40. Al posto delle iridi

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Sofia


Omicidio colposo a incarico di ignoti.

Questa era stata la morte di Tiziano Casadei a detta dei documenti della polizia americana, corrotti con una buona dose di denaro sudicio che il mio ormai "marito" faceva regolarmente circolare.

La verità era ben altra e di questa ne eravamo a conoscenza solo io e Steve.

Era passato già qualche giorno dal matrimonio, ma avevo iniziato a dettare alcune regole tutte mie.

D'altronde ero la moglie del boss e la mia carica doveva essere rispettata esattamente come quella di Steve.

Non facevo granché... mi alzavo con comodo, facevo colazione come una cazzo di vip, andavo in piscina, pranzavo, dormivo o andavo in spa, facevo shopping, cenavo, andavo nei locali con Steve e fingevo di ubriacarmi pur di evitare di scopare. Peccato che quella farsa non potesse durare a lungo.

Ero astemia, ordinavo drink per fargli aggiungere al suo conto ma quando lui non mi vedeva li facevo ingurgitare dalle guardie che mi scortavano o direttamente nelle piante appostate nei locali.

La morte di Tiziano mi aveva resa veramente invincibile. Ma ciò che mi faceva strano era la totale assenza di incubi la notte; era come se non mi sentissi in colpa per aver ucciso qualcuno.

Dormivo sonni tranquilli.

Ero intenta a cambiarmi d'abito per andare a cena in un ristorante lì vicino. Quella sera niente locali. Niente locali uguale niente finta sbronza, niente finta sbronza uguale sesso.

Mi stavo preparando psicologicamente a quell'evento che non volevo assolutamente si ripetesse, per questo un po' tremavo. Un tremolio di ansia e di nervoso, di rabbia e voglia di ucciderlo. Ma ancora dovevo stare ferma, finché non sarebbe arrivato lui.

Indossavo un Alexander Mqueen rosso, corto ma non troppo, abbastanza composto in realtà. Ai piedi un paio di Louboutin nere, così come la pochette abbinata.

I capelli cotonati erano raccolti in uno chignon delicato che lasciava spazio a due orecchini d'oro molto lunghi, quasi fino alla clavicola.

In quella settimana Steve non mi aveva mai detto nulla, tanto meno fatto qualcosa. Era come se gli piacessi... mi sfiorava a malapena, molto spesso mi abbracciava, trovando un corpo rigido al posto di uno accogliente e caloroso. Mi baciava, ma non approfondivo mai.

Mi accontentava in qualsiasi capriccio. Ero una fottuta viziata, più di quanto mio padre avesse fatto in passato.

In quei mesi mi ritrovai a pensare alla mia famiglia più del dovuto. Ma in fondo avevo la certezza che una come me, in quella posizione, non poteva essere trovata più.

Ero nascosta dal velo oscuro della mafia, dallo sporco dei loro soldi.

E forse non li avrei più rivisti.

Gli unici brutti sogni che facevo di notte erano quelli legati a Xavier. Avevo timore di non rivederlo più. Di non potergli più dire quanto lo amavo e quanto avrei voluto una vita con lui.

Questi pensieri negativi si alternavano alla speranza continua che da un momento all'altro sarebbe venuto a trovarmi.

"Qualcosa non va?"

Alzai il capo dal piatto, incontrando i suoi occhi indagatori e più glaciali del solito.

"No... è tutto ok" gli risposi convincente, sforzandomi di fare un sorriso.

"Non sembra, hai mangiato pochissimo e non è da te giocherellare con il cibo"

Guardai il piatto di ravioli, uno dei miei preferiti. Quel ristorante italiano a cinque stelle aveva replicato perfettamente i piatti della mia terra e potevo dire che era molto buono.

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