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2020年 11月 24日,
ore 09:34.


le tende socchiuse lasciavano trasparire una massa chiara di nuvole, nessuna luce particolare. era arrivato il momento di mettersi in piedi e prepararsi per raggiungere lo studio; la sveglia non era ancora suonata, quindi kaoru allungò con fare affaticato il braccio verso il comodino. strinse il cellulare tra le mani e toccò lo schermo per controllare che fosse tutto a posto.

l'omega, in verità, era in ritardo. nel mettersi in piedi, finì per cadere sul freddo pavimento della camera. i suoi movimenti sembravano notevolmente rallentati e goffi. il respiro era pesante e lo vincolava, il sudore gli rigava la fronte. credeva di avere la febbre e non era un buon segno. ogni volta che il giovane coltivava un malanno, scopriva anche di essere in calore.

"... fantastico."

schiuse le labbra solo per emettere quei suoni, poi riprese a farsi controllare dal proprio corpo. sapeva di dover avvisare la signorina nagasaki della propria assenza, quindi era in cerca delle forze per poter impostare una mail. sull'applicativo LINE, però, erano presenti due o tre messaggi da parte dell'architetto ishikawa. l'uomo aveva chiesto al ragazzo se stesse bene e come mai fosse in ritardo. per risolvere il problema, il giovane decise di utilizzare quel mezzo informale per richiedere una giornata di riposo. si era limitato a dire di avere un tipico malanno di stagione che purtroppo lo aveva costretto a rimanere a letto.

kaoru si mise in piedi controvoglia, aveva bisogno di mangiare qualcosa e di prendere il farmaco con cui controllare il ciclo estrale: giunto in cucina, recuperò uno yogurt in scadenza e lo mandò giù in poche cucchiaiate.

"pillole... letto..." continuava a ripetersi cosa fare per non perdere traccia di nulla. oltre a ciò, sperava di non svenire prima di toccare il materasso.

si privò di qualsiasi indumento ad eccezione della lunga maglia che gli copriva il petto. si sentiva bagnato, proprio tra le cosce, quindi, una volta disteso, non perse tempo: inserì due dita su per il retto. la sua impazienza lo costringeva a tenere ritmi vivaci e rapidi, talmente fluidi da dargli piacere fin da subito.

quel momento estatico tuttavia durò poco. il moro desiderava ancora di più, eppure infilare più dita non era d'aiuto. gli era impossibile raggiungere i punti più profondi del proprio corpo, così come riprodurre l'esperienza avuta con il biondo stando in totale solitudine.

l'architetto, tōma, era improvvisamente diventato il termine di paragone da utilizzare in situazioni come quella. dopo aver fatto sesso con l'uomo, masturbarsi si era rivelato ancora più complicato. e forse, anche in quell'occasione, solo il corpo altrui avrebbe potuto soddisfare il proprio.

"devo... comprarmi un vibratore..." ansimò il giovane, rosso in viso.

ore 12:27.

tōma raggiunse l'appartamento 206 non appena riuscì a liberarsi da file e incontri di lavoro con i clienti. si fermò al primo supermercato utile e alla farmacia in prossimità del complesso di appartamenti per poter prendere al giovane apprendista tutto il necessario. l'uomo sapeva che kaoru non avrebbe apprezzato il suo intervento, ma non poteva fare a meno di preoccuparsi. voleva assicurarsi che l'altro non fosse troppo indisposto.

così, davanti alla porta di cui ormai conosceva a memoria ogni scanalatura, decise di suonare il campanello; una, due, tre volte a distanza di qualche secondo. dall'altra parte non arrivava alcuna risposta. non si udiva un suono. tōma pensò che il minore stesse riposando e quindi, nonostante la fatica fatta per vederlo, concluse che sarebbe stato meglio tornare in macchina.

"che c'è?"

kaoru aveva aperto la porta, ma appariva in stato confusionale. la maglia gli copriva vagamente i genitali, il sudore grondava copiosamente dalle tempie e il rossore si manifestava a chiazze in più punti del suo corpo, spesso i più sensibili. l'alfa notò subito che dalle gambe del ragazzo veniva giù uno strano liquido incolore; i feromoni aleggiavano nell'aria senza alcun vincolo, completamente fuori controllo. così reagì nell'immediato, spinse il giovane all'interno e richiuse la porta nella speranza che i vicini non avessero visto nulla.

"che stai facendo? sei completamente nudo."

"ho caldo." kaoru poggiò la testa contro il petto dell'uomo che indossava ancora il completo.

"matsumoto... sei in calore. dovresti metterti a letto. sono venuto solo per portarti da mangiare. ah, ho comprato anche qualche medicina... in caso prendila. lascio tutto qui, vado via."

"no... rimani con me." biascicò il moro.

"perché?"

il ragazzo prese il sacchetto dalle mani dell'architetto e lo lasciò cadere per terra, poi gli afferrò la manica della giacca per costringerlo a farsi seguire in camera. l'apprendista aveva bisogno di continuare a sentire l'odore dell'uomo, quindi gli impose di sedersi a bordo del letto, che era visibilmente sfatto e disordinato; gli divaricò appena le gambe e, mettendosi in ginocchio, decise di abbracciargliene una.

"matsumoto..." tōma non sapeva cosa dire.

"aspetta... zitto."

lo studente di architettura era disperato, dipendente dall'idea del piacere che avrebbe potuto provare se si fosse concesso all'uomo, che ormai era in imbarazzo anche a causa dei feromoni che riempivano le mura della camera.

"sei in calore." ripeté il biondo "così tanto che domani non ricorderai nemmeno di aver avuto questa conversazione con me."

"... posso succhiartelo?"

l'architetto schiuse le labbra ma scelse di rimanere interdetto, era improvvisamente diventato difficile rispondere o fare la parte dell'adulto responsabile e controllato. deglutì da subito ed espresse in modo evidente la frustrazione che provava.

"devo andare."

"prima posso succhiartelo? per favore. dovrebbe andare bene... hai detto che ti piaccio..."

"hai fatto un discorso imbarazzante e mi hai detto che non aveva senso che andassimo a letto insieme. quindi ora cosa vuoi? lasciami andare."

"vedi? non ti piaccio davvero... sei cattivo."

kaoru aveva già deciso. si apprestò a disfare i pantaloni dell'uomo, sfilò la cintura e portò fuori dall'intimo la sua lunghezza. nonostante i continui richiami del supervisore, il minore procedeva come un treno verso la sua destinazione: con piccole leccate andava a inumidire la pelle calda e venosa. acquisiva autostima per come sentiva l'uomo ansimare e contorcersi per il piacere. probabilmente stava già facendo un buon lavoro, ma quello non gli impedì di fare ancora meglio.

accolse il membro tra le labbra e iniziò a muovere il capo per catturare tutta la lunghezza; i punti che non riusciva a raggiungere venivano stimolati con la mano destra, in quel momento tremante e impaziente, la perfetta dimostrazione dello stato dell'omega, che aveva difficoltà a tener testa alla lunghezza dell'uomo.

i due trascorsero il tempo in compagnia l'uno dell'altro, senza dialogare troppo, lasciando ai loro corpi la possibilità di interagire meglio. finirono a far l'amore ancora una volta, in modo più passionale e piacevole. ormai l'architetto sapeva come possedere il ventenne, aveva imparato a stimolare le aree sensibili e alla mano, così come quelle più coperte, senza mai sbagliare.

"mi fai male..." gemette kaoru.

"non è vero."

il maggiore mordeva con foga il petto scoperto dell'altro, se ne appropriava con l'entusiasmo di qualcuno che non aveva paletti né limitazioni. seppur doloroso, al moro riuscì a piacere l'idea di vedere tōma così tanto dipendente dal proprio corpo e dagli odori che questo rilasciava.

"mi piaci da morire..." sussurrava l'architetto "sei così carino che non riesco... a fermarmi."

"per favore... dentro."

"cosa?"

"vieni... dentro..." l'apprendista provava vergogna, ma non riusciva a controllare il trasporto sessuale. la richiesta turbò anche tōma, che, sorridendo appena, scosse subito il capo.

gli affondi dell'uomo erano precisi e carichi, era impossibile per il giovane non apprezzare la cura e l'attenzione con cui veniva trattato a letto. c'erano molte meno carezze rispetto alla volta precedente, meno sorrisi e meno provocazioni; eppure nulla vietò a kaoru di stringersi all'architetto o di cedere completamente ai desideri del calore. e per questo, all'improvviso, tutto ciò che non si trovava nella metratura della camera da letto del moro perse rilevanza.

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