RANSOMCSH.SAT

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2021年 02月 19日,
ore 18:58.


toma e kaoru si muovevano in auto, in quel di yokohama, intenti a osservare alcuni dei parchi che al moro piaceva frequentare quando aveva ancora l'energia e la volontà di farlo. le aree, in parte innevate, rivelavano piccole chiazze di verde e natura pronte ad emergere per tenere compagnia ai bambini che amavano trascorrere interi pomeriggi a correre e a giocare.

gli occhi dell'omega erano nostalgici; ogni tanto gli tornava alla memoria il modo crudele con cui kyōko, sua sorella maggiore, lo spintonava per terra. i due discutevano spesso, litigi infantili, conversazioni banali e lotte immotivate. la beta sosteneva che fosse importante specificare che era brava a vincere ogni singolo scontro.

quando kōtarō trovava kaoru per terra o anche solo sul punto di piangere, si prendeva la responsabilità di sgridare la sorella, anche di fronte ad altri bambini. a sua detta kaoru andava protetto e abbracciato, proprio perché era il fratello più piccolo e anche perché naomi, la loro adorata madre, gli aveva insegnato questo fin da quando aveva scoperto di essere incinta.

"mia sorella era una vera e propria stronza." disse kaoru, corrugando la fronte.

"perché? mi sembra carina, molto a modo."

"ora, forse. ma, quando eravamo piccoli, mi spingeva sempre e mi diceva brutte cose. era gelosa del fatto che mamma avesse iniziato a darmi più attenzioni."

"perché eri un omega?" tōma temeva di toccare tasti dolenti, ma non si tratteneva dal chiedere.

"no... solo perché ero più piccolo e, com'era giusto che fosse, mi coccolava di più. ho scoperto di essere un omega al liceo... avevo sedici anni."

"ah..." il biondo mise la freccia, poi svoltò. seppur a passo moderato, quasi di marcia, si accingeva a raggiungere la residenza dei matsumoto.

"non vuoi saperne di più? strano." il moro fece una smorfia, giusto per creare agitazione nell'altro, poi scosse il capo.

"sono... interessato al tuo passato! è solo che ho paura di metterti di cattivo umore. potrai parlarmene quando ti sentirai pronto."

"stavo scherzando." sussurrò "non c'è bisogno di fare così... e poi mi sento più tranquillo."

"vuoi confidarti con me?" tōma spense il motore della vettura, aveva finalmente parcheggiato.

il ventunenne fissò lo sguardo sul partner per più di una semplice manciata di secondi, aveva la necessità di farsi distrarre dallo splendido colore dei suoi occhi, anche se per pochi istanti. le sfumature verdi gli ispiravano pace, una tranquillità che prima di quei momenti pareva non esistere davvero. se kaoru all'inizio aveva il terrore di aprirsi, ora sperava di poterlo fare in qualsiasi momento spensierato che i due avevano: desiderava avere l'attenzione altrui.

"certo che sì... ma per oggi il mio compito è quello di farti conoscere la mia famiglia." l'omega si slacciò la cintura di sicurezza, poi scese dal veicolo ed esortò il maggiore a fare lo stesso.

"spero di fare una buona impressione."

"la farai."

con quelle parole il giovane decise che il discorso si sarebbe concluso lì, sull'uscio di casa. di fatti, dopo aver suonato il campanello, la coppia riuscì a chiudersi in un religioso silenzio, pari a quello dei benedettini soggiornanti nei monasteri.

al di fuori, nell'area del giardino, si sentiva una gelida ondata di vento, un soffio invernale che costringeva il moro a tenere entrambe le mani in tasca, a riparo da qualsiasi crampo.

la porta in mogano della residenza si aprì con uno scatto meccanico; dietro al legno spesso si nascondeva una figura tanto alta quanto imponente; tōma era convinto di interfacciarsi con l'autorità della casa, eppure, quando di fronte a sé trovò kōtarō, scelse di sigillare le labbra e di rimanere in silenzio.

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