29. Un unico filo

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15 Dicembre 1970, Vezza D'Alba (Langhe), Piemonte.

Le persone possono essere private di ogni cosa. Di una casa, degli affetti, dei ricordi, del lavoro, dei sogni ma mai della possibilità di riscoprire se stessi non appena tutto sembra essere perduto. Silvia Agnelli ha toccato il fondo di un profondo baratro e ci è caduta dentro con un imbracatura molto pesante fatta di ipotesi e silenzi che si era calata addosso ogni giorno, negli ultimi quattro anni. Ne ha sentito l'impatto. Ha visto la terra chiudersi su di se mentre precipitava dentro i suoi incubi eppure, una volta raggiunta la fine, ha avuto la capacità di fissarsi attorno e chiedersi se fosse tutto lì.

Per questo motivo sfoggia la fierezza di uno sguardo rinato, percorrendo la strada per l'ingresso di Villa Grimaldi, perché ha trovato il coraggio di combattere e le risulta assurdo credere di dovere il merito alla persona più detestabile sull'intera faccia della terra.

Giunta all'interno della casa, supera Tommaso in piedi sulla porta di ingresso e si avvia verso il patetico tavolo delle torture attorno al quale vengono radunati come agnelli sacrificali quasi ogni sera. Come immaginava, Sofia è seduta a capotavola, con uno sguardo assorto e l'abitudine di rigirarsi i pesanti anelli tra le dita. Sbatte la borsa sul tavolo solo per interrompere quelle elucubrazioni e far sobbalzare la donna, ricevuta poi con un sorriso finto ma prontamente ricambiato.

«Sì, Silvia?»

«Spero di non recare disturbo, Sofia, sono venuta solo per informarti di persona.»

«In merito a cosa?»

La bocca di Silvia si allarga maggiormente e gli occhi brillano come braci. «Non ha funzionato.»

«Che cosa, di preciso?»

«Pensi che non sappia che ci sei tu, dietro a tutto?»

Questo simile interrogativo privo di ulteriori spiegazioni produce nella madre di famiglia un divertimento palese che la costringe a rivolgere completa attenzione alla nuova arrivata.

«Continua.»

«Ti dispiacerà sapere che sì, Isabella è venuta a trovarmi, ma l'ho messa presto in riga. Qualsiasi cosa stessi pensando di riuscire a fare non ha funzionato.»

«Hai sempre creduto che ti stessi facendo la guerra, Silvia...»

«Vuoi farmi pensare che non è così?»

Sofia sospira, prendendosi del tempo prima di spiegarle a fondo il proprio punto di vista. Distrattamente, si cura anche la piega dei capelli terminanti alle spalle con due sole dita, incentivando la stiratura mossa a resistere all'umidità della stanza, dopodiché torna a parlare.

«Non ho mai apprezzato Claudio, essendo il figlio illegittimo del mio defunto marito, ma non ho mai provato alcuna forma di odio verso di te. Anzi, ho sempre pensato che mi assomigliassi. Sei una grande lavoratrice, adori il tuo lavoro e fare carriera ed oltretutto sei una moglie devota, una madre autorevole ed un pilastro solido per la tua famiglia. Non sei certo la persona che ha tradito dei due, ma temo che Claudio lo abbia ereditato dal proprio padre un simile vizio. Per quanto riguarda Isabella, invece, il mio rispetto verso di lei viene incrementato solo se messa a confronto con Valeria. Certo, nel caso di mio figlio è lei ad essere l'amante ma Valeria avrebbe dovuto essere di Mattia per cui direi che ha già giocato le sue carte.»

Silvia sgrana gli occhi dinanzi alla freddezza della padrona di casa, non riuscendo a vedere un limite nei suoi discorsi.

«Dici sul serio?»

«Sì, è così. Credo che Valeria lo meriti.»

Non volendo trattenersi più del dovuto, Silvia scuote la testa per scrollarsi dalla mente una simile storia e tornare concentrata sul discorso iniziale.

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