37. Disfacimento

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25 Dicembre 1970, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte.

L'ultima volta che Sanna aveva scartato un regalo era stato per i suoi cinquant'anni. Lo aveva trovato di cattivo gusto, trattandosi di un'uscita goliardica dei suoi amici riguardante la completa distruzione auto degenerativa del suo corpo con l'avanzare dell'età, tanto da aver proibito a chiunque altro di promuovere qualsiasi dono, sua moglie compresa. Persino a lei era stato vietato ma in una situazione del genere, con la carta rosso scura appena scartata di questo strano regalo, lo psicologo non può rinunciare all'offerta, specie vedendola sempre più intrisa della propria curiosità.

«Che cos'è?» Domanda in direzione di Valeria, facendo dondolare nel vuoto, afferrandola dal gancio, la piccola sfera in stoffa dai colori accesi e dai profili geometrici.

«Un regalo, per ciò che stai facendo per me. Oggi è Natale e sentivo il bisogno di ringraziarti.»

«Non ce ne era bisogno, Valeria, e mi fa sentire in colpa... io non ti ho portato niente.»

«Ed è giusto così, mi stai già donando tanto.»

«È una tecnica, questa che usi?»

«Si chiama arte Temari, è giapponese.»

«Molto bella... e molto ordinata.»

«Lo credo anche io.»

«Ci sono stati progressi, Vale? Mi sembri diversa.»

Accomodata alla sua postazione, divenuta abituale, Valeria annuisce appena, nascondendosi ancora in piccole mosse per non lasciar prevalere la totale emozione.

«Sono andata da Diego, ieri notte. Abbiamo parlato. Gli ho chiesto di aspettarmi.»

Lo psicologo abbassa il proprio dono, riponendolo accuratamente nella sua scatola. Non aveva intenzione di addobbare alcun abete natalizio, ma un decoro del genere ha bisogno della giusta postazione, così come il cuore di Valeria ha bisogno di essere donato ad un uomo che già da tempo ne è proprietario.

«Come ti sei sentita a raggiungerlo?»

«Quando l'ho visto ero felice, ancora di più quando sono riuscita a parlargli... ma aspettarlo è stato difficile.»

«Dove eravate?»

«Nel giardino della sua casa.»

«Quindi dalla famiglia di lui? C'erano anche la madre e Mattia? Li hai visti?»

«Sì.»

Ripensando a quanto Mattia tenesse a una simile festa, lo psicologo annuisce distrattamente.

«In una simile occasione è ovvio che la famiglia si riunisca.»

«Non lo fanno solo per le feste, ma tutte le sere.»

L'attenzione dell'uomo si fa più acuta, lo sguardo le ritorna addosso. «E tu presenzi a quelle cene?»

«Qualche volta. Quando mi è impossibile evitare. Di solito accadevano i venerdì. Nell'ultimo anno sono capitate nel fine settimana.»

«Da quanto vanno avanti?»

«Da sempre. Da che ho sposato Diego, per quanto ne so.»

L'informazione lascia Sanna a riflettere, fino a condurlo ad afferrare il proprio taccuino senza però scrivere niente. Una sorta di esitazione lo blocca, dovuta a un'informazione che pare sfuggirgli dalle mani. Tenta di afferrarla ma non la prende; non appena allunga le mani quella scappa via per potersi nascondere dentro Valeria, che è tornata ad essere uno scrigno chiuso e infrangibile.

«Non lo annoti?»

«Sto cercando di capirti, Valeria.»

«Mi auguro che non ti sia impossibile» sussurra, spostando altrove lo sguardo perché di colpo l'idea le appare insostenibile. Lui, invece, continua ad osservarla, ticchettandosi l'indice contro le labbra. «Che cosa non riesci a capire?»

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