CAPITOLO 52

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SARAY

Abbiamo camminato per due giorni finché non abbiamo trovato i talebani quasi al confine con il Pakistan.

La pioggia di proiettili che arriva nella nostra direzione è il doppio più grande e consistenza di quella che restituiamo noi.

Sono in tanti, hanno le munizioni e sono preparati alla guerra.

Noi no.

Ma nel momento in cui credo che tutto sia perduto sento il rumore di un elicottero.

Guardo il segretario e lui annuisce.

È lei, la mia sola ed unica amica un po' figlia di puttana.

Parla in arabo con una radio e un altoparlante.

"Abbiamo un prigioniero, il padre del vostro comandante in caria Mohamed Ali, se cessate il fuoco e ci restituite i prigionieri americani verrà rilasciato. In caso contrario, verrà buttato fuori bordo all'istante"

Come ho detto.. un po' figlia di puttana. È Zulema.

La sparatoria cessa all'istante e tiro un sospiro di sollievo. Appena in tempo.

L'elicottero atterra in uno spiazzo piano privo di arbusti "Hanno smesso di sparare! Hanno smesso di sparare!" Esclamo contenta.

Ci precipitiamo da lei armati e ci prepariamo per lo scambio.

Forse questa situazione avrà finalmente un lieto fine.

ZULEMA

Afferro per il colletto l'anziano e lo faccio scendere dall'elicottero.

Vedo davanti a me una schiera di talebani armati e attendo di vedere il suo viso.

Dal furgone militare fanno scendere due uomini e una donna, sporchi di sangue e stravolti. I visi sporchi di terra e lo sguardo assente.

Li tengono sotto tiro con i loro fucili d'assalto.

Il segretario mi dice "Avanti, Zahir, facciamo questo scambio"

Lo spingo in avanti e iniziamo a camminare lentamente.

La situazione è tesa, rigida, e sono preoccupata che qualcosa possa andare storto.

I miei occhi sono su di lei, che tiene la testa bassa.

Sono felice che sia ancora viva ma sono terribilmente preoccupata.

Non l'ho mai vista così.

Sembra.. priva di vita.

Porto l'anziano dai talebani e con la coda dell'occhio vedo che i nostri sono sani e salvi.

È finita.

Ritorno indietro, Saray sta parlando con i nostri ma appena mi vede avvicinarmi, si allontana per darmi la possibilità di parlare con lei.

Ha ancora i polsi legati e il bavaglio alla bocca.

Tiro fuori il suo coltello dalla tasca che custodivo con gelosia e la libero.

"Stai bene?" Le chiedo dolcemente ricercando il suo sguardo che mi nega.

"No" mi risponde con un filo di voce.

Un ragazzo, un americano prigioniero con lei, mi dice quello che avevo paura di sentirmi dire "L'hanno picchiata molto duramente"

Annuisco.

Sabatino resta il solito idiota di sempre "Ho sete, ragazzi, ci possiamo muovere?"

Saray controbatte "Se fosse stato per me, avrei salvato solo due americani su tre"

Calibro 9Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora