16. Someone who loves you wouldn't do this

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In questo capitolo è presente una scena abbastanza forte, che potrebbe urtare la sensibilità di qualcuno. Per questo motivo metterò un emoji all'inizio e alla fine della scena (🫵🏻) così, chi vuole può saltarla.


POV CRYSTAL

Apro gli occhi a causa di un tonfo forte, stavo provando a dormire ma da sola non riesco e non so dove sia Ryle, con lui vicino di solito riesco a riposare.

Probabilmente nostro padre lo ha rinchiuso in soffitta come al solito, e a me non piace quando lo fa, perché ho paura di quello che gli infligge la dentro o che prova mio fratello rimanendo tutto solo.

Per questo motivo aspetto un po' di tempo e ogni volta lo raggiungo per parlare con lui da dietro alla porta, non voglio che si senta da solo, vorrei proteggerlo come lui lo fa con me.

L'unico metodo che posso usare per stargli accanto e aiutarlo è parlare con lui.

Stringo tra le braccia il pupazzo a forma di orsetto che mi aveva regalato mamma all'età di tre anni, me lo porto sempre dietro da quando è andata in cielo, molti dei miei compagni mi prendono in giro per questo, dicono che sono troppo grande per avere un pupazzo, ma non lo sono poi così tanto, ho sei anni.

E poi Ryle dice che non è una brutta cosa avere un pupazzo, e gli credo.

Scendo dal letto con il cuoricino che inizia a battere troppo forte, ho paura di incontrare il mio papà, non voglio che mi faccia qualcosa di male.

Prendo la maniglia nella manina e lentamente la abbasso, aprendo piano la porta per non fare rumore e creando una fessura abbastanza larga da riuscire a farci passare la testa. Guardo a destra e poi a sinistra, controllando che mio padre non sia nei paraggi.

Una volta constatato che lui non è qui, esco dalla cameretta e giro a sinistra, percorrendo il corridoio per arrivare di fronte alle scale che portano alla soffitta, salgo al piano superiore in punta di piedi, schiacciando i punti giusti che non rischiano di scricchiolare sotto al mio corpo esile.

Ho dovuto imparare a distinguere gli scalini più rumorosi da quelli meno, non devo farmi sentire da mio padre quando vengo a trovare mio fratello, altrimenti mi fa male e io non voglio proprio.

Una volta arrivata al piano superiore, cammino fino all'unica porta presente, chiudo una manina a pugno e busso una volta, aspetto cinque secondi di numero e poi busso un'altra volta, così Ryle capisce che sono io.

«Medvezhonok...» piccolo orso in russo, mi chiama sempre così. «Sei tu?» domanda, la sua voce è sempre più vicina.

Appoggio una mano a palmo aperto sulla superficie in legno della porta. «Si...» mi inginocchio a terra, stringendo il pupazzo con l'altro braccio. «Papà ti ha rinchiuso di nuovo?»

Resta in silenzio per un po', poi sento che sospira. «Si Medvezhonok. E tu non dovresti essere qui, dovresti essere a letto a dormire.»

«Perché ti rinchiude sempre?» la voce inizia a tremarmi e il cuoricino viene stretto in una piccola morsa dolorosa. Gli occhi si inumidiscono. «Perché papà ci fa del male? Cosa abbiamo fatto?» un piccolo singhiozzo fuoriesce dalla mia bocca, la mia schiena si muove e una lacrima scende, scivolando sulla mia guancia.

«Non piangere, Medvezhonok. Per favore...» mi supplica da dietro alla porta, sento che si muove e sono sicura che anche la sua mano sia a palmo aperto, parallela alla mia. «Non se non posso essere lì con te, devi essere forte okay?»

Scuoto la testa e un altro singhiozzo, più forte di quello precedente, muove il mio petto, le lacrime appannano la mia vista. «Io non voglio che papà ti faccia male, non voglio c-che ti rinchiuda li dentro. Voglio che la smetta.»

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