33. Dissolti nel nulla

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!!!contenuti sensibili!!!


Sofia


Entrai nella mia prigione dorata, gettando la pochette sul letto. Steve era dietro di me e si chiuse la porta alle spalle.

Tolsi di fretta i tacchi, dopo la serata stancante alla quale erano stati sottoposti i miei piedi. Odiavo i tacchi ma non potevo fare a meno di indossarli.

Feci scivolare la chioma corvina dietro la schiena e mi affacciai alla grande vetrata di quella che era la villa del capo. Una statuaria villona con tanto di piscina e di palme hawaiane, lettini, sdraio e perfino un chiosco.

Mi persi a guardare le montagne in lontananza, la strada lontana affollata di gente, le insegne luminose dei pub aperti tutta la notte; si sentiva ancora la musica rimbombare nonostante fossero le cinque del mattino. Non potevo fare a meno di pensare a lui, al suo viso, alle sue mani, al suo corpo.

Cercai di ricordare il suo profumo, la sua voce, chiudendo gli occhi come avessi entrambi impressi nella mente.

Ma ciò che udii non era la sua voce, non sentii tanto meno il suo odore.

La colonia di Steve si insinuò nelle mie narici, la punta delle scarpe costose raggiunse il tallone dei miei piedi. Il suo volto si riflesse nel vetro. I tratti resi spigolosi dalla costellazione di tatuaggi nero pece rendevano i suoi occhi ancora più glaciali e spaventosi. La camicia bianca aderiva al suo petto e alle braccia e mi ritrovai per l'ennesima volta a paragonare le due figure.

L'uomo alle mie spalle era alto, ma non quanto Xavier. Era piazzato, ma lui lo era di più. Guardai perfino le mani. Grandi certo, capaci di soddisfare una donna con un tocco.

Eppure io in quel momento su di me volevo solo sentire le SUE di mani.

Ingoiai un fiotto di saliva, cercando di mandare giù quel groviglio di ansia, rabbia e voglia di morire che si era soffermato in gola.

Mi imposi che ero forte, che potevo farcela, dovevo solo spegnere il cervello. O forse immaginare che quel tocco era di Xavier e non suo. Solo così sarei potuta sopravvivere.

"Mi sei piaciuta oggi" affermò d'un tratto con voce baritonale.

Guardai le sue iridi tramite il vetro, sentendo la sua presenza sempre più vicina e con essa saliva anche l'ansia dentro di me. Puoi farcela, mi ripetevo.

"Dimostri di essere degna del posto che ti spetta. Ma il lavoro per guadagnarsi il rispetto è ancora lungo. Diciamo che sei avvantaggiata, essendo al mio fianco"

"E' ciò che voglio fare... imparare ad essere apprezzata da voi" sussurrai, fingendomi un agnellino indifeso. Dovevo fargli pena, dovevo riuscire a piegarlo con l'innocenza.

Dovevo sedurlo con tenerezza, con pietà, ma allo stesso tempo dimostrargli di che pasta ero fatta: tenera con lui, tigre con gli altri.

"Ho paura di non essere all'altezza" affermai, continuando il teatrino e distogliendo lo sguardo facendo finta di imbarazzarmi.

"Sei perfetta"

Non dirmelo, so di esserlo, peccato che io sia già impegnata... feci per dire ma mi bloccai, mordendomi la lingua.

"Lo pensi davvero?"

Mi voltai, incontrando la sua figura e alzai la testa per guardarlo negli occhi. Perché ero una fottuta nana? Diamine!

"Chi non lo pensa è un coglione, Sofia. Trasudi perfezione da tutti i pori. Sei bellissima e... molto intelligente" il suo tono cambiò e stentai a riconoscere la figura che avevo davanti a me.

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