15. Paura di perderti

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Xavier


Il mese di gennaio andò via, portandosi con se anche il gelo di fine mese. Non vedevo l'ora di indossare nuovamente le t-shirt, non sopportavo il freddo.

Quel mese lo trascorsi quasi sempre in casa, rovistando tra i file sul mio computer portatile.

Avevo vecchi video di Steve che mi sarebbero serviti per inchiodarlo, chissà. Mi sarebbero serviti per tornare in carcere con qualche anno in meno, magari. In realtà l'omicidio era un reato piuttosto difficile da indebolire. Uccidere una persona pesava molto di più di una semplice evasione, del traffico di stupefacenti o di altro.

Ero appollaiato affianco al camino, il pc sulle gambe e un paio di occhiali da vista rubati entrambi qualche giorno prima, come il resto delle cose che mangiavo. Conservavo una pen drive da anni: l'oggetto prezioso che mi avrebbe consentito di incastrare Steve.

Tra i file che scorrevano davanti ai miei occhi mi imbattei in una cartella in particolare, di cui non ricordavo minimamente l'esistenza. Le dita vagarono da sole e la cartella si aprì rivelando il contenuto.

Sorrisi come se avessi visto Dio davanti ai miei occhi: quella era la cartella dei mandati della polizia e delle svariate accuse su Steve, ormai insabbiate.

Non solo avevo a disposizione i video hard che ordinava di registrare mentre faceva le sue cose con qualche prostituta, avevo anche i video di sparatorie e rapine compiute dalla sua banda. Era un pazzo, un folle che si divertiva a registrare ciò che faceva per puro piacere di farlo. E io sapevo benissimo cosa faceva la sera, davanti a quei video.

Era un depravato.

Tolsi gli occhiali da vista e mangiucchiai l'asticella tra i denti, continuando a sorridere, leggendo le righe dei documenti della magistratura, corrotta come lo era lui.

Steve era un importante risorsa per lo stato italiano, per la mafia, per le associazioni che ruotavano attorno alla droga, alla prostituzione e a qualsiasi cosa che comportasse delinquere.

"Xavier?" la voce di Sofia arrivò tenera alle mie orecchie.

"Mh?"

Continuai a leggere, scoprendo cose sempre più pesanti e compromettenti che io non sapevo minimamente.

"Non vieni a dormire? Sono quasi le due"

Alzai quindi lo sguardo, incontrando due fari color del cioccolato che mi scrutavano. Era sulla soglia della porta, con una delle mie t-shirt a coprirle le gambe, mentre si reggeva con una mano alla cornice in legno dell'infisso.

"Si... non tardo e arrivo" dissi frettolosamente.

In realtà non avevo intenzione di chiudere occhio. Quei documenti erano di sicuro la strada che mi avrebbe permesso di uscire vittorioso dalla mia vendetta.

Sentii Sofia sbuffare e capii stesse vicino a me solo quando sentii le sue mani massaggiarmi le spalle. Quella ragazza era capace di distrarre anche i muri, cazzo. Chiusi gli occhi istintivamente, portando la testa all'indietro, godendo delle sue carezze.

"Dovresti fare la massaggiatrice, sai. Sei decisamente brava. Ma sono certo che ad un certo punto diventerei io il massaggiatore e tu la vittima piena di olio..."

"Xavier!" esclamò, allontanandosi.

Alzai gli occhi al cielo e scoppiai a ridere, vedendola in imbarazzo.

"Riesci a rovinare qualsiasi momento!"

"Non è colpa mia... è colpa tua e di quelle mani fatate che ti ritrovi" ammiccai e riuscii ad afferrare la sua mano prima che andasse via.

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