45. Mezzanotte

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31 Dicembre 1970, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte.

L'inizio e la fine.
Sofia Grimaldi detiene il ricordo di ogni capodanno passato in quella casa. La sua mente agisce come un archivio nel ripercorrere ricordi privati o troppo distanti per poter essere raccontati in altro modo se non che con immagini sensoriali, eppure una sensazione regna sovrana sopra ogni altra e pare essere in grado di raccontarsi con la propria voce, scivolando lungo la bianca tovaglia decorata in oro come se fosse una cascata di piombo fuso.
È come un eco, un ricordo perduto che la donna tenta di fermare pizzicandolo all'altezza della tempia, tra le lunghe dita tinteggiate di smalto nero.
Un fastidio, quasi una beffa.

Ma certo... certo, sa che cos'è... ed è così odioso vedere quel brusio prendere forma dinanzi ai proprio occhi.
Lo ricorda; un tempo... vi era complicità.
Una sorta di unione. E di colpo è come se fosse rimbalzata come una palla avvelenata nelle mani di tutti. Che fastidio. Quanti... sguardi, e quante parole soffocate, attorno al loro tavolo.

Afferra il proprio calice bevendo un sorso del contenuto e nascondendosi dietro a quel sottile vetro temperato per spiare con gli occhi di un rapace la macabra vista che i suoi commensali le offrono.

Claudio e Silvia si tengono per mano, vicino ai tovaglioli con sopra ricamate le loro iniziali in un rosso gotico, senza tentare minimamente di dimostrare quanto distacco possa essere avvenuto nella loro unione nelle ultime settimane.

Per non parlare poi del vuoto lasciato dalle sedie di Maurizio e Manila. Quale mancanza di rispetto non presentarsi alla cena più importante dell'anno per chiudersi in una camera come una coppia di adolescenti scalmanati.
Aveva creduto che l'età del nipote avrebbe contenuto anche giudizio e rispetto per le figure familiari più autorevoli, eppure è come se il matrimonio con la siciliana gli avesse consumato il cervello come un tarlo, masticando pezzo per pezzo ogni forma di sanità sopravvissutavi nel tempo.

Fortunatamente alla propria sinistra Sofia ha ancora Mattia, dolce figlio prediletto, che la osserva in un mezzo sorriso pieno di rassicurazione. Il suo sguardo è sufficiente a declassare in secondo piano il massiccio peso dato dalla sedia vuota, appartenente al defunto marito di Sofia, che più di tutti ha un ruolo nel malessere della donna che si percepisce come schiava di una situazione di cui aveva sperato perdere del tutto il ricordo.

La complicità, che emozione patetica. E perfida. Silvia la fissa in un modo... Palesemente la sta fronteggiando, lasciando ondeggiare di fronte agli occhi infastiditi della donna la perfezione di un equilibrio che non è stata in grado di distruggere, dichiarandosi vincitrice contro di lei.

Ma come può credere di aver vinto se molto presto questa stupida e ridicola espressione le toglierà il lavoro con cui riesce a sfamare i suoi figli e conservare, allo stesso tempo, una sorta di femminile indipendenza all'interno dello scatafascio che è la sua vita? Crescere una famiglia non è facile, tre figli... Sofia lo sa straordinariamente bene dal momento che avere un marito è stato come avere un altro bambino di cui prendersi carico.

No, Davide non era davvero in grado di essere un vero uomo come lo è stato Pietro Grimaldi per tutta la sua vita perché aveva il miserabile vizio di non assumersi responsabilità e colpe, così come di condividere la complicità persino con una cameriera dello staff.
Patetico Don Giovanni in grado solo di sventolare il proprio fascino a mo di bandiera di conquista, senza preoccuparsi delle conseguenze.

Non far assumere ai suoi figli quel vizio di forma è stato praticamente impossibile ed è finito per infrangersi come il frammento maledetto di uno specchio all'interno degli occhi con cui guardano altre donne e ciò che a loro è proibito. Mattia il più delle volte l'ha fatto ma è Diego a non essersi mai astenuto.

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