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THANATOS


Lago Rae, Territori del Nordovest, Canada.

Il viaggio in macchina era proceduto nella noia più totale ma finalmente eravamo arrivati a destinazione. Non sapevo ancora bene per quale scopo fossimo stati interpellati noi, ma evidentemente non eravamo stati i soli, nella piazzola innevata scorgevo diversi suv e addirittura un cazzo di elicottero.

Fissai l'immenso padiglione da caccia in legno, aveva un aspetto rustico, ma le grandi vetrate mi facevano vedere abbastanza del suo interno per comprendere l'assetto moderno.

Lì, in mezzo a boschi di pini imbiancati, era tutto tranquillo all'apparenza ma iniziavo a percepire una certa tensione nell'aria.

Qualcosa mi diceva di stare attento.

Guardai Ecate, sembrava serena come suo solito, con quell'aria noncurante non sapevo se mi facesse venir voglia più di spingerla con la faccia nella neve o di baciarla.

Meglio non scoprirlo.

Raggiunsi il bagagliaio della nostra vettura e dalla borsa da viaggio tirai fuori la mia spada. La mia arma era piuttosto semplice nulla a che vedere con la falce di Ade ma faceva il suo dovere, allacciai il fodero in vita, la mi arma più micidiale erano le lame delle mie ali, ma presentarmi con esse in bella mostra sarebbe stato piuttosto inopportuno. Mi tolsi la giacca anche se facevano diverse decine di gradi sotto lo zero, mi sistemai il fodero di diversi pugnali, uno per braccio e alcuni più piccoli negli anfibi, non sapevo a cosa stessimo andando incontro ma almeno sarei stato preparato.

"Quelle cosa sono?" La voce della Dea della Magia mi raggiunse, seguii il suo sguardo.

"Granate stordenti." Spiegai prendendone qualcuna e infilandomele nelle tasche della giacca, delle armi moderne erano le uniche cose avessi trovato utile, anche perché le pistole non sarebbero servite a nulla contro gli Dei, forse utili solo per un po' di solletico.

Solo le armi create dalla mano di Efesto potevano provocarci qualche danno, le lame affilate e modellate piegando più volte il metallo divino sotto il suo martello erano nostre nemiche, motivo per cui ogni divinità che si rispetti aveva bisogno di allenarsi il più possibile per saperle padroneggiare con destrezza.

Di norma un Dio debole era un Dio morto.

"Stiamo per andare in guerra?" La sua domanda venne posta con tono neutro, la fissai per capire se fosse pronta a qualsiasi evenienza.

"Non credo ma meglio essere preparati." Dissi passandole qualche pugnale, senza replicare lei se li fissò al corpo come avevo fatto io poco prima e gli occhi iniziarono ad illuminarsi di puntini azzurri e viola.

"Peccato." Sul suo viso si aprii un sorriso sinistro.

Quella piccola guerrafondaia non vedeva l'ora di combattere.

Ecate era una guerriera eccellente, ne aveva dato prova in tutti quei millenni, era una fortuna poterla avere dalla mia parte.

Ci scambiammo un lungo sguardo prima di entrare nel padiglione da caccia e subito odori diversi bombardarono i miei sensi: ruggine, pino e... salsedine?

"Finalmente siete arrivati!" Chiusi gli occhi come a voler pregare di non aver davvero sentito e riconosciuto quella voce. Quello psicopatico di Ares ci accolse, a coprirlo solo un paio di pantaloni della tuta grigia, il fisico abbronzato del Dio fece capolinea da dietro l'isola della cucina e in mano teneva un panino mezzo mangiato.

"Tu cosa ci fai qui?" La mia domanda venne accompagnata da una preghiera silenziosa nella speranza di sentirgli dire di essere passato solo per un saluto per poi sparire, ma evidentemente non ero così fortunato.

La Strega e La MorteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora