Capitolo 43

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Lo guardavo e accarezzavo i suoi morbidi capelli. Sotto i raggi del sole erano di un castano chiaro. "Dai mettimi giù idiota" dissi ridendo. "Solo se mi prometti di non fare più quel faccino triste, okay?" mi disse in tono autoritario ma scherzoso. "Prommesso.". Così mi mise giù e facemmo un giro per il parco. Dopo un po' decidemmo di andare via dato l'orario. "Penso che i nostri si stiano chiedendo che fine abbiamo fatto" disse lui con le mani in tasca mentre continuavamo a camminare. "Probabilmente staranno pensando che tu sia ancora traumatizzato per le autoscontro" dissi in tono ironico trattenendo le risate. "Ah-ah bella battuta" mi disse spingendomi leggermente. Prendemmo la metro e tornammo a Torino, girammo un po' per la città e poi tornammo a casa: Lore doveva registrare il video per il giorno dopo. Tornati a casa io andai a fare una doccia e lui cominciò a preparare il computer. Quando arrivai in camera sua stava già registrando, così mi accomodai sul letto e feci silenzio. Verso la fine del video mi chiese di aiutarlo: dovevo lanciargli il telecomando da sopra la sua testa, come se il telecomando stesse cadendo dal nulla. Per riuscire bene ci mettemmo un sacco. Almeno una decina di volte lo colpii in testa, un paio cadde a terra e altrettante volte lui non lo acchiappò in tempo. Ridemmo come matti e ci divertimmo un casino. Dopo aver finito di registrare trovai il momento giusto per chiedergli una cosa che volevo domandargli dalla prima volta in cui avevo messo piede nella sua stanza.

Favij? No, Lorenzo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora