28. Che l'inferno abbia inizio

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Mattia


La carriera è qualcosa che va conquistata con la dedizione, l'impegno, la costanza.

E io in quel momento avevo buttato tutti gli anni del mio lavoro nel cesso.

Ma per la prima volta non avevo lottato per me stesso. Il sentimento che nutrivo nei confronti delle ingiustizie era quello di puro odio, non combattevo perché era giusto, combattevo per sentirmi giusto, per colmare quel senso di insazietà che albergava dentro di me.

Mio padre mi torturava con le sue parole, rendendomi ridicolo davanti ai miei fallimenti, davanti alle mie sconfitte. Non vali niente, diceva.

Quando diventai commissario di quella piccola centrale decisi che nessuno mi avrebbe più calpestato. Avrei ridotto a brandelli chiunque mi avesse ostacolato.

Ed era stata la mia promessa fin quando, diretti sul furgone blindato della polizia verso i possibili nascondigli del boss, avevo letto, sul mio cellulare, la notizia che il padre di Sofia Montanari era stato ucciso.

"Commissario, siamo quasi pronti per scendere" sentii dire dall'autista, ma non riuscivo a togliere gli occhi dal display del telefono.

"Mattia, hai sentito?" borbottò Xavier, spazientito dalla mia indifferenza.

Sbattei piano le palpebre, riprendendomi dal piccolo shock che avevo subito. Quella morte era inspiegabile... perché lui?

"Questa notte hanno ammazzato l'imprenditore Montanari" sputai fuori, alzando finalmente lo sguardo verso di loro.

"Che cosa!?" esclamò Davil, aggrottando la fronte.

La mia attenzione però ricadde sul moro, seduto di fronte a me. La mascella contratta e lo sguardo fisso nel mio erano segno che aveva capito perfettamente le dinamiche della vicenda senza essere a conoscenza della verità. Xavier era sveglio, scaltro, intelligente come pochi.

Davil continuò a fare domande, del resto non era ancora arrivato alla fatidica conclusione. Era un bravo cecchino, un bravo bodyguard ma non era per niente furbo.

"Sono stati loro, Davil. Ti ci vuole tanto ad arrivare? Solo non capisco perché...perché ammazzare il padre di Sofia?"

"Lo conoscevo bene e, se è come penso, Steve vuole che in questo gioco ci siamo solo noi e lui. Dopo la scomparsa di Sofia, Montanari ha ingaggiato una serie di detective per riuscire a trovarla. Erano sicuramente sulla strada giusta per trovare la figlia e sbattere te di nuovo in cella ma Steve li ha fermati prima che potessero prendervi..."

"Guardate... questa notizia risale a poche ore fa, poco dopo l'omicidio dell'imprenditore. E' saltata in aria una piccola base investigativa, finora sconosciuta. Erano detective sotto copertura, lavoravano senza l'appoggio della polizia. Sono morti tutti e la causa è stata attribuita a un corto circuito... certo, ci crediamo tutti" concluse Davil, prendendosi beffa dei giornalisti.

"Quindi credi sia stato fatta apposta? Per facilitare i giochi?" mi chiese Xavier.

"Steve ha dichiarato ufficialmente guerra. La famiglia di Sofia non sarà più un problema, saranno impegnati a lungo per i suoi funerali e prima che il caso venga affidato alla polizia passerà un po' di tempo. Montanari intralciava il suo percorso e Steve vuole occuparsi di te lui stesso. E noi non ci faremo trovare impreparati"

Pochi minuti dopo arrivammo in un grande campo incolto, a poche miglia dalla periferia milanese. Avremmo percorso qualche chilometro a piedi, per evitare di essere visti. Lo smistamento della droga avveniva in quei grandi container colorati, depositati vicino a una discarica. Era un posto abbandonato da dio ed entrato negli "appalti" della mafia con il passaggio di Steve.

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