Capitolo 58

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Mi avvicino al banco sorseggiando il mio martini e mi rendo immediatamente conto che la situazione è calda.

Studio nei minimi dettagli la scena per capire qual'è l'approccio migliore.

So che è un cacciatore egocentrico e immagino che la bionda tettona che gli sta massaggiando le spalle sia il suo portafortuna.

Che di fortuna stasera sembra esserne sprovvista ma sarò in grado di sfruttare la cosa a mio vantaggio.

Ho diverse abilità.
Una delle quali è saper contare le carte e questo fa di me un'ottima giocatrice, per questo sono sicura che Raul Castro perderà anche questa mano.

Nel giro di una manciata d'istanti le carte mi danno ragione e l'atteggiamento nervoso si fa sempre più marcato anche gli occhi dei suoi stessi soci che gongolano nel vederlo stare su questa graticola.

È evidente che non gli piace perdere e che probabilmente non è nemmeno abituato a farlo.

Sorrido mentre continuo a notare il susseguirsi di mani sfortunate.

Allenta la cravatta e tira su le maniche della camicia, così accaldato e sempre più adirato viene meno la concentrazione e anche l'arte del bluffare viene meno, questo non fa altro che agevolare il gioco degli altri giocatori.

All'ennesima perdita sostanziosa di denaro, caccia in malo modo la bionda tettona che corre via in lacrime.

Ha perso il posto di portafortuna.

Peccato..

Castro chiede una sospetta e si alza per venire al bancone del bar per bere quello che mi sembra il terzo scotch con ghiaccio.

"Serata sfortunata" commenta il barman con una punta di ironia che mi fa leggermente sorridere.

"Fanculo Pier" risponde sgarbato.

"..punterei sul colore" dico io senza guardarlo ma sono sicura che ho catturato l'attenzione.

"Non accetto consigli da una donna" controbatte lui nervoso.

Sorrido, non mi aspettavo di certo un'altra risposta, per questo mi sento in dovere di spiegarmi "Sono usciti già due jack.. un re di fiori e l'asso.. la probabilità che esca una scala è pari al tre percento" mi volto nella sua direzione e lo guardo negli occhi "Non posso esserne certa ma probabilmente lei ha in un mano una doppia coppia.."

"Coincidenze" ribatte scettico.

Sorrido sapendo che ho indovinato "Punterei sul colore.. ma io.. sono solo una donna" e con un movimento da gatta mi allontano dal bancone sapendo che lui vincerà questa mano e mi cercherà.

Alloggio in questo albergo sotto il nome di Maggie Civantos.

Vado in reception e chiedo la carta magnetica per salire al decimo piano di questo gigantesco palazzo.

Sono stravolta, non ho dormito molto la scorsa notte e i miei piedi iniziano a chiedere pietà.

Le porte dell'ascensore si aprono e inizio a percorrere il corridoio alla ricerca della mia camera mentre con la testa vado a stamattina.

Appoggio la chiave sulla maniglia della mia stanza, la numero 119.

QUESTA MATTINA

Sono agitata.
Non ho dormito molto perché la mia testa non faceva altro che ripassare e ripassare e ripassare le informazioni che mi ha fornito la squadra.

Sono pronta, so di esserlo.

Devo solo lasciare i traumi e tutti gli altri problemi a Log Angeles, tanto saranno qui al mio ritorno.

Devo farlo per essere il più lucida possibile sul campo.

Afferro il borsone nero con dentro tutta la mia attrezzatura ed esco dal mio appartamento.

La volante dell'agenzia mi aspetta accostata al ciglio della strada.

Riconoscono uno dei nostri agenti, gli faccio un breve cenno di saluto con la mano mentre salgo sui sedili posteriori e partiamo.

Il mio volo parte tra un paio d'ore.

L'aeroporto privato dell'agenzia è esattamente a 45 minuti di strada.

È meglio usare le vie di comunicazione nascoste per non destare troppi sospetti e soprattutto per evitare che, nel caso facessero dei controlli su di me, risultasse che non sono chi dico di essere. Farebbe di certo saltare la mia copertura, oltre che la mia testa.

Per tutto il viaggio non dico nemmeno una parola.
Resto in silenzio.
Sento il mio respiro pesante e sono sicura di non avere una bella cera dopo una notte insonne per questo ho optato un paio di grandi occhiali da sole.

Dalla autoradio esce una compilation di canzoni anni 90.
Le conosco tutte e ce ne sono alcune carine ma in questo momento vorrei solo silenzio.
Mi concentro meglio.
Però non voglio apparire scortese quindi evito di chiedere di spegnerla e mi limito ad isolarmi.

I minuti scorrono sull'orologio a ritmo frenetico tanto che mi ritrovo nello spiazzo aereo senza nemmeno accorgermi che è passata quasi un'ora.

Scendo dall'auto con il borsone in una mano e osservo davanti a me il jet bianco parcheggiato nell'hangar.

Ci siamo.

Da dietro questo gigantesco bestione esce un suv nero che si parcheggia accanto a noi.

Scende la mia squadra.

Montgomery, Riccia, Saray.. e basta.

La cerco con lo sguardo ma quando chiudono le portiere la mia speranza sparisce. Non c'è.

Guardo Saray negli occhi giusto per una conferma e lei scuote leggermente la testa. Lei non c'è.

Abbasso lo sguardo e non posso descrivere il senso di vuoto che mi crea il pensiero che non la vedrò prima della partenza.
Non avevo nemmeno considerato l'idea che non si facesse vedere.

"Allora.. tutto pronto?" chiede ad alta voce il mio capo.

"Sì direttore.. pronti a partire" risponde il pilota d'aereo che scende le scalette.

Il suo sguardo si sposta su di me "Molto bene.. Agente Ferreiro, lei è pronta?"

Annuisco sicura "Sì certo"

Lo sono. Lo sono davvero.
Ma il pensiero di Lei sta occupando gran parte della mia testa.

Kabila apre il bagagliaio del suv e prende il suo borsone con l'attrezzatura. Sarà lei a venire con me, sarà lei il mio agente di appoggio sul campo, e mi affianca.

"Ottimo.. buona missione allora" risponde autoritario il mio capo "Mi aspetto grandi risultati, Ferreiro.. o quantomeno degli aggiornamenti" mi fulmina deciso prima di salire a bordo del suv.

Saray saluta Kabila.
In un modo quasi distaccato, nemmeno si avvicina ma in questi casi non serve il contatto per capire che c'è un'intesa particolare.
Sono gli occhi a tradirle.
Il modo in cui si guardano.
Non appartengono a nessun'altro che a loro stesse, l'una per l'altra.
È bello vederle così.

Saray mi guarda e mi abbraccia forte. Non è un tipo da grandi contatti a meno che non ci sia una ragione "..ci ho provato, non ha voluto sentire ragioni.."

"..Perché?" Le chiedo d'istinto, senza programmarlo, senza in realtà essere sicura di volere effettivamente una risposta.

"Mi occuperò io di lei, stai tranquilla" è l'unica risposta, totalmente insoddisfacente "Tu adesso devi pensare solo a tornare a casa"

Non credo sia saggio voler approfondire.
Se voglio tornare viva devo lasciare i problemi qui e questo vuol dire.. compresa Zulema.

ADESSO

Entro nella mia stanza e per prima cosa sfilo i tacchi, mi lego i capelli nella mia coda alta e poi noto il carrello bar. Un bicchiere con del ghiaccio sciolto. Non può essere una svista della cameriera in un albergo così di lusso.

Sento. Percepisco un movimento. Tiro fuori la pistola e la punto alla mia destra senza pensarci mezzo secondo, pronta a sparare.

Calibro 9Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora