CUBICH.DXB

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2021年 03月 23日,
ore 13:51.


l'ora di pranzo era giunta silenziosamente, ma altrettanto silente era l'atmosfera che caratterizzava molti degli uffici dello studio satō. alcuni dipendenti lasciavano le sedie per popolare gli spazi della mensa e consumare le pietanze preparate la mattina; altri, invece, abbandonavano la sede per godere della libertà del resto della giornata da casa.

kaoru raccoglieva il materiale con movimenti sbadati e confusi, fastidiosi, solo per assicurarsi che gli occhi dell'architetto ishikawa fossero rivolti verso la propria figura. pur tossendo e sospirando, il giovane non riusciva a sbloccare il viso stoico del proprio compagno: poteva ancora considerarlo tale?

i due avevano smesso di parlare, di incontrarsi al di fuori dell'ufficio, di guardarsi in viso. pareva chiaro che il rapporto non fosse più come quello di qualche settimana prima e la fiammella che li teneva uniti sembrava essersi estinta senza alcun preavviso. kaoru credeva di averci provato fin troppo e, per paura, aveva scelto di fingere che andasse tutto bene e che le preoccupazioni fossero il frutto delle nebulose di pensieri che ogni tanto gli circondavano il capo.

tōma era diventato una cassaforte dalla combinazione impossibile. il volto era quasi sempre caratterizzato da un'espressione seria, quasi spenta. la parlantina che aveva tra una telefonata e l'altra si ridusse a frasi brevi e concise. se necessario, come durante quella giornata, lasciava la stanza e continuava le conversazioni altrove, lontano dalle orecchie confuse dell'apprendista.

"buongiorno matsumoto!" la signorina ueda era venuta a riportare il buon umore.

"ah... buongiorno." sussurrò il ragazzo, poi si mise in piedi in segno di rispetto.

"dov'è l'architetto? è già andato via?"

"no, credo sia al telefono. oggi dovrebbe rimanere fino a tardi... dice di avere delle cose da rivedere."

"sì?" la donna era perplessa, ricordava bene che tōma avesse il pomeriggio libero e che tra le sue intenzioni ci fosse quella di andare al cinema "che peccato... dev'essere un periodo difficile."

kaoru fece una smorfia, poi annuì. aveva capito che c'era qualcosa che non andava, ma fece finta di nulla, specialmente per evitare che la beta finisse in imbarazzo. il giovane la salutò, in seguito raccolse la borsa e lasciò lo studio.

aveva deciso che al termine di quella settimana avrebbe chiuso qualsiasi tipo di rapporto con l'uomo, in quanto, volenti o nolenti, si erano ritrovati a comportarsi come dei perfetti sconosciuti sulla metropolitana, il martedì sera. forse non era destino o, ancor peggio, forse era tutta una presa in giro, uno svago momentaneo che all'architetto non portava più alcun piacere; il moro era giovane, facile da plasmare, facile da gettare. in fondo tōma aveva già detto che in kaoru non c'era nulla di particolarmente pronunciato. a sua detta, il modo che aveva di mostrare le emozioni era frigido e insapore, ma che le sue reazioni lo sorprendevano sempre.

magari a qualcun altro quella freddezza sarebbe potuta piacere davvero. un altro ragazzo avrebbe imparato ad apprezzare l'omega per come era. questi erano i pensieri con cui si incoraggiava, con cui trovava tutti gli aspetti negativi e con cui stabiliva che non c'erano più pro all'intesa che si era creata tra le mura dello studio di architetti.

eppure, nonostante tutto, pur pensando a quanto rilassante si sarebbe potuta rivelare la vita senza l'uomo alle calcagna, si ritrovò a sospirare: nulla aveva senso e se ne era accorto. l'orgoglio dei due superava qualsiasi logica e li costringeva a giornate difficili da digerire, soprattutto tra le coperte. era inutile continuare su quella strada, temporeggiare, studiare battute e frasi pronte.

il moro si diresse al parcheggio presso il quale l'alfa posteggiava la preziosa bmw e raggiunse lo slot altrui senza troppe difficoltà. già da lontano vedeva che tōma era seduto in auto, con il finestrino leggermente abbassato, intento a parlare al telefono.

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