21. Blackout pt2

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La stretta di Mattia al braccio brucia e non per la forza usata ma per quel contatto corrosivo che ogni incontro con lui genera. Mentre Valeria cammina alcune lampade sfavillano, facendole credere che un totale blackout sia plausibile persino senza l'intervento di quel pazzo ma ad ogni modo le rimane ancora una scelta.
Grazie al generatore automatico l'equipe di tecnici era riuscita a connettere una delle cornette del telefono ed avanzando verso di lei, guidata dall'impulso, Vale finisce per comporre un numero.

Ticchetta contro il legno della postazione sconosciuta di lavoro, mentre attende che il lento bip del telefono venga sostituito dalla voce dall'altro capo.
Le unghie smaltate seguono una ritmica nervosa. Le sopracciglia di lei quasi si uniscono in una riga netta fintanto che la chiamata non viene presa a carico.

«Pronto?»

«Sono io.»

«Valeria? Stai bene?» È Antonio dall'altro capo e la sua domanda mette in chiaro quanto sia confuso nel ricevere una chiamata da lei in una giornata simile.

«La tempesta è passata?»

«Sta migliorando, ma credo che entro stanotte non termini. Per il momento, il cielo ha lasciato un lasso di tempo. Hai bisogno che venga da te? Sono vicino.»

«Sì, io credo... credo di aver bisogno di parlare con qualcuno.» Confessa in una breve interruzione usata per poter far fuoriuscire il coraggio in un solo fiato.

«Che cosa è successo? Chiami da un telefono della sede?»

Per un secondo, uno solo, Valeria valuta se sia il caso di confessare ad Antonio ogni cosa ma l'istante dopo averlo pensato si sente subito sporca. Troppo sporca, perfino in un confronto con lui.

«Ci ho ripensato. Non importa che tu venga qui, sto bene.»

«Valeria...»

«Adesso devo andare, ciao.»

Abbassa in fretta il braccio e termina la chiamata, senza attendere una replica da parte del suo amante.
Dopodiché sorride, quasi ride, nel pensare quanto sia assurdo che la sua anima si sia ammalata al punto da non poter reggere il confronto con gli uomini negativi che la circondano. Mattia, Antonio... lei è peggiore di tutti loro e concepirlo la spinge a comprendere di non avere via di fuga. Più nessuna scelta. Più nessuna speranza.

La risata si tramuta in un tremolio e da quel tremito muta in un ansito. Poi in un respiro spezzato, poi in una tachicardia. La luce al soffitto che appare e scompare, appare e scompare, anticipando un nuovo blackout la spinge alla follia, rende il suo animo inquieto e parte stessa della tempesta che torna ad infuriare al di fuori. Antonio si sbagliava nel credere che sarebbe tornata la calma... sta per iniziare un nuovo e furibondo temporale.

Offuscata nei pensieri e nella vista, Valeria si porta la mano allo sterno per poter percepire il proprio battito ma poi se ne distacca con forza, ricordando la pressione della mano di Mattia.
Vorrebbe di nuovo ridere. Non ci riesce. Finisce per produrre un suono strozzato da sola in quella stanza totalmente vuota. Il corpo le si spezza in avanti, dovendo andare a caccia d'aria. 
Vivere all'interno del panico è un sentimento angosciante. Gli attacchi stritolano il cuore fino a mandarti in poltiglia e ti auto incriminano; ti spingono a comprendere quanto sia tu, in realtà, la causa di tutto ed è proprio ciò che anche Valeria sa di essere, eppure non basta. A seguito della fustigazione c'è persino la condanna.

Alle volte è più semplice se vissuta in uno spazio sicuro, calmo, ma la luce tremolante e la rabbia della tempesta al di fuori, uniti ad una totale assenza di personale, non ne donano il presupposto.

Percorsa dai tremori, Valeria posa una mano contro il tavolo affinché possa sorreggerla da una caduta inevitabile visto come non riesce più a sorreggersi sulle proprie gambe.

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