Amore Proibito

41. Non può finire.

Robert

«Credi in noi, perché sono incinta.»

Questa frase risuona ancora nella mia testa, un tormento per i miei pensieri e un fastidio alla bocca dello stomaco tutte le volte. Già, fastidio e non gioia. Perché esattamente cosa c'è da festeggiare? La mia infelicità, per quella potrei anche accettare, ma non si tratta di questo.

Scuoto la testa infuriato con me stesso e con lei, soprattutto con lei. Non la sentivo da giorni, e andava bene così, ero felice all'interno della mia bolla insieme a Grace poi quella telefonata, il mio fuggire senza un motivo valido, la mia resa dei conti personale. Starà cercando di incastrarmi, avrà capito che non mi interessa più e allora questa è stata la sua idea migliore. No, voglio pensare che non sia così, andiamo, potrà essere qualsiasi cosa ma, inventarsi una gravidanza per tenermi con lei, no. Ma no il cazzo, se poi io non do chiari segnali alla donna che sostiene di portare in grembo mio figlio, colei che dovrei sposare entro il prossimo anno ma che non amo più.

Io volevo solo... Mi blocco con i pensieri che svaniscono e lasciano spazio ad una presa di coscienza troppo grande.

La vedo uscire dal tribunale. Fasciata in un completo elegante, è più bella che mai. Sono costretto a chiudere gli occhi qualche secondo per evitare di uscire subito e fiondarmi su di lei. Nonostante la distanza, però, riesco a vedere i suoi occhi rossi, tiene la borsetta stretta e prova in tutti i modi a sfuggire dalla presa del mio migliore amico. Trevor le sta alle calcagne, vedo la sua bocca muoversi ma capisco davvero poco.

Stringo il volante fino a provare dolore e fastidio. Me lo merito. Così come mi merito il silenzio da parte sua da una settimana.

Cosa potevo aspettarmi? Sono andato via, dopo essermi strusciato ed eccitato sopra di lei, ho permesso a quella voce -finta- preoccupata di inghiottirmi e mi sono fatto trasportare dalla preoccupazione. Mi ha chiamato con voce affannata, diceva di stare male e che mi stava aspettando in albergo, doveva parlarmi e aggiornarmi sui dettagli della riunione con mio padre che, per l'esattezza, io avevo saltato di proposito. Ma una volta arrivato lì, il suo viso era rilassato, parlava ancora rapidamente, tuttavia c'era qualcosa di strano nell'aria e, solo dopo aver raggiunto la stanza che usiamo con gli incontri informali, ho ricevuto risposte chiare.

"Credi in noi perché sono incinta", è l'unica frase che ho ascoltato davvero e avrei voluto urlare in quel momento, al solo pensiero si gonfia la vena sul collo, e non so neanche perché se sono sicuro che quel figlio non sia mio, ammesso che esista.

Mollo un pugno contro il volante e mi accascio su di esso dopo aver buttato fuori l'aria. Lei era lì, ha sentito tutte le cazzate che sono uscite dalla bocca di Ella e poi è fuggita via. In lacrime.

Ho combinato un casino. E non basta solo la mia coscienza, no figurarsi, infierisce pure Trevor il quale ha assistito. Lo stronzo, una volta che sono uscito, mi ha guardato male per quella che mi è sembrata un'eternità. Me lo meritavo, ma avrei preferito sapere prima la scomoda verità. Quale? Che sono uno stupido idiota.

Ho provato a chiamarla, almeno cinque volte al giorno, le scritto il doppio dei messaggi, ma oltre ad aver ottenuto delle spunte blu -segno che aveva letto tutto-, non ho ricevuto altro. Volevo presentarmi da lei e dirle che non era assolutamente vero, però Ella ha sparso la voce e ora tutta New York non fa che congratularsi con me. Non sono io il padre, idioti. Proprio non me la bevo, non la tocco da mesi e le uniche volte che mi sono concesso un po' di svago ho usato un profilattico. Ma diamine, il suo essere così convinta sta influendo su di me.

Alzo la testa solo quando sento un leggero suono attraverso il vetro. Davanti ai miei occhi c'è Trevor con sguardo annoiato e con una certa voglia di dirmene quattro. Cosa che fa non appena tiro giù il finestrino.