Capitolo 65

144 18 28
                                    

ZULEMA

La vedo in piedi, in divisa, proprio lì davanti a tutti.

Sta spendendo parole meravigliose per Riccia ed io non posso fare altro che guardarla incantata da Lei, dalla persona splendida che è.

La amo.
Lo sento in ogni cellula del mio corpo.

Per restare lucida l'ho allontanata.
Mi ero resa conto che ero molto più concentrata sulla sua salute che sulla missione e sapevo che con questo genere di distrazione avrei potuto commettere errori fatali.

Ciò che è successo a Riccia è stato un maledetto incidente.

Poteva succedere a chiunque.

Ma vedere Saray distrutta in quel modo mi ha fatto capire che se fosse successo a Maca probabilmente sarei uscita fuori di me.

Lei è l'unica ragione che ho per vivere.
L'unica ragione che mi fa alzare la mattina.
L'unico pensiero prima di addormentarmi la sera.

Sono completamente tua e mi spaventava così tanto l'idea di dipendere così tanto da un'altra persona che l'ho mantenuta distante.

Ma perdere Riccia mi ha anche fatto capire che non abbiamo mai abbastanza tempo.

Ed io lo sto continuando a sprecare con le mie inutili paure quando nn realtà tutto ciò che voglio è sentire le sue labbra sulle mie, stringerla al mio corpo in un abbraccio e non lasciarla più andare via.

Sono innamorata di lei.
Amo lei.
E non c'è paura abbastanza grande che riesce davvero a spegnere questo sentimento.

Guardo il resto della folla, sullo sfondo le lapidi bianche, ognuno di loro è morto lasciando dei conti in sospeso, rimpiangendo qualcosa, lasciando qualcuno.

Non voglio che accada anche a noi, non finché abbiamo ancora del tempo.

Un luccichio strano in lontananza cattura la mia attenzione ma all'inizio penso che sia semplicemente il riflesso dei raggi su una delle targhe in metallo su una lapide.

Un leggero luccichio.
Nulla di che.

Eppure dentro di me si disegna una parola a chiare lettere: PERICOLO.

Ho veramente poco tempo per realizzare.

Il cervello umano lavora in fretta se messo sottopressione.

Il pensiero è un impulso che viaggia lungo le fibre nervose del corpo, alla velocità massima di 248 km/h, il nostro è stato programmato perché vada al doppio della velocità.

La differenza tra la vita e la morte.

Per questo, la voce del mio istinto mi dice: CECCHINO.

E la prima cosa che penso è proteggere Lei.

Urlo il suo nome non curante della cerimonia ma è troppo tardi.

Lei mi guarda, il colpo parte, il rimbombo risuona nelle mie orecchie un attimo prima di gettarla a terra e coprirla con il mio corpo mentre nel cimitero si crea il caos.

La gente urla correndo al riparo, gli agenti agiscono, l'inferno riemerge dalle sue temere direttamente sulla terra ma non mi interessa.

Guardo il suo viso spaventato e sofferente mentre controllo il suo corpo.

La mia mano destra si macchia di rosso.

Ho il suo sangue caldo nelle mie mani tremolanti a causa della forte adrenalina.

Comprimo la ferita e lei geme di dolore ma devo fermare l'emorragia.

L'ha presa in pieno petto.
Non sono un dottore ma questo mi spaventa ancora di più.

Accarezzo il suo viso mentre la stringo forte al mio corpo implorandola di restare sveglia, al mio fianco.

Voglio i suoi occhi puntati nei miei.

Voglio quello sguardo.

"Non puoi farmi questo" le sussurro disperata sentendo la mia anima andare in pezzi e la paura diffondersi a macchia d'olio, nemmeno lo programmo quando le confesso la verità "Ti amo.. ti amo, Maca.." non sono nemmeno sicura che mi senta perché chiude gli occhi un secondo dopo.

Io vado in panico.

"CHIAMATE I SOCCORSI! CHIAMATE UN'AMBULANZA! AGENTE A TERRA! AGENTE A TERRA!" Urlo a pieni polmoni tanto che li sento bruciare mentre sento i miei organi scoppiare dalla disperazione. Stringo il suo corpo forte al mio e continuo a scrollare il suo viso nella speranza di rivedere quel verde acceso "Non puoi lasciarmi.. andiamo non così! Ti prego non così!" Digrigno i denti per non lasciare che le lacrime mi solchino il viso davanti a tutti, ma nonostante tutti i miei sforzi una patina di lacrime mi offusca la vista.

Non possono crollare. Non ancora.

Inizio il massaggio cardiaco.

Il suono delle sirene rompe quello delle urla della gente terrorizzata.

Il mondo sta implodendo ed io non riesco a non guardarla.
Tremo.
Mi brucia la gola e sto a stento controllando il respiro.
Un peso sul petto rischia di schiacciarmi.

La prendo in braccio, non importa il suo peso, punto l'ambulanza che ha appena parchieggiato sul ciglio e le corro incontro.

I volontari mi aiutano a caricarla sulla brandina con me sopra di lei mentre continuo il massaggio cardiaco, è l'unica cosa che la sta mantenendo in vita, e sfrecciamo via.

"Informazioni?" Chiede il medico mentre le presta soccorso inserendo tubi nelle sue braccia.

"Agente Speciale Macarena Ferreiro, 34 anni, gruppo sanguigno 0 positivo, non sono a conoscenza di allergie a farmaci o ad altro.. e stata colpita da un'arma da fuoco presumo un fucile ad altra precisione da una distanza di circa 500 metri.. ha perso molto sangue.." dico tutto senza alcuna emotività nella voce, come se fossi un robot ma i miei occhi non riescono a staccarsi dal suo viso e le mie mani continuando a comprimere ripetutamente il suo letto "Vi prego.. dovete salvarla.. è.. lei è.. Lei è la mia partner"

E molto altro.

"Faremo il possibile" mi assicura "Avvisate l'ospedale Sant'Elena.. è il più vicino! Ci sarà bisogno di una sala chirurgica.. la paziente sta andando in arresto! Abbiamo i secondi contati" urla al guidatore.

Sto vivendo un incubo.
Uno di quelli che ti potrebbero tormentare a vita.
E non riesco a svegliarmi.

Sembra servirci un'eternità per arrivare ma guardando l'ora invece ci vogliono davvero una manciata scarsa di minuti.

Scaricano la barella "Deve lasciarla a noi adesso" mi dice uno dei medici che corre fuori per prenderla.

Non posso entrare.
Devo lasciarla andare.

Balzo giù per non fare sprecare loro tempo prezioso e la seguo finché i miei occhi me lo concedono.

Sparisce dietro le porte ed io mi appoggio alla parete.

"Non può finire così.. non deve finire così.." sussurro tra me e me mentre mi sembra di sparire, il mondo mi inghiottisce, chiudo gli occhi e mi permetto di piangere sentendomi completamente impotente mente lei lotta per la sua vita.

Le sue ultime parole mi risuonano in testa.

La discussione che abbiamo avuto in macchina soltanto ieri.

Non mi ha più rivolto parola da allora.

Era furiosa con me.
Era ferita.

Il mio ultimo ricordo è il suo sguardo pieno d'odio mentre mi dice che sono una stronza senza cuore.

Una verità parziale con cui ho sempre dovuto fare i conti, prima di conoscere lei.

E il suo sguardo nel momento in cui entrambe abbiamo capito quanto fosse una situazione grave.

Le ho detto che la amo.
Dovevo farlo prima.
Doveva sentirlo prima.

Mi odio così tanto che se potessi fare a cambio con lei non esiterei nemmeno un secondo.

Invece sono qui, attaccata alla parete di un corridoio deserto, con la divisa impregnata del suo sangue, a pregare di poterla rivedere sveglia ancora una volta.

Le sanguina il cuore così come sanguina il mio.
Se lei muore, muoio anche io.

Calibro 9Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora