31. Un diavolo senza corna

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!!!contenuti espliciti sensibili!!!


Sofia


L'ennesimo brontolio.

L'ennesimo senso di fame che mi divorava dall'interno dopo esattamente tre giorni che non toccavo cibo. Ero rinchiusa, non so dove, con un misero straccio addosso, piena di ferite, di lividi e di sangue. Non avevano avuto pietà neanche del mio periodo mestruale.

Il mio sudore, la mia sporcizia, il mio sangue, riempivano il grande letto candido sul quale sostavo da ore e ore, legata per mani alla testiera in pregiato ferro battuto. Ero in una fottuta stanza, forse era una villa, un qualcosa del genere. Il mobilio costoso e antico trasudava italianità da tutti i pori, ma non una tradizione qualsiasi. Gli ornamenti in oro e i quadri religiosi sparsi in quel ben di dio rappresentavano la parte più intrinseca della mafia.

Mi ero svegliata così. Non sapevo dove mi trovavo, non avevo visto nessuno ma ricordavo tutto. Avevo pianto, urlato, perso la voce, cercato di tirare quelle maledette manette che mi avevano ormai atrofizzato gli arti. Avevo solo dell'acqua a disposizione, una misera bottiglietta di mezzo litro che riuscivo a malapena ad aprire e avevo paura di consumare, per paura di rimanerne senza.

Il rosso scarlatto del mio secondo giorno di ciclo risaltava sulle lenzuola, sui cuscini e ne avevo le gambe piene, tuttavia non avevo più la forza di lamentarmi, di urlare, di chiedere aiuto.

Quel coglione di Tiziano entrava solo di sera, e no, non per sapere come stessi. In quindici minuti, sollevava la sottana e finiva il suo operato, lasciandomi sporca, mentre io non facevo altro che spegnere il cervello, annullando quel breve lasso di tempo per quanto possibile.

Ero in dormiveglia, in una posizione strana per via delle manette. Cercavo di dormire, invano. Quando chiudevo gli occhi gli incubi venivano a trovarmi e rivivevo quei momenti orribili.

La porta si spalancò e con essa anche i miei occhi. Feci per mettermi seduta.

E poi vidi una figura, un uomo. I capelli rasati lasciavano posto ad una miriade di tatuaggi, gli occhi glaciali e lo sguardo severo, quasi cattivo e spavaldo mi trafissero nel profondo, mentre cercai di coprirmi come meglio potevo.

Tiziano era di spalle a lui, quasi impaurito, come un cagnolino bastonato che aspettava l'ennesimo ordine del padrone.

"Si può sapere chi cazzo ti ha detto di lasciarla in queste condizioni? Non ti avevo forse detto di non toccarla? Eh coglione!" si girò verso di lui, urlando, e lo prese per colletto, sbattendolo al muro.

"Steve... voglio dire, capo, non credevo fosse così importante, ci siamo divertiti un po'" protestò il mingherlino, cercando di liberarsi dagli artigli.

"Chiedile scusa, coglione. Non ti ammazzo perché mi servi, altrimenti la tua testa sarebbe già al posto di quella del cervo imbalsamato nel mio studio"

Gli occhi viscidi di Casadei slittarono nei miei e si ritrovò costretto a chiedere scusa per ciò che mi aveva fatto. Ma non era pentito di niente, lo vedevo nel sorrisetto che mi rivolse quando il suo capo lo lasciò. Sparì dalla camera, rispettando gli ordini imposti e chiudendo la porta alle sue spalle.

Era lui, Steve. Vestito in un costume costoso, con tanto di fermacravatta. Si avvicinò di poco, osservando me e la situazione in cui versavo, io tacevo e abbassai lo sguardo, provando imbarazzo, disagio, paura. Volevo che Xavier entrasse da quella porta e lo sparasse dritto nel cranio, che mi salvasse da quell'inferno che stavo vivendo.

"Io sono Steve, avrai già sentito parlare di me... Sofia"

Quando pronunciò il mio nome, alzai la testa d'istinto, scontrandomi con il suo sguardo felino.

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