WA_METYARAMA.3DM

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ore 12:48.


il chiacchiericcio che andava allettando i ragazzi si dissolse nel momento in cui il padre dei matsumoto fece il suo ingresso in casa. il giudice rivolse un saluto gentile a tutti e cercò da subito gli occhi di kaoru, che invece aveva già abbassato lo sguardo. il giovane omega sospirò ancora: non vedeva il padre da un paio di mesi, non era riuscito a rispondere nemmeno a una delle sue numerose chiamate.

non lo odiava, anzi. il bene che provava per il genitore era immenso; eppure riconosceva che il loro rapporto si era rovinato e tutto ciò che credeva genuino non era altro che un approccio tossico da cui il ventenne si sarebbe voluto liberare.

quell'uomo, per quanto affezionato al figlio poteva essere, aveva programmato tutta la sua esistenza e molto spesso gli aveva imposto il proprio volere senza tenere in considerazione le sue preferenze.

quando kaoru compì otto anni, decise di voler provare a giocare a pallavolo; hayato, però, gli impose di seguire il costosissimo corso di nuoto che aveva già pagato. a quell'età lamentarsi era poco utile, quindi il piccolo accettava qualsiasi decisione del padre senza ribattere. crescendo, in ogni caso, le imposizioni aumentarono e diventarono uno stress fin troppo pesante da reggere. iniziarono così le prime discussioni, i litigi e le noiose e asfissianti punizioni.

la madre dell'omega, naomi, differiva molto dal marito. non aveva mai obbligato il ragazzo a fare qualcosa, piuttosto si assicurava che continuasse ad avere degli stimoli da tenere in considerazione a suo piacimento: kaoru ricordava volentieri quando, una volta entrato alle superiori, su attenta riflessione della madre, decise di iscriversi al club di kyuudo, sport che apprezzò e praticò per qualche anno.

i coniugi matsumoto erano stravaganti, perfetti opposti accomunati esclusivamente dal successo e dai figli avuti a seguito del loro matrimonio. se hayato ammetteva apertamente di essere ancora innamorato della donna, questa pareva distante dal marito e anteponeva la carriera professionale a qualsiasi palese dimostrazione d'affetto. non bisognava fraintenderla. teneva ai figli e al suo sposo e faceva il possibile per contattarli. talvolta tornava a casa da hayato, gli raccontava i processi gestiti in trasferta e si accoccolava al marito per condividere una o più notti di passione: la relazione più ambigua che qualcuno avesse potuto testimoniare.

kaoru era la copia perfetta di naomi, l'unico dei fratelli matsumoto ad aver ereditato le iridi blu della famiglia della madre: per questa ragione hayato teneva stretto a sé il minore dei suoi figli; lo vedeva come una creatura da amare e proteggere, proprio come la donna che aveva sposato.

avere un carattere ribelle era normale, specialmente in età adolescenziale, eppure il padre dei matsumoto non sapeva che kaoru si sarebbe rivelato il più determinato e ambizioso dei fratelli, il più difficile da "gestire" e da tenere vicino. anche in quella occasione, vederlo seduto al tavolo, con lo sguardo colmo di disagio e preoccupazione, fece comprendere al beta che il ragazzo avrebbe preferito trovarsi altrove.

il giudice prese posto a tavola e sorrise. l'atmosfera gioviale non tardò ad arrivare: presto vennero sollevati numerosi racconti e storie dell'università, di vari tirocini, così come eventi verificatisi in tribunale. l'omega ascoltava e ogni tanto si lasciava andare a piccoli accenni di sorriso genuini, incontrollati.

"come va a tokyo?" chiese hayato a kaoru.

era una semplice domanda, la prima interazione diretta che avevano avuto tra un boccone e l'altro. il ventenne alzò la testa controvoglia, poi fece spallucce. si concesse un altro cucchiaio di riso, infine rispose.

"tutto... abbastanza bene. è interessante."

"ne sono contento." l'uomo ribatté subito "spero che tu abbia trovato qualcuno di piacevole con cui passare le giornate."

"sì..." disse.

"quindi hai trovato un ragazzo?"

kaoru smise di mangiare prima di rischiare di affogarsi. la domanda del genitore lo aveva messo in imbarazzo e aveva anche creato curiosità negli altri, che in quell'esatto momento prestarono attenzione a cosa l'omega avesse da raccontare.

a sedici anni il moro disse di essere attratto dagli uomini e di non avere alcun interesse per le donne; naomi e hayato non presero bene la notizia del figlio e per un paio di giorni lo costrinsero a non utilizzare il cellulare e i social. un "beta" come kaoru non avrebbe dovuto infangare il nome della famiglia con le tendenze omosessuali di cui parlava.

quest'ottica variò nel momento in cui il giovane apprese di non essere un beta. oltre a dover scegliere un partner, era necessario che facesse attenzione alle condizioni del proprio corpo. la dottoressa che lo seguiva gli disse che un omega aveva bisogno di un alfa per tenere sotto controllo molte delle complicazioni create da un semplice periodo di calore.

così, dopo avergli fatto lasciare la scuola in favore di lezioni private, hayato gli impose di stare a casa ed entrare in terapia; la dottoressa assistette al suo primo ciclo estrale e lo guidò alla riscoperta del suo corpo, delle variazioni che andava subendo, così come delle anomalie di alcuni apparati. come se tutto ciò non fosse abbastanza stressante per il giovane, l'uomo fece stilare una lista di possibili pretendenti alfa per tenere a bada il suo corpo sensibile.

il ventenne corrugò la fronte in un'espressione turbata. quella domanda era scomoda e anche particolarmente volgare. lo studente di architettura cercava di non lasciarsi andare troppo alle reazioni impulsive, ma gli era complicato ignorare la prepotenza con cui il padre cercava di conoscere certi aspetti personali.

"mi sembra una domanda inappropriata e insensata da fare in questo momento." borbottò il giovane.

"il figlio dei fuiji è un alfa... ha più o meno la tua età. i suoi genitori mi hanno detto che..."

"non mi interessa?"

"... vuole conoscerti. cosa c'è di sbagliato? studia anche lui a tokyo, potreste andare d'accordo. perché non provi a incontrarlo un paio di volte?" chiese l'uomo.

"è il compleanno di kōtarō. non voglio parlare di questo."

le espressioni di kaoru non mutarono più di tanto, ma il tono della sua voce lasciava intendere che quella conversazione non era di suo gradimento. kyōko, che era seduta accanto al fratello, decise di intervenire e chiese al padre di cambiare argomento, poi si rivolse verso il maggiore dei matsumoto per cercare appoggio.

"papà..." il procuratore si intromise "lascialo stare, lo stai mettendo a disagio. possiamo discutere d'altro. no?"

"è per fare due chiacchiere anche con lui, su. non sta raccontando niente." concluse il giudice.

kaoru si mise in piedi e lasciò la sala senza guardarsi indietro. era convinto che, se fosse rimasto un secondo di più, avrebbe insultato il suo stesso padre. raggiunse la camera da letto e ci si chiuse dentro nella speranza di essere lasciato in pace per almeno un paio d'ore.

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