1. Periferia

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Sofia

Era una bellissima giornata, fin quando non realizzai che era esattamente la vigilia di Natale... ciò significava solamente una cosa: crisi. 

Mia sorella sarebbe arrivata a momenti e io ero ancora nel letto ad analizzare quanto la mia vita facesse schifo. Osservai il cellulare e strabuzzai gli occhi per la tarda ora. Ero un fottuto ghiro.

Sentii i passi di mia madre in lontananza e scattai in piedi come una molla: aprii la finestra, lasciai il letto prendere aria e mi rifugiai dentro il bagno in camera, facendo finta di essere quasi pronta.

"Sofia, a che punto sei? Miriam e Francesco stanno per arrivare, sono quasi a Monza"

Portai una mano sulla fronte, agitandomi come una pazza.

"Sono appena uscita dalla doccia, ho quasi terminato"

"Cerca di sbrigarti, sei in ritardo, Lucia è passata da me dato che avevi ancora la porta chiusa a chiave..."
"Si, ho dimenticato di aprirla appena sveglia... sono in piedi da due ore circa"

Il ruolo di attrice non era il mio forte, ma quando non ero faccia a faccia con mia madre diventava tutto più semplice.

Quando sentii la porta della camera chiudersi nuovamente tirai un sospiro di sollievo.

"Cazzo..."

La velocità con cui mi lavai fu esorbitante, facevo concorrenza ai migliori atleti di corsa.

Presi il primo vestito che mi capitò tra le mani e mi truccai rapidamente. Chiusi la zip degli stivali alti e, dopo aver esibito uno dei miei migliori sorrisi falsi, aprii la porta della camera.

Mia sorella e la sua famiglia erano già arrivati, i bambini, Mayra e Michael, correvano intorno all'albero di Natale situato al centro del grande salotto.

Mio padre si occupava del caminetto mentre mamma suggeriva alle cameriere l'ordine delle portate da mettere in tavola. Giulio parlava con Francesco riguardo il lavoro, Miriam invece mi guardava in attesa che scendessi completamente le scale.

La abbracciai: era l'unica a cui tenessi in quel posto, anche se molte volte neanche lei mi capiva.

Indossava vestiti semplici, a differenza mia che nonostante stessi in casa e avessi addosso la prima cosa che mi capitava, sembravo Beyoncè al suo ultimo concerto.

"Sobria come sempre..."

"Ammetto ho esagerato!" risposi a mio cognato.

Abbracciai i miei nipoti e poco dopo ci accomodammo a tavola, pronti per il pranzo della Vigilia.

"Come procede in università?!"

A Dio credevo, ma certe volte non esisteva proprio. Si volatilizzava lasciandomi alla mercé delle scomode domande tipiche delle feste. Ma d'altronde Francesco non aveva colpe; la sua era una famiglia veneta completamente diversa e l'influenza Austriaca si faceva sentire parecchio. L'impostazione rigida gli conferiva un'aria quasi ariana, i capelli biondi sistemati all'indietro con il gel e gli occhi verde brillante lo rendevano un uomo affascinante, quasi principesco.

L'opposto del mio prototipo di uomo. Sebbene lo fossi anche io, odiavo i figli di papà incravattati e il capello alla Golden Retriever.

Tossii lievemente e risposi con la solita espressione di circostanza.

"Sai Sofi, Mayra non vede l'ora che arrivi Babbo Natale, vero?"

Mia nipote di appena tre anni annuì energicamente, mentre sua madre le spezzettava la carne nel piatto.

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