30. La mia ombra

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16 Dicembre 1970, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte.

Le è piaciuto. Vincere le è piaciuto al punto tale da non riuscire a smettere di sorridere.

Se solo qualcuno chiedesse in questo momento a Valeria quale sapore avesse la vittoria direbbe "l'addio". Il dire "addio" a qualcuno per ottenere la ricompensa che si merita. Eppure, ogni volta che incrocia lo sguardo di suo marito, non può fare a meno di sentirsi un poco imbarazzata dal modo con cui l'ha ottenuta. Solo per un attimo, però, perché l'imbarazzo ogni volta viene sostituito da un sorriso impertinente che lascia ben intravedere quale sia stata la parte più divertente dell'intera storia.

In risposta, ogni volta, intravedeva lo stesso sguardo anche in Diego che distrattamente, ma sempre più spesso, sembrava camminarle vicino o di fronte la scrivania, quasi chiedesse di essere al centro dei suoi pensieri. E riusciva ad esserlo, senza alcuna difficoltà.

È trovando una Valeria sorridente che Silvia arriva a recuperare il proprio posto alla sua scrivania. Abbandona la borsa a peso morto, facendola piombare sul tavolo allo stesso modo con cui l'aveva fatto in presenza di Sofia, eppure il suono non risulta abbastanza forte da destare Valeria dal suo momentaneo torpore. Nemmeno un colpo di tosse o la chiusura violenta di un catalogo di vecchi prodotti venduti dalla compagnia.

Silvia alza gli occhi al cielo, battendo forte tra di loro le mani, nell'unico modo che conosce per ottenere attenzione all'interno dell'ufficio. Si tratta di una tradizione ereditata da Pietro Grimaldi, uomo solito passeggiare tra i suoi impiegati per scoprire tra di loro qualche mela marcia da smascherare con quel suono di richiamo all'ordine, per cui è diventato negli anni una sorta di campanello d'allarme usato da vertici come Sofia Grimaldi, Mattia Grimaldi e certe volte persino da Maurizio. Diego non aveva mai osato, detestava quell'imposizione patetica.

Ad ogni modo, Valeria salta sulla sedia, voltando la testa sconvolta, il che è un gran bel risultato per la sua amica già sommersa di problemi.

«Sei tornata» le dice Valeria, del tutto sorpresa dal suo arrivo.

«Felice che tu l'abbia notato.»

«La situazione con Claudio?»

«Non è sistemata, se è quello che ti stai chiedendo. Voglio ancora del tempo per me, da passare da sola o con i bambini, secondo quanto abbiamo stabilito. Speravamo di dover fingere che andasse tutto bene ma ormai sono già grandi e svegli, hanno capito da soli. Tu perché stavi sorridendo?»

Pronta a riferire una buona notizia, Valeria si arma di buon umore, rivolgendosi all'amica. «Sono riuscita a convincere Diego a licenziare Isabella, ormai è fuori.»

«Per la seconda volta» commenta con allegria l'altra, iniziando a disfare la sua borsa e accomodandosi alla scrivania. «Sicura che non sia per quello che le ho detto io? L'ho messa bene bene in riga.»

«So che vi siete parlate, me lo ha detto, lo abbiamo fatto anche noi.»

«Per cui si è presa la doppia ramanzina» commenta Silvia, sgranando gli occhi e sollevando le sopracciglia, sorpresa dalla più buona delle novità.

«Per così dire.»

«Chissà quanto sarà stato utile. Hai detto a Diego che non la volevi nemmeno nei futuri ritrovi di famiglia? Altrimenti Sofia ci mette un solo attimo a fartela piombare lì.»

Per la verità non l'aveva fatto. Era tanto arrabbiata con Isabella e così concentrata a far capitolare Diego da non averglielo affatto chiesto, mentre lui era riuscito a chiarire bene il suo punto di vista per Antonio. Non voleva, per il futuro, "niente di niente". Troppo astuto, nel cavarsela così. Forse non era così coinvolto come Valeria aveva creduto che fosse. Lo pensa in un attimo di sconforto, ragionando su come possa essere apparsa patetica ai suoi occhi. Insomma, credeva di vincere ed invece aveva finito per incassare! Si era trattato di un pareggio quando avrebbe dovuto essere una vittoria schiacciante per lei. Non è più sicura di aver agito per il meglio e il non rispondere a Silvia lo rende evidente.

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