24. Pura paura

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13 Dicembre 1970, Cuneo (Langhe), Piemonte.

Da pochi minuti lo scoccare della mezzanotte ha promosso un nuovo giorno nella terra delle Langhe ed in quel minuscolo mutamento è rimasto intrappolato anche il silenzio vivo da troppo all'interno della casa. Piccoli rumori avevano generato un'avanzata di timidi passi, verso di essi: Valeria aveva raggiunto con esitazione la cucina ed era finita a notare il marito a pochi passi dal frigorifero aperto. Lo aveva guardato per alcuni minuti ed ora che anche lui si è accorto di lei ha modo di lasciar libera di librare la propria scusa, sollevando in alto il vecchio phon trovato in uno degli scompartimenti del proprio bagno.

«Non volevo disturbarti, ma ho problemi con le prese.»

Diego analizza il suo stato, i capelli bagnati e gli abiti che indossa, prima di mormorare appena: «è una vecchia casa, non l'ho ancora fatta aggiustare del tutto.» Sua moglie interpreta le sue parole come un segnale di consenso ed avanza verso la cucina, a caccia dell'ultimo interruttore rimasto in funzione.
Il difficile risulta agire sotto lo sguardo dell'altro che in silenzio, avendo chiuso il frigo, sembra intento a fissarla in maniera perpetua ed asfissiante, riducendo Valeria ad un piccolo palloncino sgonfio d'aria.

«Credevo fossi già andata a letto» le dice, prima di sollevare una questione piuttosto immorale che se solo Valeria non fosse tornata in soggiorno si sarebbe posticipata alla seguente mattina. «Sentiti libera di prendere in prestito i miei vestiti quando vuoi.»

«L'ultima volta che sono venuta avevo una valigia» si sente in dovere di chiarire l'indagata ed in compenso riceve ulteriori occhiate di attenzione su come sia riuscita a gestire la differenza delle loro taglie. I pantaloni, infatti, risultati troppo grandi sono stati rigirati più volti intorno ai fianchi ed in essi è stata intrappolata la lunga maglia di sopra, facente quasi da abito. Ciò che è impossibile cogliere con un solo sguardo è il profumo dell'ammorbidente usato da Diego in ogni capo di sua appartenenza: da alla testa e culla come una carezza. Vale già lo conosceva ed averlo di nuovo addosso la destabilizza.

«Ti sta bene» commenta lui, in riferimento al pigiama, il che le fa sgranare gli occhi e la porta ad arrossire. Aveva detto le stesse identiche parole la notte in cui aveva indossato il suo maglione bianco. Infila con troppa forza la presa al muro e il vecchio phon, rimasto intrappolato nell'ordine dei precedenti comandi, mugugna la sua protesta in uno sbuffo di aria calda.

«Tu che cosa stai facendo?»

«Cercavo solo qualcosa di decente da bere» le risponde, vedendola trainare a se uno degli sgabelli e sedersi, mentre il phon parte ad asciugarle i lunghi capelli.

«Qualche bevanda energetica e piena di magnesio?» Lo prende in giro, avendo notato le sue abitudini serali.

«Beccato.»

«E non hai trovato niente?» L'assenza di risposta rende la domanda scontata. «Credo che al massimo tu ti possa preparare un caffè.»

«Vuoi una mano?»

Vale si arresta. «Come?»

Diego allunga il collo, in direzione della chioma di lei. «Potresti metterci una vita.»

«Non importa» mormora in risposta, al di sotto del rumore dell'asciugacapelli e continuando a scuotere la massa di nere ciocche dalla cute, in modo da movimentarle. Diego sorride.

«D'accordo, ma sono piuttosto bravo...» fa presente, prima di riempire una tazza da colazione con sola acqua e fare per andarsene. Vale spenge il phon ed in un primo momento Diego nemmeno ci crede. Si volta verso di lei con sorpresa e la nota, a testa bassa, fissare verso terra mentre gli porge l'apparecchio elettrico.

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