4. La voglia è tanta.

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«Eccola, Grace, ecco mio figlio.»

«Bimba, il figlio di Margaret.»

Sono le ultime parole che ricordo di quella mattina. Non so esattamente quando, probabilmente dopo averlo osservato per più di dieci minuti in silenzio, o forse dopo aver sentito i suoi occhi penetranti accarezzare il mio corpo, ma sono uscita da quella stanza senza fiato. Lo stavo forse trattenendo? O magari la causa, è stata la colonia scelta da lui.

Lui... l'uomo che, un anno fa, è passato davanti all'atelier mano nella mano con una ragazza; la sua futura moglie. Cazzo. O forse...

«Tesoro, che pessima cera. Hai dormito bene?» domanda mia mamma, riuscendo in qualche modo a distrarmi. «Vuoi un caffè? Magari un the! Mia, vieni, porto un the caldo a mia figlia, dai.»

Sospiro, muovendo la testa esasperata dal continuo parlare di mia madre. «Mia» richiamo la ragazza dai capelli neri e ordinati in una coda alta. «Non portare niente, scusaci.» Le sorrido dolcemente e prendo il braccio di mia mamma per farla camminare al mio fianco.

«Hai bisogno di prendere qualcosa, guardati, magari sono quei tacchi vertiginosi che porti ogni giorno. Come fai figlia mia?»

Non ha tutti i torti. Sono giorni che porto solo tacchi, certo non sempre uguali e soprattutto di altezze diverse, ma non riesco a farne a meno, davvero, e quelle scelta stamattina non sono di certo un caso. Nere, lucide e con la suola rossa passione.

«Non lo so mamma, sono abituata ormai. Ad ogni modo, sto bene. Oggi pomeriggio vado via prima della chiusura, tu ci sei o chiedo alle ragazze?»

Mia madre alza un sopracciglio e mi incrocia le braccia sotto al seno piccolo. «Ora capisco la scelta del tuo abbigliamento...»

«Cosa vorresti dire?»

«Niente tesoro, piuttosto, lo sai vero che in settimana viene la nuora di Margaret, vero? Ti prego, non farti condizionare troppo dal suo vocabolario.»

E come potrei dimenticarmi di quell'appuntamento segnato in agenda con una penna rossa? Non posso. Non tanto perché l'ho scritto a caratteri esuberanti, neanche perché l'ho sottolineato dieci volte, ma perché non vedo l'ora di conoscere la donna che ha conquistato il suo cuore. Sempre che l'abbia fatto sul serio.

«Tranquilla, mi sono tenuta il pomeriggio libero così potrò assisterla io stessa.»

Mia madre batte le mani entusiasta e mi stringe a sé con una forza tale da togliermi il respiro. «Sono felice che tu abbia incontrato Robert, l'ultima volta che l'ho visto era ancora molto piccolo e tu non eri nemmeno nata. Non credi che sia davvero bello? Ha tutti quei tatuaggi sul corpo...»

La bocca di mia mamma continua a muoversi, ma le mie orecchie hanno deciso di non ascoltarla più. Mi limito ad annuire per evitare di farla continuare.

Sarebbe stato assurdo non vederlo, non notare come quella giacca tirasse sulle braccia muscolose, per non parlare dei pantaloni blu eleganti che fasciavano le sue gambe e non dimentichiamoci della camicia bianca aperta sul petto che mostrava i tatuaggi più piccoli. Uno vero spettacolo. Ma ciò che davvero non riesco a togliermi dalla testa, è il suo sguardo. Avrà sentito anche lui quel formicolio lungo la spina dorsale? Perché io ho sentito più di qualcosa. Mi era già capitato tempo fa, ma solo attraverso un vetro. I suoi occhi avevano già colpito il mio corpo facendomi sentire nuda, mi avevano resa nervosa per giorni e nonostante ciò, speravo di vederlo passare ancora una volta lì davanti. Ma questa volta, era a un metro da me nel suo completo perfetto e con una colonia in grado di farmi inginocchiare ai suoi piedi. Che patetica. Eppure, sono fuggita. Mi sono lasciata prendere dal panico, le sensazioni che invadevano il mio corpo erano troppe e l'eccitazione non smetteva di crescere. Non mi ero mai sentita così.

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