MUSHRHOUSE.WMF

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2021年 03月 09日,
ore 17:00.


"non ha minimamente senso..." l'ingegnere ueda sospirava e riprendeva tōma come una genitrice. ciò che il biondo andava condividendo le suscitava attimi di ira, momenti incontrollati.

"è quello che penso. dovrei calmarmi... dargli spazio e fargli decidere ciò che vuole."

l'architetto era giù di morale, devastato dalla miriade di pensieri che lo avevano tormentato nel corso delle settimane. dopo essere rientrato dal periodo di sospensione, decise di stabilire una divisione netta tra i propri spazi e quelli di kaoru. era fermamente convinto del fatto che la loro relazione fosse oggetto di discussione, che pian piano li avrebbe messi l'uno contro l'altro. oltre a ciò, l'uomo iniziò a credere che il giovane non fosse spontaneo a sufficienza e che, nonostante i momenti trascorsi assieme – tra tokyo e yokohama – il moro non volesse definire i sentimenti che lo legavano all'architetto.

"è ovvio che tiene a te." la beta scandiva le parole.

"... non so se tiene a me come io tengo a lui."

"scherzi? è innamorato di te."

il biondo fece una smorfia, poi appoggiò il bicchiere sul tavolino. quei cicchetti di liquore non avevano risolto nulla, in alcun modo. non era nemmeno ubriaco, non poteva incolpare il grado alcolico delle piccole quantità di rum ingerite. sakura, pur conoscendolo, decise di riporre la bottiglia di alcol nella teca apposita. l'umile casa della beta era diventata un covo per alcolisti dal cuore infranto. eppure non c'erano né alcolizzati né cuori effettivamente ridotti in pezzi all'infuori del proprio. la donna sorrise, poi diede al collega una sonora pacca sulla spalla.

"eddai, cerca di riprenderti!"

"... dovrebbe essere lui a dirmelo."

"cosa?"

"... se è innamorato di me o no."

l'alfa sembrava inconsolabile, afflitto dai pensieri, ma la collega non ne comprendeva la ragione: il modo in cui i due uomini si osservavano era sopraffino, carnale al punto giusto, e sarebbe potuto essere motivo di invidia per chiunque, anche per sakura, che quella passione non la provava da parecchio tempo.

"ti stai lasciando abbattere dai pensieri negativi, tōma. nulla di quello che blateri è reale."

"va bene. non è reale."

"non fare il bambino." sakura non sapeva come comportarsi, ma le era difficile compatire l'uomo.

il biondo abbassò la testa e sospirò; aveva trattenuto parecchia rabbia, ma si era trasformato tutto in tristezza, una di quelle profonde e difficili da placare. decise che rimanere in silenzio, affogare i propri pensieri, sarebbe stato più utile per tutti.

dall'altra parte della città, in un bar poco noto, minato offriva una cioccolata a kaoru; si mostrava sorridente, comprensivo, ma riservava parole tutt'altro che cordiali. l'architetto, infatti, credeva che quella fosse l'occasione perfetta per mettere in guardia l'apprendista. gli ultimi eventi dello studio avevano creato scalpore, malcontento e momenti di gossip difficili da mettere a tacere. per quelle ragioni sembrava necessario intervenire e porre freno alla questione fin dalla radice.

"conosci il motivo per cui l'architetto ishikawa è stato sospeso, no?"

"... sì. ha voluto difendermi. ovviamente non giustifico il gesto, sono stato il primo a dirgli che aveva sbagliato." il giovane si strattonò il maglione beige, poi sorseggiò il liquido bollente.

"la vostra relazione non va bene... danneggia l'immagine dell'architetto. tu hai ancora molta strada da fare, ma lui ha già una carriera. come ti sentiresti, se gliela distruggessi? non credo bene."

l'omega osservava il superiore con fare infastidito. minato aveva toccato un tasto dolente, qualcosa che faceva stizzire kaoru da giorni, senza eccezioni. sapeva bene di essere un ostacolo, una distrazione imponente, ma sperava di non dover mai arrivare a sentirsi dire parole del genere, specialmente da qualcuno come lui.

"penso che siano affari dell'architetto ishikawa. e, al massimo, problemi miei. quindi perché infierire? non vedo in che modo tu possa avere a che fare con il rapporto che io ho con lui. non mi pare di aver mai messo bocca nella relazione che avevi con la signorina ueda. o sbaglio?"

"... non c'entra nulla."

"a me pare la stessa cosa, non saprei."

"io e la signorina ueda abbiamo lo stesso livello all'interno dello studio, siamo diretti dipendenti, adulti, ragionevoli e consapevoli. tu sei un apprendista, ancora molto giovane e incerto, non possiamo sapere cosa vuoi veramente dalla vita."

"... sapere? tu e chi?"

"sapere... in generale. nessuno può sapere quali siano le tue reali ambizioni. sei giovane, ancora in tempo per cambiare idea e lasciare lo studio, lasciare tōma, lasciare tutto ciò che hai ora." minato non osava guardare il moro negli occhi.

si stringeva il nodo della cravatta e deglutiva spesso, tratti di qualcuno che provava più ansia che convinzione; il completo grigio che indossava lasciava trasparire la sua superficialità. la stima che il ventenne pensava di avere iniziò a frantumarsi dall'interno, come un cumulo di macerie intento a riversarsi su se stesso, come una supernova giunta alla fine dei suoi giorni.

"con tutto il rispetto... non sono affari tuoi."

"non lo sono, ma tōma mi sta a cuore e so bene cosa ha passato quando la sua ex l'ha lasciato. non voglio che succeda la stessa cosa, tantomeno per qualcuno come te. cerca di capire."

"... qualcuno come me?" il ragazzo sospirò.

"non lo ami nemmeno. meglio finirla ora che dopo, potreste trovarvi in una situazione spiacevole, ancora più tesa... dammi retta."

"ah, sì? interessante, ma non sono ancora affari tuoi, quindi magari la prossima volta mi spieghi perché mi hai chiesto di venire qui ad ascoltarti." lo studente aprì il portafogli e gettò qualche banconota sul tavolo, poi fece un lieve inchino e lasciò il posto a lungo occupato.

l'architetto nakamura giaceva, ancora una volta, solo, con l'amarezza in viso e lo scetticismo stretto al cuore. le persone a cui teneva non lo ascoltavano, rifiutavano le sue preoccupazioni e, ancor peggio, lo allontanavano da loro, come se fosse stato l'appestato della città, un malessere.

kaoru condivideva quelle sensazioni e, mentre tornava a casa, bagnato dalle pioggiarelle che annunciavano la primavera, iniziò a tremare. i timori che aveva distrutto si ricomponevano come le muffe sui muri umidi, con la persistenza di qualcosa che sarebbe crollato difficilmente. per l'omega stava diventando impossibile accettare la situazione, mandare giù i sentimenti di rimorso e fingere di non provare assolutamente nulla. mai, prima di quel momento, si era sentito tanto vivo.

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