THANATOS
Il giorno dopo, ero un fascio di nervi e una semplice azione come vestirsi mi appariva un'impresa titanica. Non riuscivo a togliermi dalla testa le parole di Artemide, queste continuavo a risuonarmi fin nelle ossa come una maledetta cantilena fastidiosa.
Il discorso 'Ecate' era sempre stato delicato per me e anche se avevo deciso di eliminarla dalla mia vita, mi era entrata talmente tanto sottopelle da farmi dubitare se ne sarebbe mai andata via, nonostante tutti i miei sforzi.
Un po' come un virus resistente agli antivirali.
Volevo fosse felice? Sì.
Volevo fosse felice senza di me? Al solo pensiero di vederla felice con qualcun'altro i pugni mi si serrarono involontariamente.
Ero un maledetto ipocrita e lo sapevo, non sarei mai riuscito a lasciala andare, bloccai i ricordi che spingevano per riemergere dal buco nero in cui li avevo spinti. Se mi fossi concesso di riportare quelle sensazioni alla luce sarebbe stata la mia fine.
Ecate mi aveva confessato di avermi amato e una parte di me continuava a pensare fosse tutto uno scherzo, semplicemente quei sentimenti erano stati trasformati in qualcosa di più a causa del mio allontanamento, ne ero convinto.
Il tessuto della mia camicia di lacerò, uno strappo lungo i bottoni di chiusura, non mi ero nemmeno accorto di star stringendo così forte il tessuto delicato.
Il solo pensare in quei termini mi faceva infuriare.
Fissai l'indumento ormai da buttare con rabbia, me la sfilai e la gettai a terra, senza perdere altro tempo prezioso, andai verso il borsone per recuperarne un'altra.
Mi fissai nello specchio, i pantaloni di pelle erano perfetti, cuciti su misura, gli anfibi tirati perfettamente a lucido. Sospirai nel notare di aver distrutto l'unica camicia nera di un certo pregio avessi con me e non potevo nemmeno tornare nell'Oltretomba per recuperarne un'altra.
Scrollando le spalle feci uscire le mie ali dalla schiena, le stesi per stiracchiarle, recuperai le cinghie di pelle alle quali ero solito fissare le armi e me le misi, erano perfette, non intralciavano nei movimenti e potevo farci stare un discreto numero di pugnali.
Meglio tenersi pronti se avessi dovuto uccidere un cane troppo allegro.
Quella sera non mi era permesso portare armi e presentarmi con le ali in bella mostra era un segno di maleducazione, una chiara violazione del protocollo.
Sorrisi immaginando l'espressione terrorizzata del lupo nel momento stesso in cui le avrebbe viste.
Quel piscialetto se la sarebbe fatta sotto dalla paura.
Questa era una serata importante e tutti noi eravamo chiamati come rappresentanti ufficiali dei nostri regni. La tradizione voleva portassimo i colori dei nostri luoghi: l'oro per l'Olimpo; il blu per gli Abissi e il nero per gli Inferi.
Fissai l'orologio alla parete, il suo ticchettio mi faceva impazzire, non riuscivo a tenere a freno le mani, mi prudevano e le gambe non volevano sapere di rilassare i muscoli. Nemmeno, il volo mi aveva aiutato a combattere lo stress.
Tra meno di un'ora sarebbero arrivati quei dannati lupi dando il via a quella farsa colossale.
Tra meno di un'ora avrei visto in faccia un condannato a morte.
Ancora però non mi era chiaro come potesse una Dea essere stata destinata ad un cane!?
Sapevo, da quanto appreso sulla loro razza che il legame tra compagni scattava solo tra licantropi e di certo la Dea della Magia non lo era. Non avevo mai sentito niente di diverso.

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La Strega e La Morte
FantasySpin-off de "Il Dio dei Morti con gli occhi di ghiaccio" e "La Primavera e il Cacciatore". Ora che finalmente Ade ha ritrovato il suo amore e possono essere felici cosa ne sarà del Dio della Morte e del suo di amore per Ecate, Dea della Magia? Dopo...