disse guardando le sue scarpe, che non volevano saperne di fermarsi.
"Ti vergogni?" Chiesi perplesso.
"Look," Mi prese le mani. "I'm conosciuto in buona part of the world, okay? I could destroy la mia whole carriera." Lo guardai ancora più deluso di prima. Ero ferito dalle sue parole. Sentii un fastidioso dolore allo stomaco ed un orribile nodo alla gola, che si tramutarono in poco tempo in delle lacrime amare. La vista cominciò ad offuscarsi, rendendomi difficile capire cosa stesse pensando guardandolo negli occhi. "Oh, no, Marco, wait..."
"Sei stato chiaro, almeno." Mi alzai di fretta, ma fui bloccato dalla sua mano.
"No fraintendere me, ple..."
"Sei un ipocrita." Dissi muovendo bruscamente il braccio, per scappare dalla sua presa.
"No, let me spiegare te."
"Cosa c'è da spiegare?!" Lo interruppi alzando leggermente la voce. "Le tue canzoni, le tue parole... cazzo, sono solo bugie!" Urlai.
"No, no è vero!" Si alzò ancora per cercare di avvicinarsi a me.
"Tu non sei vero. Se mi ami come dici, qual è il problema? Quale cazzo di problema hai?"
"No mi sembra neanche tu ha detto di stare con me." Disse alzando un sopracciglio.
"Eh, no. Non provare a rigirare la frittata, Michael. Non si è mai presentata la possibilità, ed ora che invece è successo, non mi sto tirando indietro, mi sembra. Quindi non cercare di darmi la colpa." Affermai parlando il più velocemente possibile. "E poi, non l'avrei mai fatto senza il tuo permesso. Infatti, sono qui, ma non mi aspettavo una risposta del genere da parte tua."
"Okay. I'm sorry, but, capisce me, io no posso."
Lo guardai ancora una volta, e sentii una lacrima rigarmi la guancia. Chiusi gli occhi cercando di controllarmi. Lo sentii avvicinarsi a me e le sue mani posarsi sulle mie spalle, ma scivolai prontamente via da quel contatto, per dirigermi verso la porta ed uscire in silenzio. Solo perché lui era una star ormai di fama internazionale, non poteva farlo? Ma che cazzo di risposta è?! Forse non ero importante come credevo. Forse mi ero dato più importanza del dovuto. Forse neanche mi amava come diceva. Forse Michael non era quello che pensavo fosse. Forse, però, stavo anche esagerando: dovevo rispettare le sue scelte, ma, allo stesso tempo, ci ero rimasto male per le parole che aveva utilizzato. Tuttavia, Se questo è quello che desidera...
"Marta."
"Marco! Allora, che devo fare?" Mi chiese direttamente.
"Dai loro quello che vogliono." Dissi semplicemente e chiusi la telefonata sospirando rumorosamente.
Mi sedetti su una panchina non troppo distante da casa, portando le mani alle tempie, massaggiandole, e poggiando i gomiti sulle cosce. Avevo bisogno di stare solo, il che era ridicolo, visto i miei disperati tentativi di non esserlo negli ultimi tempi.
"Marco." Sentire pronunciare il mio nome mi fece alzare la testa di scatto, sulla persona che mi stava davanti, che tanto desideravo fosse Mika.
"Oh, sei tu." Rimasi deluso di ritrovarmi davanti Matteo, invece.
"Scusa se non sono il tuo amato Michael." Affermò quasi deluso.
"Non prendermi in giro." Dissi, a mia volta, scocciato.
"Come stai?" Ma cosa vuole questo da me?
"Senti, dimmi subito cosa vuoi, per favore, e soprattutto perché mi stavi seguendo."
"Perché sei sempre così scontroso con me?" Sbuffai.
"Non sono dell'umore adatto, Matteo, scusa. Me ne torno a casa." Dissi alzandomi.
"Aspetta." Mi fermò poggiandomi una mano sulla spalla. "Possiamo provare almeno ad essere amici?" Mi chiese con sguardo incerto. Forse sono troppo duro con lui, e forse, non è neanche poi così stronzo. Annuii, dopo averci pensato per un po', accennando un piccolo sorriso. "Ti va di andare a prendere qualcosa?" Domandò alzandosi anche lui.
"Va bene." Accettai.
Non volevo tornare a casa e, nonostante, non ce l'avessi più di tanto con Mika, avevo bisogno di pensare ad altro.

Venerdì, 3 Settembre

Entrai in casa barcollando leggermente, come non facevo da tempo, mentre Matteo mi teneva stretto a sé, senza reale motivo.
"Posso camminare, ciccio. Non sono così ubriaco." Dissi buttandomi sul divano.
"Ssh." Mi azzittì mettendomi una mano sulla bocca. Sarà più ubriaco di me questo.
"Pft... ssh a te." Dissi, a mia volta, levandola bruscamente. "Grazie per la serata. Prima me stavi sur cazzo, ma devo dì che non sei poi così male." Lo vidi avvicinarsi lentamente a me e spalancai gli occhi, quando posò le sue labbra sulle mie, iniziando a premere e spingere contro di esse. Non erano come quelle di Michael. Anzi, erano l'esatto opposto: fine e fin troppo compatte. Quelle di Michael, invece, erano carnose e morbide. "Ma che cazzo fai?" Esclamai dopo essermi staccato velocemente da lui, che continuava a sorridere come un ebete.
"Marco, it's you?" Sentii la voce di Mika alle mie spalle ed il mio cuore automaticamente si fermò, quando Matteo si rigettò di proposito su di me.
"Sta fermo." Dissi in difficoltà sulle sue labbra, cercando di staccarmi. "Cazzo, smettila!" Urlai ancora affannato, come se fossi tornato completamente lucido improvvisamente.
"Marco." Sentii la voce di Mika richiamarmi, e quando mi girai vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime in poco tempo.
"M-Michael." Balbettai terrorizzato.
"What were you doing?" Mi chiese con sguardo affranto.
"N-non è come sembra." Tentai di giustificarmi.
"Ah, no?"
"No, Michael. L'hai visto? È stato lui." Mi alzai avvicinandomi a lui, facendolo indietreggiare. "Andiamo, l'hai visto che è stato lui."
"Ma non è vero!" Esclamò Matteo dietro di me.
"Sta zitto, cazzo!" Mika guardò prima me, poi lui per, poi, tornare a guardarmi, con occhi socchiusi e lucidi. Aveva il viso contratto in un'espressione che oscillava tra il deluso ed il distrutto. Lo vidi stringere i pugni e cominciare a respirare sempre più velocemente. "Michael." Tentai di prendere la sua mano, ma si ritrasse, cominciando a far scendere le lacrime sul suo viso perfetto. "Matteo, vattene." Dissi senza girarmi.
"No, Matteo, resti." Disse lui, invece. "Me ne va io."
"Ma che dici." Lo vidi prendere rapidamente le sue valigie e mettere a Mel il guinzaglio. "Mika." Corsi verso di lui cercando di fermarlo, ma non mi parlò più. Non mi degnò neanche di uno sguardo. "Michael." Lo richiamai seguendolo giù per le scale. "Michael." Solo quando poggiai la mia mano sul suo braccio si girò, mostrandomi il suo viso bagnato dalle lacrime.
"Leave me alone!" Urlò facendomi balzare all'indietro per, poi, tirare leggermente il guinzaglio di Melachi, che osservava attentamente le mosse del padrone, e continuare quello che stava facendo. No, non se n'è andato e questo è solo un fottuto incubo.

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