The Sun Also Rises

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Mi piaceva l'idea di svegliarmi in posti che non conoscevo. C'era una sensazione quasi magica nello svegliarsi negli aerei, nel divano o nel cuore della notte. Quella sensazione momentanea di confusione e di avventura, forse, anche la paura, che mi prendeva.

Ma non avrei mai immaginato che il mio primo risveglio a New York fosse stato nel letto di un ragazzo di cui ci avevo si o no scambiato due parole. Il letto di un ragazzo di nome Calum, con un fisico tonico e i suoi occhi scuri che potevano far diventare anche i peccatori dei santi. Quando mi svegliai mi ritrovai ricoperta da un lenzuolo bianco con ancora addosso il vestito della notte precedente. Non ci fu nessuna sveglia che mi fece aprire gli occhi, semplicemente i raggi solari che penetravano dalle tende e che si riflettevano sul soffitto. Mi sistemai la crocchia riordinandola.

Lentamente mi alzai dal letto e sentii i miei piedi nudi sprofondare nella moquette morbida del tappeto, voltai la testa e vidi il balcone di ieri sera dove avevo incontrato Luke e tutti i ricordi della notte precedente mi salirono a galla. Quei ricordi mi colpirono velocemente, e furono così dolorosi che mi provocarono una fitta alla testa, afferrai velocemente la maniglia della finestra per tenermi.

Per fortuna, oggi non ci sarebbe stata nessuna lezione ma non cambiava il fatto che non sapevo dove fossero finite le persone con cui ero venuta alla festa.

Il cielo era velato e tetro, dei grandi nuvoloni grigi si estendevano sopra i grattacieli dell'Upper Side. Stava per piovere, ma non mi dispiaceva.

Svegliarmi nella camera da letto di un ragazzo che a malapena conoscevo era una nuova esperienza per me.

Aprii la finestra, feci un passo e mi ritrovai nuovamente in quel balcone. E in qualche modo, lì in piedi fuori con l'aria che odorava di pioggia, mi provocò un senso di famigliarità. E se avessi chiuso gli occhi mi sarei sentita nuovamente quella bambina di sette anni, spensierata dove niente era sbagliato.

Era quasi la fine di Luglio, circa un mese dopo il mio settimo compleanno.

Faceva caldo, ma se osservavi bene il cielo era grigiastro, mio padre mi disse che avrebbe iniziato a piovere da lì a momenti. E prima che ribattei, proprio come lui disse, sentii la prima goccia cadermi sul viso. Mio padre era in piede sulla soglia della porta, con una sigaretta tra le dita, ben presto da quella goccia ne susseguì un altra per poi finì con il piovere.

Quel giorno ero sull'altalena del nostro piccolo cortile e da dentro sentivo mia madre chiamarmi di venire dentro, ma non mi importava. Il caldo estivo mi aveva reso irrequieta e la pioggia per una ragazzina tranquilla come me, era l'unico modo per farmi perdere in me stessa. Mi sdraiai tra l'erba chiudendo gli occhi e godendomi l'ultima goccia di pioggia.

Non potevo smettere di ridere mentre la pioggia mi bagnava, così come mio padre. Se avessi potuto, avrei fatto di tutto per ritornare indietro a quel ricordo.

Mi piaceva il tempo di stamattina, mi ricordava quello. La calma prima della tempesta mi faceva sentire come se avessi ancora sette anni e sopratutto mi faceva sentire viva. Ma questa volta quando la prima goccia cadde, non restai fuori. Mi asciugai la goccia sulla mia guancia e tornai dentro, chiudendo la porta finestra del balcone.

C'era qualcosa che mi rendeva triste.

- Margot?-Sentii la voce di Luke chiamarmi da dietro alla porta e mi affrettai a rispondere, grattandomi la guancia e aggiustandomi il vestito, aprendo poi la porta.

Era in piedi di fronte a me, con una camicia a scacchi rossa e nera che aderiva perfettamente al suo corpo mentre i suoi capelli color del grano erano tutti arruffati.

- Buongiorno - Mi disse con voce bassa e roca mattutina. Mi sorrise, mentre vidi dietro di lui una cameriere che raccoglieva i bicchieri rossi e i piatti di plastica.

- Buongiorno - Risposi ricambiando il sorriso e giocando nervosamente con il braccialetto che avevo al polso.

- Calum deve incontrare suo padre per un meeting tra circa un'ora. E per andarci passa dal campus, così ti riporterà lui indietro. Va bene? -

Annuii con la testa e ringraziai nuovamente Luke per avermi aiutato ieri sera.

- Non c'è problema - Soffiai via, passandosi una mano tra i capelli e sorridendomi.

Feci per chiudere la porta, pensandomi di fare una doccia, ma Luke la bloccò.

- E a proposito, mi dispiace per Amber - Rise nervosamente - Delle volte sa essere così... -

Scossi la testa interrompendolo. La notte scorsa e stato un pessimo inizio per iniziare questo nuovo capitolo.

- Va bene - Gli dissi solamente sorridendogli, per poi chiudere la porta.


* * *


Mia madre una volta mi raccontò una storia greca su Persefone e Ade. Persefone, figlia innocente, vergine e figlia di una dea, venne rapita da Ade, il tenebroso dio degli Inferi, costretta a vivere negli Inferi con lui. Tutto perché lui si era innamorato di lei.

Lei riuscì quasi a fuggire, ma fu costretta a rimanere poiché Ade la sedusse a mangiare un frutto degli Inferi, quando lei non avrebbe dovuto. Bastò un solo seme di melograno e lei rimase lì intrappolata.

E adesso, per qualche ragione, io mi ritrovai in questa doccia lussuosa che profumava di bagno schiuma al melograno, mi portò in mente questa storia.

Quando uscì dalla doccia e mi asciugai i capelli con un asciugamano , potei capire perché Calum teneva in quel bagno del bagno schiuma da donna. Sentii un senso di nausea invadermi la bocca dello stomaco. Forse, perchè il pensiero che lui portasse differenti ragazze a casa sua per la notte, aumentò maggiormente la mia nausea. Forse era questa una delle ragioni per cui avesse nel bagno alcuni prodotti femminili.

Ma quando mi avvicinai al suo capezzale, fui sorpresa di vedere una copia de Il Sole Sorgerà Ancora mi chinai per prendere la copia e la vidi piena di scarabocchi o appunti sulle pagine. Lo sfogliai per qualche secondo, improvvisamente mi sentii in colpa, mi stavo intromettendo in una parte di Calum che non mostrava alle persone. Ma non fu l'unico libro delle generazioni perdute che vidi. Sul muro c'era una delle più grandi libreria che abbia mai visto, copriva interamente una parete di muro e piena di diverse raccolte di poesia e romanzi.

Passai il dito tra quelle copertine ma venni interrotta dal mio stato di trance quando sentì due tocchi secchi sulla porta.

- Sei quasi pronta? - Sentii una voce imbronciata e irritata con una nota di suggerimento - Me ne vado fra dieci minuti e non è stata una mia idea riaccompagnarti, ma di Luke -

- Sto arrivando - Gridai di rimando, misi in fretta il libro accanto al letto e risistemai le coperte. Sapevo che lui era abbastanza ricco da permettersi tutte le cameriere che voleva, ma questo non influiva il fatto che io avrei dovuto dare più lavoro di quanto già ne avesse la cameriera di prima. Perché, dopo tutto, la pulizia non era facile, sopratutto quando ti ritrovavi a pulire gli scarti di una festa data da un figlio di un miliardario.

Quando arrivai in soggiorno, vidi ancora delle persone stese sul divano, completamente collassate. Passai davanti al divano dove il sacchettino contenente quelle pillole era ancora lì, e sentii la pelle d'oca, cercando di scacciare via tutto quello che vidi ieri sera.

- Passi una buona giornata, signor Hood - Disse a voce alta la cameriera, pulendo rapidamente le strisce di coca che c'erano sul tavolino. Non mi disse nulla, ma quella cameriera mi guardò con sguardo triste sul viso, quasi come se fosse dispiaciuta per me. Come se lei sapesse qualcosa che io non sapessi.

- Vieni, andiamo - Mi disse Calum, sfiorando la sua mano contro il mio braccio conducendomi fuori dalla porta.

Out Of Order || Calum HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora