14. Surplus

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Xavier


Il sole stava quasi per sorgere, segnando l'alba del venti di gennaio.

La luce filtrò tra le tapparelle e si posò sul viso della piccoletta che se ne stava stretta attorno a me. Nel sonno si muoveva parecchio senza che se ne rendesse conto e molte volte mi finiva addosso, insieme ai suoi lunghi capelli che mi solleticavano il torace.

Una gamba circondava la mia, mentre il suo braccio destro si spalmava sul mio petto finendo con una mano piuttosto piccola, chiusa in un pugno. Senza gli occhiali a contornarle il viso, era decisamente meglio. Di notte l'aria saputella lasciava posto a un'espressione più genuina e sensuale. Non che con la montatura non lo fosse, anzi. Il suo lato un po' perfezionista ma anche ingenuo mi attraeva molto.

"Non voglio le verdure, mamma... no, non mi piacciono" biascicò e io capii stesse nel mondo dei sogni.

Fui costretto a mordermi le labbra per non scoppiare a ridere, tuttavia mi fu difficile quando il suo teatrino continuò.

"Odio le cose verdi e gialle, fanno schifo" il suo viso si imbronciò e una risata di pancia uscì spontanea, senza che riuscissi a contenerla.

Lei mi sentì e si svegliò, goffa e impacciata com'era. Alzò prima la testa dal mio petto e con gli occhi ancora chiusi mugolò irritata. Quando trovò il mio sguardo, aggrottò la fronte con un'aria alla "che hai da ridere?", infatti quella frase non tardò ad arrivare; anzi arrivò presto e in un tono decisamente più volgare.

"Che cazzo ridi? Ti sembro comica?" sbottò, puntellando una mano sul materasso e mettendosi a sedere.

"Cazzo se lo sei... potresti aprire un circo in tuo onore" sorrisi, notando i suoi movimenti di stiracchiamento.

"Non mangi le verdure?"

"Che cazzo di domanda è? Non sono affari tuoi" si rigirò nuovamente e si coprì completamente fino alla testa.

Mi diede le spalle e io non ero stato mai così felice in vita mia: amavo farla incazzare.

Mi posizionai su di lei, obbligandola ad aderire con la schiena sul letto.

Sgranò gli occhi, osservandomi da capo a... beh, ero a cavalcioni, abituato a dormire con un paio di pantaloncini sportivi.

"Scendi subito da me! Sei impazzito?!" strillò, agitata e in imbarazzo.

Sorrisi come un ebete e le afferrai la nuca attirandola verso di me. Mi sporsi a mia volta, sostenendomi con un braccio sul cuscino dove era poggiata. La zittii con un bacio.

"Sei decisamente migliore quando taci, sai Cocò?"

"Potrei dire la stessa cosa quando tu mi baci" sussurrò.

In quel momento avrei voluto darle tutto me stesso e prenderla come solo la mia testa poteva immaginare. Mi limitai a posarle un tenero bacio sulla punta del naso e ad accarezzarle il viso. Dopo attimi di silenzio in cui io la accarezzavo e lei vagava con le mani sul mio petto, disse:

"Chi l'avrebbe detto che ci saremmo ritrovati così?"

"E' tutta colpa tua, piccoletta"

"O forse merito, un giorno mi ringrazierai" assunse un'aria saccente, alzando i sopraccigli.

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