Just Do Me A Favor, Never Look Trough My Things Again

697 42 4
                                    

Il tragitto in auto fu per lo più silenzioso, gli unici suoni udibili provenivano dai tergicristalli e dal mormorio della radio. Pioveva ancora, la pioggia forte batteva sull'auto di Calum mentre lui scorreva tra le strade della città.

Questa era una delle auto probabilmente più costose che avessi mai visto, non solo per come fosse fatta all'esterno ma anche per i suoi interni. Anche se non stavo ne bevendo o mangiando, avevo il terrore di poter rovinare o rompere qualcosa. Calum non sembrava una persona molto tollerante.

Ma io non lo conoscevo, com'era realmente.

- Vuoi qualcosa da mangiare? Mi sento come se fosse il minimo che potessi fare - Offrii, contando la piccola quantità di dollari che possedevo nel portafogli. Eravamo passati di fronte ad un sacco di caffetterie e io mi sentivo in debito sia con lui che con Luke, per avermi dato un posto su cui dormire.

Lui sbuffò guardandomi, mentre contavo le monetine nelle mie mani.

- No, sto bene-

Improvvisamente sentii le mie guance colorarsi, mortificata. Avevo appena i soldi per un muffin per me e per il figlio di uno degli uomini più ricchi d'America.

Ma lentamente l'imbarazzo si trasformò in rabbia e mi ritrovai ad aprire bocca prima che il mio cervello potessi fermarmi.

- So che non ho un sacco di soldi, ma non devi essere così maleducato -

Ci fermammo ad un semaforo e Calum mi guardò sorpreso, in silenzio tamburellò le mani su volante. Improvvisamente, l'interno di quella vettura lussuosa la sentii troppo stretta e calda e rimpiansi immediatamente quello che gli avevo detto. Calum si prese tra i denti il labbro inferiore, prima di girare la testa verso la strada e scuotendola leggermente.

- Nessuno fino ad ora mi aveva mai detto una cosa del genere -

Rimasi zitta.

Non potevo sapere cosa stesse pensando Calum e questo mi rendeva nervosa. Dovevo chiederli scusa? O dovevo stare attenta a quello che dicevo?

Il mio cervello era confuso, sembrava che contenesse solo tre vocaboli e non avevo idea di cosa fare e dire.

- Ascolta - Disse, interrompendo il mio treno di pensieri e svoltando l'angolo - Non intendevo in quel modo. Ed io sono c... Io ho solo... Non volevo venire fuori in quel modo - Disse nuovamente con quella nota di suggerimento, che mi faceva desiderare di alzargli il dito medio.

Passammo gli altri minuti in silenzio, nessuno di noi due sapeva cosa dire. Lo guardai , lui aveva il tipo di faccia difficile da dimenticare. Mascella delineata, zigomi alti, labbra rosee carnose e occhi di una tonalità di marrone scuro che non avevo mai visto prima d'ora.

Fissava rigidamente la strada davanti a se, la mascella tesa e gli occhi pieni di qualcosa che mi ricordava mio padre, per quanto strano potesse sembrare. Qualcosa di cui non potevo puntare il dito.

Lo stoicismo forse? Tenebroso e solitario, ma che cercava di non darlo a vedere nascondendo questi due aggettivi costantemente.

Mi voltai, una sensazione di disagio si fece strada in me, come se avessi trovato qualcosa che non avrei dovuto.

- Di dove sei?- Chiesi timidamente, cercando di rompere il ghiaccio, forse, sorpreso delle mie azioni.

Teneva gli occhi sulla strada, le sopracciglia aggrottate come se non fosse sicuro di cosa rispondermi.

- New York -

Mi morsi il labbro, chiedendomi se dovessi andare oltre.

- Ma il tuo accento non sembra... - Cominciai.

- Sono andato in un collegio in Australia - Spiegò seccamente, tagliando la conversazione. Ma io volevo che andasse più a fondo, perchè tutto era meglio fuorché il silenzio.

- Hai organizzato tu la festa? -

- Si - Rispose prendendo un respiro profondo e svoltando a sinistra.

- Grazie per avermi dato un posto su cui dormire stanotte -

Lui non disse nulla, si limitò ad annuire con la testa ed alzò le sopracciglia in senso di assenso.

- Ho notato che sul comodino hai una copia de '' Il Sole Sorge Ancora''. Non pensavo che ti piacesse Hemingway -

La sua mascella si strinse, e la velocità della vettura aumentò.

- E ho dato un occhiata alla tua libreria, e sono rimasta sorpresa dei libri che hai - Cominciai a farmi strada - Hai letto un sacco di romanzi? Chi sono i tuoi autori preferiti?-

-Fai sempre queste maledette domande? - Sbottò, la sua voce era roca e arrabbiata. Improvvisamente la macchina si fermò al semaforo rosso.

Ero stordita non avevo idea di cosa dire, e non avevo nemmeno idea di cosa avrei potuto dire per il resto del tragitto.

Rimanemmo in silenzio mentre lui guidava sulla strada che avrebbe portato al campus. Poi parcheggiò l'auto, tirando il freno a mano.

- Grazie - Mormorai, appoggiando la mano sulla maniglia dello sportello.

Lui annuì e io uscì dall'auto, afferrai la pochette e il mio telefono.

Mi dondolai avanti indietro sul marciapiede bagnato a due passi dal cancello principale, non sapevo cosa fare.

Feci un respiro profondo, per scusarmi ma velocemente tagliò corto.

Riposò la mano sul volante, i suoi occhi erano diventati più scuri e pieni di quello che poteva apparire come una furia.

- Solo fammi un favore la prossima volta. Non ficcare il naso nella mie cose-

Chiuse lo sportello, tirò nuovamente il freno a mano e guidò lungo la strada.








Out Of Order || Calum HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora