Extra - Jacob

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Jacob

Qualche tempo dopo...

La prima volta in cui l'ho vista, indossava un pantalone lungo e un maglione a costine. La quarta volta in cui l'ho vista, indossava un vestito nero attillato che ha richiamato subito la mia attenzione. Le volte a seguire, ha sempre scelto abiti impeccabili, gonne che mettevano in risalto le gambe lunghe e maglie che stringevano il suo seno. Ricordo tutte volte in cui l'ho vista con qualcosa di diverso. Ricordo anche quando ho visto il suo corpo nudo e perfetto sotto le mie mani, sotto il mio corpo che è sempre stato il doppio del suo, finché le nostre strade non si sono divise e per me, Grace Wilson, è diventata solo mia cognata.

Già, mia cognata.

Avrei dovuto immaginare questo epilogo nelle nostre vite, non che mancasse la connessione fra di noi, ma ogni volta in cui Robert e Grace si trovavano nella stessa stanza, l'aria cambiava. E cambia tutt'ora, anche se non se ne rendono conto. Due persone che in comune hanno poco, con due lavori che richiedono molto spesso l'attenzione di entrambi e una vita mondana frenetica, però, nulla ostacola i loro tentativi di stare insieme, di viversi e amarsi. Non avrei mai pensato di dirlo, ma insieme sanno completarsi come persona.

Nei primi mesi in cui la loro storia è uscita allo scoperto, ammetto di aver provato invidia, di essermi immaginato più volte al posto di mio fratello e di averlo guardato leggermente male. Lui ovviamente non ha mai commentato i miei gesti, mi capiva e lo apprezzavo, anche perché dentro di me sentivo già quella loro connessione crescere sempre di più e sono arrivato presto alla conclusione che io non ho mai provato amore verso di lei, io stavo bene, ma non potevo provare nient'altro, non ero pronto a soffrire di nuovo per amore, perciò ho smesso di cercare l'amore nei mesi a venire e mi sono concentrato sul mio lavoro da Starbucks che presto ho lasciato per coprire una carica diversa nelle industrie di mio fratello.

Non ero la persona più felice al mondo, ma non potevo più stare dietro ad un bancone, avevo bisogno di dedicarmi ad altro e diventare un signore. Il signor Jacob Martin.

Suona bene, vero?

Certo che suona bene! Ma suona ancora meglio quando esce dalle labbra carnose Sarah. La mia ragazza da un po' di tempo.

L'ho conosciuta proprio il primo giorno in cui sono entrato a far parte delle azioni di mio padre, o meglio, il giorno in cui l'ho sostituito. È stato un bel colpo per me, soprattutto perché tempo fa ci avevo già provato e mio padre aveva fatto di tutto pur di mandarmi via, ragione per cui sono andato a lavorare da Starbucks. Ma questa volta non lo permetterò, specie dopo che lui ha osato tradire mia madre con Ella, la donna più spregevole del mondo che, non solo ha rovinato un matrimonio, ma suo padre ha preso le distanze dai nostri uffici lasciandoci di punto in bianco e con un posto vacante all'interno del consiglio d'amministrazione. Una mossa del cazzo da parte sua, tuttavia, è stato un bene perché Sarah è subentrata al suo posto.

Anche lei ha iniziato il mio stesso giorno, l'ho incontrata davanti all'ascensore che sbatteva in modo rumoroso il tacco a spillo. Era nervosa, talmente agitata da non accorgersi della mia presenza finché l'ascensore non ha aperto le porte e sono entrato dopo di lei. Ricordo ancora l'incredulità nel suo sguardo, le guance rosse e la bocca socchiusa. Provò a scusarsi ed io mi limitai a sorridere di rimando per evitare di recarle ancora più agitazione. Non funzionò.

«Ma tu lo conosci? Tra venti minuti abbiamo una riunione e vorrei sapere cosa non dire, magari.»

Non le risposi perché in quello stesso momento, le porte si aprirono. Inutile dire che subito dopo di Sarah non c'era più neanche l'ombra, si era volatilizzata e io morivo dalla voglia di presentarmi in quella stanza come il nuovo capo, perciò, arrivai con largo anticipo e presi posto sulla poltrona più grande al centro del tavolo, aspettai qualche minuti e solo quando la vidi entrare notai i suoi occhi grandi e verdi. Erano magnifici, limpidi come l'acqua, profondi con la capacità di farmi sentire piccolo. Mi stava inghiottendo ed io glielo lascia fare perché ero consapevole di non aver via di scampo. Quel colore era appena diventato il mio preferito.

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