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2020年 11月 13日,
ore 10:27


la luce fioca del sole illuminava tutte le finestre poste sul soffitto dell'aula di architettura. in quel modo la luce naturale dava agli studenti l'occasione perfetta per studiare l'impatto dei raggi contro i modellini che andavano realizzando.

kaoru, seduto alla sua postazione da almeno due ore, continuava a incollare diversi materiali alla base che aveva costruito. il plastico era quasi pronto, ancora qualche ora di lavoro e avrebbe potuto procedere alla revisione e infine alla consegna. gli studenti del suo stesso anno, così come qualcuno di più grande, erano tutti intenti a lavorare in silenzio. l'aula sembrava un tempio buddista, l'ambiente migliore per i più pensierosi. purtroppo, però, la quiete tanto apprezzata durò poco; le tre voci narranti, così come le chiamava kaoru, fecero il loro ingresso tra risate e passi pesanti. l'omega non distolse lo sguardo dal modello nemmeno per un attimo.

"che fa oggi, il nostro caro matsumoto?" uno dei tre iniziò a parlare, gli altri si limitavano a ridere.

il moro aveva ignorato quelle voci dal primo momento in cui aveva messo piede all'università. aveva cercato di non considerare i commenti sgradevoli e le risate provocatorie proprio per evitare di giocare al loro gioco. sapeva che studenti come quelli non si curavano della carriera accademica e pensava anche che l'invidia che provavano fosse palese, altrimenti non se la sarebbero mai presa con qualcuno considerato più debole di loro. in gruppo, tra l'altro.

"guardate come finge di impegnarsi... sa che prenderà il massimo. chissà se l'ha già succhiato al professore." come sempre, gli altri due ridevano.

voce narrante due e voce narrante tre erano dei parassiti pronti a far girare la loro vita attorno a un ulteriore idiota, voce narrante uno. lui faceva i commenti, non si curava delle molestie, e sbeffeggiava kaoru come se avesse avuto un motivo valido per farlo. credeva che ridere del più minuto lo avrebbe fatto sentire migliore, diverso. e se a volte riusciva a trascinare anche qualche altro collega universitario, nella maggior parte dei casi veniva visto come un elemento disturbatore, un bullo.

"c'è qualcuno a cui non hai ancora dato il culo?"

i due accompagnatori del giovane provocatore avevano iniziato a spingersi per scherzo, come i bambini delle elementari che non avevano nulla con cui intrattenersi. voce narrante numero due, che stringeva una lattina di caffè, si ritrovò a perdere l'equilibrio. per sua fortuna riuscì a trovare un appoggio sulla prima superficie utile, che, per la palese sfortuna di kaoru, non era altro che il modello che stava terminando.

il caffè cadde tra i componenti in legno, il materiale polimerico venne appiattito dalle braccia del ragazzo. all'omega parve quasi di aver perso il cuore e i polmoni. aveva smesso di respirare e non riusciva a sentire le voci delle persone che aveva attorno. il botto aveva attirato l'attenzione degli altri studenti. l'apparente silenzio della stanza si sostituì a chiacchiere ed esclamazioni di ragazzi turbati. pur non avendo un legame con kaoru, molti dei colleghi comprendevano a pieno il processo di costruzione di un plastico; vederlo distrutto a pochi giorni dall'esame era come chiedere al ventenne di morire.

l'omega rimase fermo per qualche secondo, non si mosse neppure quando l'incriminato cercò di scusarsi. nella sua voce, però, c'era qualcosa di apparentemente ilare che kaoru non comprendeva. a quel punto si mise in piedi e riprese lentamente a respirare.

"se voi... parassiti... passaste un terzo del tempo, che sprecate andando in giro, a studiare, forse i vostri voti sarebbero più alti, forse sareste meno frustrati e più comprensivi nei confronti di chi avete attorno. credete che io abbia paura? di idioti come voi? assolutamente no... non valete nemmeno un millesimo del mio tempo."

il giovane apprendista recuperò alcuni strumenti e li infilò nella tracolla che aveva sempre con sé. lasciò l'aula a passo rapido e con la rabbia nel cuore. cercava di sopprimere qualsiasi tipo di emozione negativa, ma in quel momento era complicato farlo. le mani gli tremavano e gli occhi gli si erano già riempiti di lacrime pronte a rigargli la pelle. non riusciva a pensare in maniera concreta, ma ebbe la pronta idea di contattare l'unica persona che avrebbe potuto dargli l'aiuto necessario per rimediare al danno.

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