10. Un fratello di troppo.

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In un universo parallelo, dove il sole riscalda tutta la città, dove il grigio del cielo non incombe sulla popolazione, probabilmente, c'è una me felice che non riesce a smettere di contenere la sua felicità. Ma la vera me, quella seduta sulla panchina più centrale di Central Park, non lo è affatto e non ne comprendo neanche il motivo. O forse sì, ma è talmente stupido che perde valore e significato se lo dico ad alta voce ecco perché, nonostante Chloe e mia madre abbiano provato in tutti i modi a farmi dire qualcosa, io mi sono rifiutata, nonostante sia un chiodo fisso nella mia testa la sua reazione, il suo sguardo perso e vuoto mentre fulminava Robert, la sua postura rigida che non lasciava la mia mano neanche per un secondo, nemmeno quando abbiamo varcato la soglia e tutti gli occhi si sono posati su noi, sulle nostre mani unite e incastrate diventate un tutt'uno. E perché mai continuo a domandarmi. Perché una reazione così fredda nei suoi confronti? Chi ha sbagliato in passato?

Scuoto la testa, provando a scacciare via tutti i pensieri che non smettono di frullarmi in testa. Una serie di domande, immagini confuse di quella sera ed espressioni indecifrabili da parte di tutti. Sbuffo, mandando fuori la nuvola di fumo creata dal freddo gelido che, oggi, avvolge tutta New York. Mi guardo un po' attorno sentendomi un attimo fuori posto data la grande affluenza di persone che corrono lungo il parco, mentre io, sono seduta con le gambe accavallate e osservo i loro volti diventare rossi e umidi a causa del sudore. Ad accompagnare il via vai di persone impegnate ad allenarsi, si uniscono coloro che, con molte probabilità, in realtà stanno solo camminando e godendo della brezza fredda e invernale che finalmente preannuncia l'arrivo della mia stagione preferita. Difficile da capire, difficile anche da spiegare, eppure, è una delle cose più belle e magiche che vivo da quando ho memoria.

Capitava spesso che mia madre si assentasse, che fosse occupata a gestire la sua catena d'abbigliamento e quindi passavo interi pomeriggi con mia nonna Georgia. Le piace dissuadere ogni mia richiesta, diceva che i miei occhi colmi di felicità e gratitudine, la facevano stare bene con se stessa, si sentiva fiera e felice nel vedere come, anche con piccole cose, io ero felice grazie a lei. Una cosa che ci capitava di fare, era quella di andare al Wollman Rink, una pista di pattinaggio sul ghiaccio proprio qui, a Central Park. Lei non pattinava, per quanto io ci provassi, lei non cedeva, ma faceva pattinare me tutto il pomeriggio mentre se ne stava fuori a guardarmi con un sorriso dolce e tenero sulle sue labbra.

Mia nonna era una grande nonna, una donna con dei valori, con una passione talmente grande da voler tramandare quel suo amore per il cucito e per la moda a noi che, a testa alta, lo stiamo portando avanti in suo onore, per renderla ancora più orgogliosa. Un rapporto che invece non ho capito, e non per colpa mia, è quello con mio nonno il quale non ha mai mostrato chissà quale interessante nei miei confronti, non si è mai dimostrato affettivo manco con mio padre e sua sorella, sì, nel mio albero genealogico esiste anche una zia che però non ricordo neanche, dato che, come il padre, si sono tenuti a distanza dalla famiglia e hanno preferito gestire le loro azioni da parte. Buffo, in un certo senso, perché in realtà quando hanno bisogno, mio padre è la prima persona che chiamano, lo usano a loro piacimento, ma mio padre, a differenza loro, pensa e tiene molto ai due nonostante tutto.

Probabilmente mia madre ha preferito non avere altri figli anche per questo, per evitare che i litigi fossero l'argomento del brunch della domenica mattina. A detta sua, avere una migliore amica è molto meglio e porta meno stress quindi meno rughe.

«Finalmente ti ho trovato.» Un profumo forte e persistente, arriva alle mie narici inebriando i miei sensi in allerta. So benissimo a chi appartiene questo profumo, questa voce profonda e quella presenza mascolina che percepisco.

«Mi cercavi?» domando, con un sorriso. «Potevi scrivermi, ti avrei reso più facile il lavoro.»

Una risata lieve e dolce arriva dritta al mio petto provocando un solletico inaspettato. Mi volto leggermente per incontrare finalmente il suo viso curato e senza alcuna traccia di barba. Le sue labbra sono rivolte verso l'altro lasciando i denti bianchi scoperti mentre sta in piedi davanti a me con un cappotto pesante e dei jeans sbiaditi.

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