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2020年 10月 22日,
ore 14:10.


kyōko varcò la porta di casa a passo lento e stanco: si tolse le scarpe e indossò le pantofole. era appena rientrata da una lunga mattinata trascorsa in tribunale. purtroppo il cliente per cui lavorava era uno sprovveduto, una persona sgradevole e poco collaborativa.

la difesa aveva il compito di preservare i diritti dell'imputato anche se palesemente colpevole; la costituzione giapponese era rigida ma, nonostante tutto, aveva delle buone clausole a cui attenersi. il caso che la beta portava avanti era quello dell'aggressione mossa da parte del cliente, soggetto A, nei confronti di un altro uomo, soggetto B.

la beta trovava quel caso irritante e, se foste stata la giudice, avrebbe semplicemente deciso di sanzionare entrambe le parti. ciò che aveva causato la disputa era la relazione con una donna; come sempre, però, il pensiero femminile non era preso particolarmente in considerazione. il tribunale preferiva dar voce alla parte "lesa" e all'accusato.

la mora lasciò la borsa sul divano del salotto; dopo essersi lavata, si mise ai fornelli per arrangiare un pranzo al volo: riso, qualche verdura di contorno e una fumante zuppa di miso. aveva fame, ma cucinare per sé era noioso. si sentiva più motivata alla residenza dei matsumoto, in presenza del fratello maggiore e del padre. condividere un pasto con qualcuno la rendeva più allegra e le dava modo di parlare senza porsi alcun freno. al contrario, la solitudine le faceva sentire la mancanza di yua e allora diventava difficile sorridere o far finta di nulla.

a causa del lavoro non vedeva la sua ragazza da diverse settimane; era sempre bello salutarsi tramite lo schermo del cellulare, così come era speciale raccontarsi le giornate e addormentarsi "insieme", ma kyōko aveva davvero bisogno di abbracciarla, di accarezzarle i capelli e sentirne il profumo.

il telefono prese improvvisamente a squillare e a mostrare il nome di kōtarō. il suo tempismo era quasi sempre impeccabile, kyōko si ripromise di offrirgli una cena.

"ehi?" disse la mora.

"disturbo?"

"nah, stavo pranzando per conto mio. che mi racconti?"

"niente di che, volevo avere aggiornamenti sulla tua causa. ti avrei chiesto di pranzare assieme, ma sei corsa subito via, pensavo avessi un impegno."

kyōko sorrise. era più minuta del fratello, ma aveva uno slancio notevole. si teneva in forma e camminare, anche a passo svelto, le piaceva; kōtarō al contrario era pigro, sedentario e particolarmente lento. non era difficile da seminare.

"le tue insufficienze in educazione fisica erano meritate, sai? comunque ti chiedo scusa, avevo voglia di svestirmi e mettermi comoda. la prossima volta mangiamo insieme, offro io!"

"non ho nulla da ridire... però sì, accetto la tua offerta. ora raccontami un po', com'è andata in tribunale?" chiese il beta.

"sono entrambi dei cretini, ecco. uomini, quindi non mi sorprendo. uno tratta la propria ragazza come se fosse incapace di difendersi, l'altro, l'ex, crede che quella stessa ragazza sia di sua proprietà. il giorno in cui gli uomini smetteranno di oggettificare e umiliare le donne è lontano. beh, senza offesa."

"nessuna offesa, sono d'accordo."

ore 16:45.

i fratelli matsumoto avevano trascorso qualche ora al telefono a parlare del più e del meno, di argomenti interessanti e di piccoli pensieri vaganti. alla mora piaceva l'idea di avere un bel rapporto con la famiglia.

una volta conclusa la conversazione, kyōko tornò a gironzolare per il salotto in attesa di un divertimento con cui riempirsi il resto della giornata libera. il suo sguardo cadde accidentalmente su una foto scattata qualche anno prima: le due fidanzate si tenevano per mano e si guardavano come se non ci fosse stato nessuno attorno.

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