31. Un vestito per due...

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Da piccola, mia nonna mi ripeteva sempre che sarei stata bravissima nel mio lavoro, qualsiasi esso fosse. Benché la sua passione fossero gli aghi, rotoli di tessuti, il metro da sarta e le riviste di moda, mi incitava a seguire quelli che erano i miei sogni, e anche se lei non sapeva, io avevo già deciso il mio futuro e sarebbe stato proprio come il suo.

Lo sognavo ad occhi aperti, fin dalla tenera età, amavo sbirciare quella dolce nonna che dava tutta sé stessa per portare a termine i vestiti, si piegava sulle ginocchia e prendeva le misure con spilli colorati, ovviamente diversi dal tessuto, perfezionava la lunghezza e si alzava emettendo sempre un piccolo lamento. Ha iniziato da giovane ma ha finito solo dopo averla obbligata a prendersi del tempo, una pausa per permettere al suo corpo di non crollare ed è stato quello il momento in cui ha passato il testimone a mia mamma, nonostante lavorassero già insieme, condividevano l'atelier, l'ufficio, le clienti talvolta, ma solo una volta raggiunta l'età di dieci anni ho visto mia mamma prendere il controllo. Inutile dire che mia nonna ogni tanto si presentava per vedere come le andava, a volte era mia mamma a consultare nonna Giorgia per avere un parere in più, o semplicemente perché voleva la sua compagnia e le dispiaceva lasciarla fuori. Erano un bel duo, da fuori sembravano proprio madre e figlia ed io invidiavo un po' quel rapporto che, per fortuna, sono riuscita ad instaurare con mia madre. Sebbene a volte possa risultare pesante, la sua sapienza mi fa bene, condividere con lei una passione così forte mi fa sentire al sicuro, ma d'altronde, anche se avessi seguito le orme di mio padre, lei ci sarebbe lo stesso, forse con un'espressione di smorfia sempre sul viso, ma non avrebbe mai preteso nulla.

In piedi davanti alla vetrata, penso a come sarebbe stata la mia vita se avessi deciso di andare a Yale o alla Columbia, come tanto desiderava mio padre, per seguire le sue orme ed entrare a far parte di quello che è il suo mondo, peccato non lo apprezzi molto a causa sua, quindi non avrei mai potuto ma nella mia testa vacilla un pensiero. Avrei collaborato a stretto contatto con la famiglia Martin, avrei visto tutti i giorni Robert e Jacob. Come sarebbe stato?

Di certo non sarebbe stato male, e magari le cose sarebbero state molto diverse, tuttavia così sto più che bene. In questo posto grande, sommersa di vestiti, tulle, seta, pizzo, Swarovski, perline, di clienti che ogni giorno mi spronano ad andare avanti e, soprattutto, piena di collaboratori.

L'atelier è ancora chiusa e questo mi permette di cambiare l'abito esposto la settimana scorsa. Si può definire un abito unico, firmato Wilson, per l'accostamento di più modelli. Prendo la gruccia, appesa su un carrello portabiti mobile grazie alle rotelle, e lo estraggo per poter appendere l'altro ormai modello vecchio.

Il leggero strato di tulle utilizzato sulla gonna, mi accarezza le gambe solleticando la pelle, mentre lo strato di strass applicati sul corpetto pizzica i polpastrelli facendomi emettere un lamento ogni volta che mi muovo. Dopo averlo inserito adeguatamente sul manichino, mi chino proprio come faceva mia nonna e, con tanto di spilli, aggiusto l'orlo finale della gonna per non farla apparire brutta davanti agli occhi di chi passa e osserva. La coda lunga ovviamente sono costretta a nasconderla il più possibile, ma cerco comunque di renderla partecipe. Successivamente mi alzo e chiudo i bottoni in Swarovski del corpetto che arrivano poco più sotto delle scapole donando profondità alla schiena e, solo dopo aver finito di sistemare le spalline larghe cinque centimetri, mi accorgo di aver un ospite ad osservarmi.

«Mamma!» esclamo, portando una mano al cuore. «Quando sei arrivata?»

«Oh, tesoro, giusto in tempo per guardare la nuova meraviglia.» Si toglie delicatamente il cappotto e lo appoggia su una sedia. «È magnifico, lo sai?» Annuisce da sola, intraprendendo un discorso da sola.

«Grazie mamma, l'abbiamo finito qualche giorno fa e volevo fosse esposto...»

«Mi ricorda tanto un modello della nonna, non so, ha qualcosa di familiare. La gonna si può togliere?»

Amore ProibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora