Capitolo 57

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La pioggia picchietta contro il finestrino della Berlina nera a ritmo incessante.

È ormai calata completamente la sera e le luci di questa metropoli illuminano la strada.

Sfrecciamo nel traffico tra i clacson e i rumori tipici di una città grande come questa.

Da ogni locale si sente uscire musica diversa che rende tutto più armonioso nonostante questo tipico temporale estivo.

L'aria calda profuma di umidità.

"Siamo quasi arrivate a destinazione" mi dice Riccia al volante mentre non distoglie lo sguardo dalla strada.

Sono seduta sui sedili dietro e nemmeno io mi volto per guardarla "Okay"

Dico solo questo. Nulla di più.

La mia testa è affollata e sto cercando di svuotarla.

La missione.
Devo pensare solamente alla missione.
Niente può distrarmi.
Distrarsi è la differenza tra la vita e la morte.

Non posso però evitare di pensare alle ultime ore perché la verità è che niente è facile ed io ne sono stufa.

La Berlina si ferma sul ciglio della strada e Riccia finalmente si volta per guardarmi. Posso percepire il suo sguardo preoccupato ed è proprio per questo che non smetto di guardare le gocce di pioggia scorrere lungo il finestrino. Non voglio vedere quello sguardo.

"Il luogo è a un isolato. Ti devo lasciare lì e.." inizia a ripetere le istruzioni.

"Conosco il piano" taglio corto, so i dettagli a memoria, non mi serve un ripasso.

Lei ora dovrebbe mettere in moto ma esita "..vuoi parlarmi prima?" Prova a chiedere titubante la mia amica.

"No" rispondo secca e finalmente il mio sguardo gelido incontra il suo "Perché non c'è niente di cui parlare"

Annuisce e si rimette alla guida senza osare contraddirmi.

IERI SERA

Abbiamo ripetuto i dettagli della missione allo sfinimento.

Raul Castro.
Imprenditore multimilionario della Castro Enterprise.
Sospetto trafficante.

Moglie Esme Castro. Deceduta.

Figlio Benjamin Castro. 7 anni.

Ho memorizzato i volti dei soci, dei collaboratori, di tutti quelli che hanno avuto contatti con lui negli ultimi mesi e conosco i posti, le planimetrie, le abitudini.

Ho memorizzato fino all'ultima goccia di informazione e adesso sono stanca.

"Il suo aereo parte alle 8.30 di domani mattina, Agente Ferreiro.. vada a riposare" mi ordina Montgomery alla fine.

"Chi mi accompagnerà?" Chiedo sapendo che avrò un agente d'appoggio.

Montgomery si ferma sulla soglia prima di guardarsi intorno e scrutare i volti della mia squadra "L'Agente Estefania Kabila" annuncia prima di lasciare l'ufficio.

Cala il gelo.
Il silenzio si taglia con il coltello a causa dell'elevata tensione nella stanza e nessuno osa proferire parola finché una sonora risata non spezza l'equilibrio precario.

È la risata di Zulema "Non esiste!"

"Pensi che non sia in grado di proteggerla?" Chiede Riccia offesa.

"Non mi permetto di giudicarti come agente ma stiamo parlando della mia partner!" Controbatte rapidamente la mora.

"Non più" rispondo io calma "Dal momento che sono in prova.. non sono la tua partner.." afferro con una certo nervoso represso la mia giacca e la borsa "A domani mattina"

Esco sgusciando via dal malumore nella speranza di riuscire a riposare almeno un paio d'ore.

Esco nel parcheggio e cammino nel buio in direzione della mia auto quando sento un profumo che riconoscerei ovunque "Lasciami andare a riposare, Zulema" la avverto.

"Lo ha fatto apposta!" Protesta lei sentendosi una pantera in gabbia.

Annuisco e mi volto per guardarla negli occhi che brillano nonostante la poca luce, posso intravedere il contorno del suo viso e la sua indiscutibile bellezza "Lui non è un'idiota.. non mi assegna una persona con la quale c'è un certo coinvolgimento emotivo soprattutto se la missione prevede sedurre l'obiettivo" razionalizzo freddamente "Al posto suo probabilmente avrei fatto la stessa scelta" mi volto per inserire le chiavi nella toppa della portiera per aprirla e appoggiare la mia roba sul sedile del passeggero.

"Pensi che non sia in grado di scindere il lavoro dalla vita privata?!" chiede nervosa, ma apprezzo comunque il fatto che stia cercando di contenersi.

Abbasso la testa continuando a darle le spalle "No.. sono io che non sono più in grado di farlo"

"Non tocchiamo questo argomento" si affretta a rispondere.

Mi volto e la guardo sempre più innervosita "No.. tocchiamolo invece! Non ti rendi conto?! Non possiamo lavorare insieme! Tu.. tu non sei più solamente la mia partner ed io mi sentirei costantemente in dovere di giustificare le mie azioni.. non posso preoccuparmi anche per te. Non posso pensare di non agire perché potrei ferire i tuoi sentimenti" le svuoto il sacco addosso e lei ne resta spiazzata.

"Sono la persona peggiore da frequentare" è l'unica frase che le esce.

Annuisco nervosa, non li voglio questi sentimenti ma è chiaro che ci sono "Lo so benissimo"

"Fammi venire con te" mi chiede.

"È fuori discussione" controbatto rigida "Montgomery ha ragione. Non posso permettermi di sbagliare e sbaglierei se ti avessi sul campo.. dovrò comportarmi in un certo modo quando sarò lì e non voglio che tu veda.."

Scuote la testa, è chiaro che non è affatto d'accordo con me "..Perché?"

Abbozzo un sorriso rassegnato "Perché se c'è una sola possibilità che un giorno io e te staremo insieme non voglio che tu abbia ricordi di questo caso.." faccio un passo nella sua direzione e la guardo negli occhi lucidi, la sua è solamente paura "Lasciami andare da sola"

Scuote la testa e appoggia la fronte contro la mia "..se ti accadesse qualcosa ed io non fossi lì.."

Chiudo gli occhi e mi inebrio del suo profumo "Andrà tutto bene.. fidati di me"

Fa un enorme sospiro mentre appoggia una mano alla base del mio collo. Mi illudo che mi voglia baciare e non la respingerei perché lo voglio davvero. Voglio risentire le sue labbra sulle mie. Voglio risentire il suo sapore e voglio quell'esplosione di emozioni dentro di me.

Ma.. non fa niente di tutto ciò.

"Ritorna a casa, Macarena" sussurra piano e, proprio com'è comparsa, scompare nelle tenebre della notte senza lasciare alcuna traccia se non il suo profumo.

ADESSO

Mi viene aperta la portiera e scendo elegantemente dalla vettura.

Entro nell'edificio ancheggiando appena e i tacchi alti vertiginosi aiutando l'andatura da felino.

I miei capelli scendono morbidi oltre le spalle e il trucco che ho scelto risalta il mio sguardo.

Il vestito succinto è stata una scelta azzardata ma, vedendo lo sguardo che assumono gli altri al mio passaggio, deduco che ho fatto centro.

In base alle informazioni raccolte abbiamo scoperto che ogni venerdì sera Raul Castro si unisce con i sui amici al tavolo da poker del suo hotel.

L'idea è quella di farmi avvicinare e di entrare nel sue grazie usando ogni mezzo possibile, spero di non dover davvero arrivare a tanto ma in questi casi non si sa mai.

Entro nel casino di questo albergo e per prima cosa ordino un martini. Girare con un drink in mano destra meno sospetti. C'è davvero moltissima gente e il locale è piuttosto grande ma sappiamo che lui ha un tavolo preferito. I giocatori d'azzardo sono tutti scaramantici.

E infatti.. eccolo lì insieme ai suoi soci impegnato in quella che mi sembra una partita difficile.

Si va in scena.

Calibro 9Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora