6. Preda e predatore

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!Questo capitolo contiene scene sensibili!

Sofia

"Tra poco andrò via, non farmi pentire di averti lasciato sola"affermò, stringendosi i lacci delle scarpe.

Io annuii distrattamente, immersa tra le coperte. Xavier si era accorto del calore rovente della pelle e mi obbligò a rimanere nel letto.

Era sera e io avevo dormito a lungo, troppo esausta per rimanere sveglia. Non mi aveva rivolto la parola, ma a volte lo avevo beccato a fissarmi e io prontamente chiudevo gli occhi. Andò via lasciandomi dormire, e così feci. I brividi di freddo non mi permettevano neanche di muovere un muscolo. La caviglia sembrava far meno male.

Le ore trascorsero e io mi beavo delle coperte, calde e confortevoli. Si era assicurato di chiudere la porta esterna a chiave e barricare le tapparelle, lasciando accesa nella stanza la solita lampada sul comodino.

Era passato Natale e nessuno si era fatto vivo per venirmi a salvare. Non che io mi aspettassi di essere trovata... era un posto sperduto, forse anche lontano da Milano. La giustizia italiana era lenta e mi rassegnai al fatto che non sarei tornata a casa in tempi brevi.

Mi svegliai di soprassalto in piena notte, forse per un incubo. Avevo fame e decisi di fare un giro per la casa, dato che Xavier non c'era.

Così a passo felpato e guardandomi intorno, raggiunsi la cucina.

Osservai l'ambiente, trovando al centro della stanza un piccolo tavolo, a destra un camino piuttosto vecchio e la cucina vera e propria alla mia sinistra. Il fuoco si era quasi spento, mentre nell'aria potevo percepire ancora il suo profumo. Rovistai tra i cassetti per trovare qualcosa da mangiare, ero sul punto di raggiungere un pacco di patatine situato nell'ultima mensola più alta del mobile. Ero alta circa un metro e sessanta, avevo sempre avuto difficoltà con le altezze.

Mi misi in punta di piedi, allungando la mano e concentrandomi per poter afferrare quel dannato pacchetto. Ce l'avevo quasi fatta, quando sentii il suo profumo proprio dietro di me. Il suo petto toccò le mie spalle e il suo bacino aderì al mio, mentre vidi la sua mano stringersi sul ripiano in marmo, al mio fianco.

Allungò il braccio e afferrò il pacco di patatine, porgendomelo. Io rimasi immobile, incapace di muovermi, ragionare, parlare... anche respirare.

E adesso? Mi domandai, impaurita a morte.

Rimase dietro di me e con la coda dell'occhio lo vidi osservare il mio profilo. Si soffermò sul collo, poi inaspettatamente spostò i miei capelli su una spalla.

"Ti avevo detto di rimanere a letto..." il modo in cui lo disse mi fece accapponare la pelle. Ti prego, non uccidermi... supplicavo in silenzio.

"I-io..."

Chiuse ferocemente lo sportello del mobile, battendoci la mano così forte che pensai si rompesse.

Sussultai per lo spavento e le gambe iniziarono a tremare.

Sentii il suo respiro affannato sulla mia nuca, sembrava un animale feroce, pronto per sbranarmi da un momento all'altro.

"Hai cinque secondi di vantaggio, Cocò. Dopo di che non ci saranno santi che ti salveranno da me" percorse con una mano la mia spina dorsale, con un tocco estenuante e lento, da farmi venire i brividi, mentre con l'altra si sorreggeva al mobile della cucina, situato in alto.

"T-ti prego..." lo implorai, con un tono stridulo e sussurrato. Il cuore iniziò a battere all'impazzata e una lacrima solcò la mia guancia.

"Uno..." abbassai la testa, mentre lo sentivo sghignazzare alle mie spalle. Il petto aderiva completamente alle mie scapole. La sua statura lo rendeva un mostro in confronto alla formica che ero io.

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